“Dico spesso ai miei figli che la cosa più creativa che io abbia mai fatto è stata avere il coraggio di lasciare Nottingham e andare a Londra: solo per fare un passo perché da quel passo sono state fatte tante cose” (Stuart Staples)
Sul nascere della definitiva consacrazione del brit-pop, si presentano sulle scene anche i Tindersticks. La loro musica si allontana dal paradigma del britsh-pop-rock usuale, preferendo attingere ispirazione dal cantautorato di Leonard Cohen e Scott Walker. Si creano così toni malinconici (Cohen) e teatrali (Walker), su cui spesso si aggiungono ispirazioni più marcatamente rock (soprattutto per l'uso della chitarra). Il primo disco costituisce un amalgama unico e ben riuscito, un dipinto di noir-pop orchestrale, che spesso si concede anche a melodie orecchiabili, pur sempre sofisticate. Vent’uno canzoni in cui ci si immerge nella sua dolce malinconia, dove si vuole solo sedersi lì e sentirsi triste. Sentire quella pigra malinconia porta quest’album incessantemente a tempo medio che poi avrà improvvisamente un senso, quello cioè di sedersi, di notte, da solo, e sentire su di sé cosa può produrre quella musica. È indie rock e anche una sorta di musica di cabaret, piena di cantieri coperti di fumo e di sensuali ottoni e fiati accanto a chitarre, basso e batteria. Le voci mormoranti fanno del loro meglio per nasconderlo a volte, ma qui c'è molta bella melodia. Gli anni Novanta hanno trovato il loro crooner romantico in Stuart Staples.