Anima Fiammeggiante

Ottobre 2021: Martin L. Gore - COUNTERFEIT2 (2003)


  Data di pubblicazione: 28 aprile 2003 Registrato a: Electric Landboy (Santa Barbara) Produttore: Andrew Phillpott & Paul Freegard Formazione: Martin L. Gore (voce, sintetizzatore, chitarra), Peter Gordeno (piano, piano elettrico, cori)   Tracklist                           In my time of dying                         Stardust                         I cast a lonesome shadow                         In my other world                         Loverman                         By this river                         Lost in the stars                         Oh my love                         Das lied vom einsamen mädchen                         Tiny girls                         Candy says    

"Non penso di aver mai provato ad essere qualcosa di diverso da uno strano" (Martin L. Gore)

 

Si narra che quando Johnny Cash stava registrando la sua versione di Personal Jesus, fu talmente impressionato dall'intensità di quel testo da chiedere a Rick Rubin chi fosse l'autore. Allora il talentuoso produttore gli mostrò una foto di un giovane bardato di borchie e abiti femminili. Quel giovane era Martin L. Gore, tastierista, chitarrista, ma soprattutto compositore dei Depeche Mode, la band icona del pop sintetico degli anni '90. Diversamente dagli altri gruppi, i Depeche Mode, oltre a contare sull'impatto carismatico del leader e cantante Dave Gahan, facevano affidamento sull'intelligenza creativa di Martin Gore, che ha saputo col tempo spostare il baricentro stilistico della band in una dimensione meno falsificabile e lontana dall'usura del tempo, tanto da renderla sempre attuale. L'intelligenza sta in una conoscenza smisurata della storia del rock, e in un'attitudine che lo portava ad esplorare qualsiasi genere, dal blues al rock, dal cantautorato all'avanguardia. I testi poi non erano cupi come nella darkwave più mortifera, anche se non mancavano di tetre riflessioni, ma nemmeno banali come quelli della new romantic più modaiola. Erano pregni di un immaginario religioso tormentato, citazioni bibliche, speculazioni filosofiche sul destino dell'uomo, romanticismo e politica. Espressioni di una personalità che aveva fatto dell'ambiguità i tratti dominanti della sua immagine, investita dall'alcool e dalla passione per gli indumenti di pelle. Nel 1989 aveva dato alle stampe il suo primo disco da solista, un ep intitolato Counterfeit, contenente sei cover, spaziando dai Tuxedomoon agli Sparks. Quattordici anni dopo pensò bene di dare alle stampe il suo seguito allargato alla dimensione di album vero e proprio, e mantenendo la stessa logica. Avvalendosi di una strumentazione minimale, fatta fondamentalmente di sintetizzatori, chitarra e pochi tocchi di piano, rilegge a modo suo diverse canzoni, spaziando tra Nick Cave (Loverman), i Led Zeppelin (In my time of dying, posta in apertura), John Lennon (Oh my love), Brian Eno (By this river), i Velvet Underground (Candy says), Iggy Pop (Tiny girls). La chicca vera è la versione di Das lied vom einsamen mädchen di Nico. C'è spazio anche per I cast a lonesome shadow di Hank Thompson, In my other world di Julee Cruise e Stardust di David Essex. Tutte rilette con classe e personalità, in un momento di stasi dalle attività dei Depeche Mode (fu anche il periodo in cui Dave Gahan mise in discussione la sua permanenza nella band, relegata al solo ruolo di interprete, mentre anch'egli avanzava il diritto di comparire come autore). Per qualche ascoltatore distratto potranno essere solo cover, ma in fondo rivelano come questa conoscenza così ampia e diversificata della realtà del rock, sia stata di riflesso la chiave di volta del successo e dell'importanza del gruppo. A questo disco seguì l'esperimento strumentale di MG del 2015