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Folle essere umano

Apro Libero per entrare nel mio profilo e poi nel blog, e la prima notizia che mi si presenta davanti è:

“Padre getta i figli dalla finestra del quinto piano e poi si suicida.”

Misero essere umano, meschino essere umano, vigliacco essere umano.

Folle uomo, colpevole uomo.

La realtà sfida la letteratura e il cinema. (La realtà) potrebbe pure vincere, e sedersi sul trono della tragedia.

Chissà Shakespeare quali pensieri maturerebbe se fosse vivo oggi? Le sue tragedie sono povere d’orrore.

Ecco cosa anima, oggi, la società: l’orrore.

Fateci caso.

 

Le parole non hanno il potere di impressionare la mente senza lo squisito orrore della loro realtà.

Edgar Allan Poe

 

Per quanto cerchi l’ottimismo e la bellezza, la cronaca e i ridicoli e faziosi cantastorie contemporanei, cospargono la moderna corrispondenza, di morte e violenza.

Se si è costretti al cinismo, allora mi sorge spontanea l’offensiva e impudente domanda:

(scusate il francesismo)

Ma che cazzo me ne fotte se uno si butta dalla finestra. Non ci tenevo a saperlo PRIMA e non ci tengo a saperlo, neanche, ORA.

“Non me ne frega un cazzo.”

Il disgusto per l’essere umano è diventato così profondo che la mia anima si è ammalata di indifferenza.

La cosa tragica o comica è!!!???

Che ha una vita che cerco di curarmi. Ho donato, persino il mio talento, all’essere umano affinché la bellezza e l’arte potesse essere un legame sociale di condivisione e benessere.

Mi dicono e mi dico, guarda ai buoni, guarda agli onesti, guarda a chi ha amore nel cuore.

E dove sono? O meglio?

Dove sono quando serve?

Forse esagero.

Ma non posso non pensare che stiamo perdendo, piano piano, qualcosa.

Sì! Credo d’aver esagerato.

Come rimediare?

Come lasciare il sorriso ed evitare l’amarezza della disillusione.

Che ci crediate a no, non era mia intenzione scrivere con questi toni e certo avrei preferito altri contenuti. Era inevitabile, però, puntualizzare la banale verità.

Qual è verità?

Che voglio la bellezza. Voglio che mi si racconti la gentilezza, che si possa leggere l’umanità nella sua innocenza. Voglio saper dell’esistenza di uomini e donne che hanno nel petto ancora un cuore e in testa un cervello.

Voglio la – par condicio – nella cronaca moderna. Sia equa la canzone, sia equo il cantastorie.

Tragedia e amore.

Equità

 

In quanti modi ti amo? Fammeli contare.

Ti amo fino alla profondità, alla larghezza e all’altezza

Che la mia anima può raggiungere, quando partecipa invisibile

Agli scopi dell’Esistenza e della Grazia ideale.

Ti amo al pari della più modesta necessità

Di ogni giorno, al sole e al lume di candela.

Ti amo generosamente, come chi si batte per la Giustizia;

Ti amo con purezza, come chi si volge dalla Preghiera.

Ti amo con la passione che gettavo

Nei miei trascorsi dolori, e con la fiducia della mia infanzia.

Ti amo di un amore che credevo perduto

Insieme ai miei perduti santi, – ti amo col respiro,

I sorrisi, le lacrime, di tutta la mia vita! – e, se Dio vorrà,

Ti amerò ancora di più dopo la morte.

Elizabeth Barrett Browning

 

 

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Fiammelle

Non mi posso definire un grande lettore di narrativa, le mie performance possono arrivare a un libro all’anno, nulla di eccezionale, anzi, un pessimo risultato.
Mi gratifica più dedicarmi alla saggistica, ai manuali specialistici e ai racconti biografici.
Qualche settimana fa ho letto che Benedetta Tobagi ha vinto il Premio Campiello con il libro: La resistenza delle donne.
Un libro che rientra in quelli che di solito leggo. Un libro che racconta la storia attraverso la vita di chi la storia l’ha cambiata, in questo caso: “le parteggiane”.

L’ho comprato, da poco ho iniziato a leggerlo.

Dalla premessa il libro è un elogio alle donne che resistono, a tutte le donne che resistono.

Triste o non triste, è un fatto che resistiamo.

