Maggio 2023: George Harrison – ALL THINGS MUST PASS (1971)
Data di pubblicazione: 27 novembre 1970
Registrato a: Abbey Road Studios, Trident Studios, Apple Studio (Londra)
Produttore: George Harrison & Phil Spector
Formazione: George Harrison (voce, chitarre, dobro, armonica, sintetizzatore, harmonium, cori), Eric Clapton (chitarre, cori), Gary Wright (piano, organo), Bobby Whitlock (organo, harmonium, piano, campane tubulari, cori), Klaus Voormann (basso, chitarra), Jim Gordon (batteria), Carl Radle (basso), Ringo Starr (batteria, percussioni), Billy Preston (piano, organo), Jim Price (tromba, trombone), Bobby Keyes (sassofono), Alan White (batteria, vibrafono), Pete Drake (pedal steel), John Barnham (orchestrazioni, harmonium, vibrafono), Pete Ham, Tom Evans, Joey Molland (chitarra acustica), Mike Gibbins (percussioni), Peter Frampton (chitarra acustica), Dave Mason (chitarre), Tony Ashton (piano elettrico), Gary Brooker (piano), Mal Evans (percussioni), Ginger Baker (batteria), John Lennon, Yoko Ono (battito di mani)
Lato A
I’d have you anytime
My sweet Lord
Wah-wah
Isn’t it a pity (Version One)
Lato B
What is life
If not for you
Behind that locked door
Let it down
Run of the Mill
Lato C
Beware of darkness
Apple scruffs
Ballad of Sir Frankie
Awaiting on you all
All things must pass
Lato D
I dig love
Art of dying
Isn’t a pity (Version 2)
Hear me Lord
“Il passato è andato e il futuro potrebbe anche non essere,
la sola cosa che possiamo sperimentare è l’adesso, io cerco di godermi il minuto “
(George Harrison)
Che i Beatles siano stati una delle band, se non la band più leggendaria di tutta la storia del rock, non è certo una novità. Che il loro talento sia spesso stato attribuito alle intuizioni della premiata ditta Lennon/McCartney è altrettanto risaputo, ma non bisogna certo dimenticare un altro grande autore: George Harrison. Si ha spesso la sensazione che il grande chitarrista e cantante inglese spesso sia stato visto un bel po’ in ombra rispetto alla grandezza dei primi due citati. Per carità, nessuno discute la grandezza di John e Paul, ma sarebbe altrattento ingiusto far passare il povero George come la Cenerentola dei quattro (e non stiamo tenendo conto certo di Ringo, che per molti è poco più di un miracolato). George Harrison aveva un talento innato, oltre che una spiccata curiosità verso altre forme musicali, soprattutto provenienti dall’Oriente, per il quale nutriva una speciale devozione. Tali influenze sono state largamente accorpate in diverse canzoni dei Beatles, ma è nella produzione da solista che George poi ha liberato tutta la sua curiosità.
All things must pass è il terzo album da solista, ma il primo dopo lo sciolgimento dei Fab Four, ed è un’opera monumentale, un capolavoro del pop-rock sofisticato. Si dice che addirittura le prime intuizioni cominciarono a circolare intorno alle registrazioni del tanto celebrato White Album. In quel periodo, grazie a Bob Dylan, conobbe la Band, e da lì intraprese tutta una serie di ricerche e sperimentazioni che poi portarono alla composizione di diverso materiale, che nel maggio del 1970 cominciò a registrare e missare. Per la realizzazione del suo terzo album, George Harrison coinvolse un cast a dir poco stellare, lasciandosi aiutare da Eric Clapton, Ginger Baker, oltre che da Ringo, John, Yoko e alla consolle Phil Spector, che con la sua barocca lavorazione di Let it be diede più di una valida ragione a Paul per chiudere la parabola dei Beatles. All things must pass invece è un disco pieno di influenze, che parte dalle melodie di matrice più beatlesiana e approda a canzoni che in alcuni casi o sono piccole sinfonie pop, o grandi esperimenti di matrice ento-rock. Su tutte emerge la celeberrima My sweet Lord, sorta di manifesto un po’ sincretista di una spiritualità sempre alla ricerca di un senso, di un’armonia nel creato, e con una melodia affascinante e immediata.
Il disco ottenne un successo strepitoso, ed è rimasto l’album migliore di una discografia che comunque non ha mancato di dare grandi canzoni. Questo a conferma che il talento dei Beatles era debitore anche e soprattutto del genio di un uomo straordinario, oltre che di un duo incredibilmente dotato