Sapete quando si comincia a capire che non si è più giovani? Io l’ho capito nel momento che mi sono ritrovato nel comodino due astucci, uno per gli occhiali da lontano, uno per gli occhiali da vicino. Ho avuto bisogno degli occhiali fin da giovanissimo ed è stato per la mia indole, lento, il processo di accettazione. Agli inizi non li indossavo se non a casa quando dovevo studiare. Provavo vergogna, ero giovane, 14 anni. un’età piena di incertezze e scoperte. E seppur ero attento e tra quelli più bravi, tanto da esser etichettato e inserito tra i secchioni della classe, per la massa ero il ragazzo silenzioso, non tanto sveglio, imbranato. Sapevo che se mi fossi presentato a scuola con gli occhiali da vista, sarei stato preso in giro e questa consapevolezza, questa paura, scaturiva dal fatto che già quotidianamente, bastava per provocare lo scherno, il mio modo di parlare, la mia capigliatura e i miei vestiti, anche se non erano poi differenti da quelli indossati dal resto dei miei compagni, solo che io li indossavo male :-). Ad un certo punto, però, ho dovuto per necessità di cose e salute, indossarli, da quel giorno non li ho più tolti. Se dovessi, quindi, definire quegli anni e scegliere un termine per descriverli, non userei parole positive, non userei ad esempio il vocabolo: “felicità”, purtroppo. E devo scrivere con rammarico che sono state più cattive la compagne, seppur non abbiano mai usato violenza fisica, come è capitato qualche volta con i maschietti e me ne dispiace, perché la donna merita per la sua storia un incondizionato sostegno. La parentesi aperta sulla mia adolescenza doveva esser più breve, ma va bene, scrivo quel che mi sento e non m’importa dei giudizi, delle banalità che possono scaturire da chi vede in quel che scrivo un prosaicismo o prolissismo un pò marcato. Oggi, non potrei fare a meno degli occhiali, di tutti e due. :-)
Cecità
Sapete quando si comincia a capire che non si è più giovani? Io l’ho capito nel momento che mi sono ritrovato nel comodino due astucci, uno per gli occhiali da lontano, uno per gli occhiali da vicino. Ho avuto bisogno degli occhiali fin da giovanissimo ed è stato per la mia indole, lento, il processo di accettazione. Agli inizi non li indossavo se non a casa quando dovevo studiare. Provavo vergogna, ero giovane, 14 anni. un’età piena di incertezze e scoperte. E seppur ero attento e tra quelli più bravi, tanto da esser etichettato e inserito tra i secchioni della classe, per la massa ero il ragazzo silenzioso, non tanto sveglio, imbranato. Sapevo che se mi fossi presentato a scuola con gli occhiali da vista, sarei stato preso in giro e questa consapevolezza, questa paura, scaturiva dal fatto che già quotidianamente, bastava per provocare lo scherno, il mio modo di parlare, la mia capigliatura e i miei vestiti, anche se non erano poi differenti da quelli indossati dal resto dei miei compagni, solo che io li indossavo male :-). Ad un certo punto, però, ho dovuto per necessità di cose e salute, indossarli, da quel giorno non li ho più tolti. Se dovessi, quindi, definire quegli anni e scegliere un termine per descriverli, non userei parole positive, non userei ad esempio il vocabolo: “felicità”, purtroppo. E devo scrivere con rammarico che sono state più cattive la compagne, seppur non abbiano mai usato violenza fisica, come è capitato qualche volta con i maschietti e me ne dispiace, perché la donna merita per la sua storia un incondizionato sostegno. La parentesi aperta sulla mia adolescenza doveva esser più breve, ma va bene, scrivo quel che mi sento e non m’importa dei giudizi, delle banalità che possono scaturire da chi vede in quel che scrivo un prosaicismo o prolissismo un pò marcato. Oggi, non potrei fare a meno degli occhiali, di tutti e due. :-)