Anima Fiammeggiante

Luglio 2020: Afterhours - HAI PAURA DEL BUIO?


  Data di pubblicazione: 1997 Registrato a: Milano Produttore: Manuel Agnelli Formazione: Manuel Agnelli (voce, chitarra acustica, chitarra elettrica, slide guitar, percussioni, organo, pianoforte, bontempi), Xavier Iriondo (chitarra elettrica, microsynth, delay machine, 501 space echo, electric mistress, enomalakito, bontempi), Giorgio Prette (batteria), Dario Cioffo (violino), Francesco Cellini (violoncello), Alessandro Zerilli (basso)   Tracklist                           Hai paura del buio?                         1.9.9.6.                         Male di miele                         Rapace                         Elymania                         Pelle                         Dea                         Senza finestra                         Simbiosi                         Voglio una pelle splendida                         Terrorswing                         Lasciami leccare l’adrenalina                         Punto G                         Veleno                         Come vorrei                         Questo pazzo pazzo mondo di tasse                         Musicista contabile                         Sui giovani d’oggi ci scatarro su                                          Mi trovo nuovo  

La gente mi chiede cosa penso ed è una fortuna incredibile, me la voglio tener stretta e, soprattutto, senza diventare retorico, né tristone, ne peggio squallido, per cui penso di farlo nel modo più divertente possibile” (Manuel Agnelli)

 

