“Non mi pento di nulla” (Keith Richards)
Uno dei personaggi più curiosi, strambi e affascinanti di tutta la storia del rock è senza dubbio Keith Richards. Degli eccessi, alle volte anche così curiosi (come quello in cui ammise di aver sniffato le ceneri del padre defunto assieme ad una striscia di cocaina), si è parlato e se ne parla di continuo. Ma anche del talento, che lo rende uno dei chitarristi più geniali e innovativi di sempre, capace di tirare fuori dei riff fulminanti, come quelli di Satisfaction, Jumpin’ Jack Flash, Brown sugar o Start me up… che poi sono diventati modello per il rock’n’roll di tutte le epoche. Un modello che prende dal blues e lo rovescia nel rock con una disinvoltura che pochi possono permettersi. Della storia dei Rolling Stones tutti sanno di tutto e di più. Si sa anche che durante gli anni ’80 il gruppo entrò in profonda crisi a tal punto da andare seriamente vicino allo scioglimento. Lo si poté comprendere il giorno del Live Aid, con Mick Jagger in solitaria con Tina Turner e Keith Richards che accompagnava Bob Dylan. Fu lì che al chitarrista poi venne in mente di dare sfogo alla sua creatività, staccata una volta tanto dal gruppo, realizzando il suo primo album da solista, pubblicato poi nel 1988. Il gruppo seppe poi ritrovare l’alchimia perduta, ma Keith Richards proseguì nel tempo a pubblicare altri due album, da Main offender del 1992 e infine a Crosseyed heart del 2015. Ed è questo che scegliamo in questa sede per parlare del suo talento di autore in solitaria. Un disco non molto diverso dai due precedenti, in cui Keef si prende la libertà di suonare come meglio gli piace, andando a zonzo tra blues, folk, country, e azzardare persino delle incursioni nel reggae. Keith Richards non è mai stato benedetto con una voce particolarmente buona, infatti il suo lavoro da solista passato va solo a sottolineare questo fatto. Ma in questo album la sua voce suona più vissuta che debole, e quindi si addice più a un sopravvissuto al rock and roll. Le canzoni sono tutte di alto livello, e come per esempio i lavori successivi di Bob Dylan, la voce di Keith suona un po' lacerata dalla guerra e spezzata in alcuni punti dando alle canzoni più sentimento e gravità. Non parliamo di un disco destinato a restare nei secoli dei secoli, come alcuni album dei Rolling Stones, ma di certo è un bel sentire!