"Una voce del sud" (Paolo Carù)
Questo è uno dei pochi album country degli anni '90. Un fan del rock o dell'anima può scendere con questa musica, o almeno rispettarla indolore. E l'imbarazzante amare questo album proviene proprio da questo: è quasi troppo facile. È un album così facile da apprezzare che c'è la tentazione di sospettare che in qualche modo sia segretamente "nemmeno un vero paese". Anche i precedenti dischi di Williams hanno ricevuto molti elogi, in particolare quello omonimo e Sweet ld world, ma qui si raggiunge quel che si dice maturità artistica. Car wheels on a gravel road, pubblicato dopo un intervallo di cinque anni in cui il cantautorato di Williams e il noto perfezionismo in studio sono stati autorizzati a "cuocere per bene", presenta con un team assolutamente brillante di musicisti di sessione e alcuni mix per gentile concessione di Rick Rubin, ed entrambi i fattori sono grandi parti di ciò realizza il miglior album di questa lontana Lucinda Williams. Brillante come Lucinda stessa è qui, a cominciare dalla linea di chitarra in Right in time e il suono melodico si riempie tra chorus e verso nella traccia del titolo. O la linea malinconica che attraversa 2 Kool 2 Be 4-Gotten che inaspettatamente introduce un organo morbido e quello che suona inizialmente come violino ma si rivela essere un fischio; le chitarre continuano a perfezionarsi fino all'ultimo verso, quando cadono quasi interamente prima di tornare con la fisarmonica per Williams per rivelare il vero status di chi ha cantato. O semplicemente ascolta gli incredibili colori di Drunken angel, la chitarra che fa le sue piccole salite su e giù prima del ponte armonico, Williams slancia leggermente le sue parole come se stesse scegliendo di lamentare il passaggio di questo lavaggio alcolico all'altro lato bevendo seriamente se stessa. I lost it è una versione reincisa di una canzone del suo secondo album nel 1980, con un assolo di chitarra e un bel ritornello melodioso che salva la canzone dall'essere l'unico vero filler sull'album. In generale questo album sta davvero cercando di sostenere un bel flusso e riflusso nello stile di un classico LP, aprendosi con due magistrali ruminazioni ed esaltazioni nel sud americano e climax emotivamente, come ad esempio in Metal firecracker, che presenta un accordo vocale rotto per iniziare i suoi cori con il più meraviglioso dei sospiri crack-y. L'album decolla piacevolmente, con il malinconico bacio di Greenville, entrando nelle chitarre giocose nella metà posteriore dell’unico accordo Joy, che sembra pronto a scoppiare completamente fuori dalla canzone prima di placarsi. E il brano di chiusura, Jackson, lo termina con una bella nota di grazia e presenta alcuni dei pezzi di chitarra acustica più belli che abbia mai ascoltato; sembra una ninna nanna.