Nati da una specie di omaggio ai Velvet Underground, gli Afterhours (il nome è appunto preso da un omonimo pezzo della band di Lou Reed contenuto in Velvet Underground del 1969) sono diventati nel tempo una delle band più importanti e innovative del rock italiano. Assieme ai Marlene Kuntz, negli anni ’90 hanno rappresentato la svolta e l’innovazione del rock italiano allargandone gli orizzonti, mostrando un coraggio creativo e sonoro di un certo rilievo, e riscendo ad ottenere un riscontro commerciale soddisfacente, sia in termini di vendite che di affluenza ai concerti. La proposta è un rock che faccia confluire una svariata anima sperimentale, incrociando diversi generi, e importando il noise rock che in Italia era ancora pressoché inesistente, tanto facendo riferimento al post grunge degli Smashing Pumpkins, quanto rinsaldando antichi legami con il rock sperimentale dei Velvet Underground. In realtà gli Afterhours nascevano come un fenomeno atipico: volevano essere una rock band italiana che cantava in inglese, anche perché pensavano che l’idioma italico poco si adattasse alle sonorità graffianti e dure del rock. I loro primi passi quindi prevedevano composizioni, esibizioni e musicalità squisitamente esterofile, ma nel 1995 arriva la svolta di Germi, il loro primo interamente scritto e cantato in italiano, ed è una piccola rivoluzione. Il disco suonava dannatamente hard, con flessioni punk, psichedeliche, noise, ma aveva inaspettate aperture melodiche, e testi grondanti sarcasmo e ironia, corredati persino da rumorismi dadaisti e beffardi. Germi apriva quindi le porte ad un modo totalmente nuovo di concepire il rock in Italia, che non fosse la piatta rappresentazione di massa alla Vasco, e nemmeno la retorica poesia di provincia di Ligabue, ma che invece urtasse e divertisse nello stesso tempo. Ma il tempo avrà in riserbo la pietra miliare vera e propria che giunge nel 1997, con un album mastodontico e ambizioso dal titolo curioso: Hai paura del buio? Unanimemente considerato come uno dei dischi fondamentali del rock italiano, Hai paura del buio? si compone di ben diciannove canzoni, ciascuna diversa dall’altra per tematica, stile e addirittura modo di cantare. Le tematiche spaziano tra il cazzeggio più totale, il sesso selvaggio e l’ironia sferzante su usi e costumi del popolo italiano, senza dimenticare il romanticismo, dalle pieghe comunque sinistre, e la passione. Ai tempi della pubblicazione fu una esplosione deflagrante che ha lasciato segni ben profondi nella personalità stessa della musica italiana. Apre una dissonante e strumentale title-track che ben collega al bestemmione inaspettato che apre 1.9.9.6. che colpisce basso al ventre, inducendo l’ascoltatore al malessere più conclamato, e aprendo le danze su ciò che seguirà, che non sarà di certo rassicurante né accomodante. Il pezzo si dipana su sonorità vagamente psichedeliche e una continua invettiva contro Gesù Cristo, preso a bersaglio (“sei borghese, arrenditi!”) come simbolo del quieto vivere civile dove ognuno si rifugia, dimentico della sua miseria. Non entriamo nel merito della religiosità discorde di Agnelli, ma questo non è certo un invito alla messa domenicale. Segue a ruota l’inno acidulo di Male di miele, violento e massacrante come poche cose mai concepite in Italia (“La sicurezza ha un ventre tenero/ma è un demonio steso tra di noi”). Riff violenti ed efficaci come se fosse la Smells like teen spirit italiana. Dopo quest’urto di sonica violenza, arriva la ballata acida di Rapace, con un ritornello cantato a squarciagola, e segato all’incedere della strofa. Una specie di paradossale nevrosi dall’alto tasso erotico, dove l’eros non è sentimento, ma l’urlo ancestrale della carne. In questo incede anche la fluttuante Elymania, gioia sperimentale. Pelle è la ballata dell’eros tormentato, cupo, insaziabile, con il violino ad accentuarne la classicità delle armonie. Interrompe l’assalto sonico di Dea, con un testo ispirato a William S. Borroughs, mentre Senza finestra incede nelle sue digressioni sperimentali, con la voce di Agnelli trattata e filtrata da effetti. Il quadretto acustico di Simbiosi trova nella delicatissima Voglio una pelle splendida una sorta di gemella in fatto di dolcezza eterea e sensuale. Lo schizzo Terrorswing apre le porte alla violenza inaspettata di Lasciami leccare l’adrenalina (“Forse non è proprio legale sai/ma sei bella vestita di lividi”), dove ci si immedesima nel ruolo del carnefice sadico e assetato, un po’ come fu Polly per Kurt Cobain. Ed è qui poi che prende il via il baccanale pieno di licenze di Punto G, con tanto di apoteosi dell’orgasmo. Veleno è una secca cavalcata di hard rock post grunge, e Come vorrei è una dolce ballata pianistica. Questo pazzo pazzo mondo di tasse è un carico di ironia sferzante sul sistema fiscale, mentre Musicista contabile è una sorta di critica verso il mondo discografico. C’è ancora spazio per l’ironia sferzante di Sui giovani d’oggi ci scatarro su, e chiude la delicata Mi trovo nuovo. Pietra miliare è la parola più appropriata per definire quest’album, importantissimo e seminale, unico e mastodontico, tanto che Manuel Agnelli stesso lo definì il Mellon Collie italiano. Dopo questo gli Afterhours addolciranno il suono, e ci sarà spazio per album mai banali, e alcuni di eccellente valore, come i “politici” di Quello che non c’è e Padania, con quest’ultimo che rilevava affinità con gli Area, e iniziative per il rock alternativo come il Tora Tora! e collaborazioni con Greg Dulli, e addirittura un’apparizione sanremese. E nel 2014 ci sarà l’omaggio a questa pietra miliare storica con una deluxe e rivisitazioni da parte di Subsonica, Piero Pelù, Teatro degli Orrori, Mark Lanegan, Joan As Police Woman, e altri illustri colleghi… Storia ormai lunga con la chiave della felicità nella disobbedienza in sé!

 

Hai paura del buio? è tutto ciò che avremmo sempre desiderato dagli Afterhours: un album capace di allontanare i mercanti dal Tempio, di aprire le acque del Mar Rosso, di abbattere le troppe torri di Babele. Un album nel quale credere e nel quale identificarsi nonostante – proprio per? – le inevitabili contraddizioni, gli eccessi, le bizzarrie, gli angoli bui e gli spigoli acuminati. Un album, soprattutto, di grandi e grandissime canzoni, estreme e/o stralunate finché si vuole ma finalmente compiute. Brillanti. Spesso geniali” (Federico Guglielmi)