I quattro Chambers Brothers sono bravi ragazzini, ben educati nel timore dell'Altissimo, e ogni domenica vocalizzano nella loro chiesa battista all’angolo della strada, un buco più o meno perduto degli Stati Uniti. Il 1967 è l'estate del Flower Power, e i nostri quattro ragazzi, accresciuti da un batterista hanno pensato per un po' che ci potesse essere altro da fare che cantare soltanto le lodi del Signore. E così incidono questo disco, che trova qui i suoi accenti gospel originari. La sovrapposizione di una cornice strumentale quasi garage con le voci celestiali dei quattro ragazzi produce qui una delle soddisfazioni più formidabili che il muschio nero è stato dato per portare all'umanità. Non disarmati al livello delle composizioni originali, i fratelli lasciano il quattro quarti d'assi con quattro volte per cadere in ginocchio: People get ready di Curtis Mayfield, quasi pesante e palpitante; In the midnight hour in versione antologica, una delle migliori di tutte le categorie messe insieme; Uptown, infuriato, e infine What the world needs now is love. Ma il must è Time has come today, undici minuti di baccanale psichedelico. La versione contenuta nell'album rende giustizia a questo delirio pagano, in una formula quasi stonesiana. Time has come today ricorda che, anche i Chambers Bros erano del loro tempo, vale a dire, per quanto li riguarda, tra le rivolte di Watts e il pugno alzato di John Carlos a Città del Messico