“Il nostro conflitto di relazioni è meno ovvio di quello di Ray e Dave Davies o dei fratelli Gallagher” (Russell Mael)
Caratterizzati dal piglio glam-punk-bubblegum, eleganti e pieni di infantile piqué, egoismo preedipico, sardonicismo decadente, e grande attitudine per i migliori testi pop, gli Sparks potevano essere ciò che poi sono diventati i Queen. Non che gli Sparks puntino alla seduzione di per sé, ma pensavano che i loro temi riguardassero le donne, così come dovrebbero essere o perlomeno come loro le vedevano; le donne che ti ingannano e ti fanno salpare verso l'equatore, che ti lasciano in un paese che parla di romanticismo, che gardi con durezza quando stai cercando di farti sdraiare… Insomma tutti i tipi di donne. La musica è un'opera rock festosa, ma dal suono economico, tamburi primitivi, scimmiottanti follemente e compensati dall'organo carnevalesco, riempimenti di pianoforte alla Jerry Lee Lewis, suono fragilissimo post-Page pre-punk e un falsetto la cui innaturalezza farebbe sobbalzare persino Prince. La voce di Russel Mael è di una bellezza e chiarezza come poche: il suo modo di affrontare una sfida infantile ironica che si fonde con la regalità che poi ha fatto i fasti di Freddie Mercury, ma ogni tanto scopre i denti in un ululato che fa riferimento al punkabilly. Le canzoni si stagliano su livelli di energia molto alti, e la folle fusione tra rock and roll e glam crea l'atmosfera garage arrabbiata. Intenso, sofisticato, storicamente consapevole e assolutamente libero dagli schemi preconfezionati degli anni ‘70, questo disco si presenta come un’opera d'arte completamente inclassificabile. Come già detto, anticipa quello che saranno i fasti dei Queen, e contiene anche alcuni elementi del Bowie più glam. Ma soprattutto un album che riscopre la vena divertente del rock’n’roll!