Marzo 2021: The Cult – LOVE (1985)

The Cult - Love

 

Data di pubblicazione: 18 ottobre 1985
Registrato a: Jacobs Studios (Farnham), Olympic Studios (Londra)
Produttore: Steve Brown
Formazione: Ian Astbury (voce), Billy Duffy (chitarra elettrica, chitarra acustica, cori), Jamie Stewart (basso, tastiere, archi, cori), Mark Brzezicki (batteria), Simon Kliney (programmazioni), Nigel Preston (batteria), The Soultans (cori)

 

Lato A

 

                        Nirvana
                        Big neon glitter
                        Love
                        Brother wolf, sister moon
                        Rain

 

Lato B

 

                        Phoenix
                        Hollow man
                        Revolution
                        She sells sanctuary
                        Black angel

 

Con Love volevamo creare una musica che
fosse un fiore al posto di un filo spinato
(Ian Astbury)

 

La new wave di inizio anni ’80 aveva un qualcosa in comune col rock psichedelico e l’hard rock di fine anni ’60 e gli inizi degli anni ’70. Tra il grigiore di suoni freddi e glaciali, fremeva il furore rock di un tempo, e i Cult furono una di quelle band pronte a voler coniugare entrambi le epoche con classe e distinzione.
Ad un solo anno di distanza dal debutto post-punk-gothic di Dreamtime, i Cult si ripresentano al pubblico con Love, pubblicato nel 1985. Il disco del quartetto inglese diviene uno straordinario successo commerciale da due milioni e mezzo di copie, capace di consacrare il nome della band in tutto il mondo. Forse persino in anticipo sui tempi, Love possiede il merito di rielaborare “a ritroso” influenze alternative, metal, rock psichedelico e gothic, fondendolo con naturalezza in un suono che, per quanto contenuto in un disco ritenuto “di passaggio”, ed in quanto tale allergico alle definizioni ed alle etichette più stringenti, riesce a definire una precisa identità fin dai primi minuti di ascolto.
Graziato in più punti da un Billy Duffy in gran forma, Love è il disco della maturità conquistata, forte delle sue scelte difficili, dei modelli classici ed ambiziosi presi a riferimento, dell’alchimia complicata tanto superiore alla somma degli elementi che lo compongono. Con simili premesse, l’album non può deludere: dal charleston in lezioso levare di Nirvana alla potente ed ipnotica title-track, il progetto dei Cult si esprime in un gotico maturo, languido negli arpeggi e finalmente graffiante nella ritmica, sempre solida ed immediata. Evitando cori trascinanti e concessioni smaccatamente melodiche, a favore di ritornelli ripetuti, pattern blues e parti vocali effettate, la scaletta trova un interessante equilibrio tra energia ed atmosfera, semplicità esecutiva e suggestione creata all’interno di un minutaggio generoso, riservato ad ogni singola traccia. Con rimandi stilistici che spaziano dal pop impegnato degli U2 (soprattutto quelli di The unforgettable fire) al classic hard rock dei Led Zeppelin, e soprattutto marcate zone d’ombra che richiamano molto da vicino il blues psichedelico dei Doors (dei quali purtroppo Ian Astbury si improvviserà cantante nel tentativo di fare una reunion della band) , il disco possiede un suono attuale ed autoriale, ed offre attraverso di esso un coinvolgente catalogo di cieli grigi e volti sbiaditi, storie sfuggenti, struggimento sexy e rabbioso.
Love è gotico ed epidermico per la pioggia emotiva che riversa con le sue efficacissime note, sognante negli echi che si rincorrono, sospeso tra ritmi ora semplici e diretti, ora spezzettati nello stacco ciclico e continuo della canzone che gli dà il titolo. Ma soprattutto il disco è un tramonto rock attento e ponderato, colto senza fretta nel modo in cui ricerca la chimica tra i suoi elementi per tentativi progressivi, coraggiose stratificazioni, piccole aggiunte al pattern iniziale che calcificano con lo scorrere dei minuti. Brother wolf, sister moon in tal senso è un esempio eclatante: luna mini-opera di quasi sette minuti, che cresce piano piano e con un’illusione di spontaneità e leggerezza. Dal semplice arpeggio iniziale all’ingresso della batteria, sempre molto presente, il brano si struttura sinuoso insieme al suo racconto, poco alla volta, in evoluzione implacabile e continua: l’assolo di Billy Duffy, il dialogare con le tastiere di Jamie Stewart e la voce di Ian Astbury che sembra rimbalzare da un lato all’altro delle pareti sono l’espressione paradigmatica di un percorso di ricerca dagli esiti non sempre definiti. Sensazione che talvolta si vorrebbe accostare ad un’ambizione commerciale, come accade nella crepuscolare Rain.
Lungi dall’essere un ascolto facile, questo disco dei Cult è piuttosto un viaggio musicale sorprendente ed all’epoca inaspettato, che non deve necessariamente sfociare in qualcosa di compiuto, libero nell’animo e coerente col suo genere, di un grigiore luminoso ed energico, tra l’assolo in wah-wah della già citata title-track e quello inarrestabile di Phoenix, il timido tentativo hard rock di Big neon glitter e la quasi-ballad Revolution. E la chiusura psichedelica della ballata notturna Black angel.

Non è certamente immediato cogliere la grandezza di questo album, delimitarne con sicurezza lo stile, fornire una visione sintetica del suo risultato senza sminuirne sbrigativamente la portata. I Cult nascono nel 1983 come una formazione di chiara ispirazione gothic rock, posizionandosi in linea con gente come Cure o Sister of Mercy, mentre col passare del tempo hanno modificato la propria musica verso sonorità progressivamente più ispirate al classico hard rock degli anni settanta. Love rimane una splendida colonna sonora allo stato d’animo di molte giornate autunnali, ed insieme un ideale Caronte sospeso tra suggestioni elettroniche underground ormai sul viale del tramonto, un rullante dal suono rotondissimo e lo stile più asciutto che avrebbe contraddistinto tanta musica spigolosa del decennio successivo.

 

 

Marzo 2021: The Cult – LOVE (1985)ultima modifica: 2021-03-25T08:01:12+01:00da pierrovox

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