“Non verrò. Fate di me ciò che volete. Non verrò. Su! Su! Mettetevi in azione! Andiamo!”
Tatanka Yotanka (Toro Seduto)

Alcuni resistono per non cessare di esistere altri semplicemente per vivere o sopravvivere alla quotidianità della vita.

Ieri nel profilo ho scritto queste parole:

Sempre più riscopro la bellezza del cuore
e la dolce poetica dell’amore.
Lei.
Una creatura che sceglie la catena,
per mostrarmi e insegnarmi che l’amore è:
un’incondizionato donarsi.
Lei.
È più umana del più santo degli uomini.

Parlavo di Frida.

Bisogna stare attenti al buio che si ha attorno, al lupo che si nutre, perché può esser facile scivolare in un sonno apatico fatto di pensieri e si sa: Il sonno della ragione genera mostri.

Non basta evitare le ombre della vita, a volte impossibili da evitare, attorniarsi di piccole fiammelle è necessario, cercarle indispensabile.

La mia fiammella

 

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Sempre pronta a regalarmi un sorriso.

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Alieno

Da piccolo quando mi trovavo in uno stato di malinconica tristezza, mi rinchiudevo in camera e disegnavo, spesso, ascoltando della musica.
In quell’esercizio e in quella solitudine trovavo, in un modo o nell’altro, la maniera d’evadere dal momento triste, per finire alla fine rinchiuso in me stesso, cosa non buona forse.
Era un modo come un altro per affrontare il problema di turno, come scritto magari non il miglior modo.
Al contrario, mia sorella, caratterialmente diversa da me, totalmente diversa da me, affrontava di petto le situazioni, a volte con inaspettata aggressività.
Se rifletto e vaglio le persone che mi sono passate attorno e mi passato attorno, non posso non notare che questo ultimo atteggiamento è frequente.

Da un paio di giorni ho dei fastidi allo stomaco. Mi sono reso conto che non sono legati ad un problema fisico. La mente, allora, è tornata a quando ero ragazzo e alle tante volte che per una situazione di profondo stress il corpo mi tradiva e spasmi addominali mi toglievano il fiato.
Dolori spesso inopportuni, soprattutto, se precedevano un esame.
Erano parecchi anni che non mi capitava di soffrirne e in verità, non so di preciso, neanche per quale motivo sono riapparsi. Posso immaginarlo!!!

La cosa più brutta che mi viene da immaginare è, che sono arrivato al limite della sopportazione sociale.
In questi ultimi venti anni ho fatto un enorme lavoro per convincermi che le relazioni sono l’unico vero tesoro e che senza non si cresce, né si vive, non posso certo affermare (per mia convenienza) che quando detto non sia vero. È la realtà purtroppo, senza relazione non si vive. L’amicizia senza relazione non nasce, il lavoro senza relazioni non attecchisce. Persino l’amore vive e si nutre di relazioni. Molte forzature le ho subite e le continuo a subire, proprio e soprattutto, per amore.
Vi confido una verità meschina. Tante volte chiedo alla mia compagna di uscire, spinto dalla sua insofferenza nel non avere contatti. In verità se dovessi scegliere ne farai a meno, sarei tanto più facile nel vivere la nostra solitudine da soli, io e lei da soli.

Peccato che a me da vita (questa solitudine) a lei morte, queste le sue parole. Anche se mi ama sente che piano piano sta morendo dentro. Purtroppo da quando ha conosciuto me ha lentamente diminuito i contatti e le relazioni con i suoi amici.
Lei, ovviamente, non da la colpa a me, ma all’età e al tempo che passa. La natura del mio carattere è, però, evidente a lei come a me. Per risparmiarmi difficoltà, che ho oggettive nel relazionarmi, negli anni, piano, piano ha evitato molta della vita sociale che prima viveva. Ed è per me una ferita aperta. Per quanto provi fallirò sempre nelle intenzioni. Perché non ho il tipo di carettere per darle quello che desidera.

Qui sorge spontanea una domanda:

Avete mai desiderato d’esser diversa o diverso?
Io lo sto desiderando, ma per il motivo sbagliato. Vorrei esser diverso per rendere completo l’amore che desidera la mia compagna.
Ma è sbagliato, per logica si deve desiderare d’esser diverso o diversa? Per esser migliori.
Una linea sottili è quella che separa o lega egoismo e altruismo.

L’esperienza e gli anni maturati, mi hanno insegnano che l’amore è un’equilibrista che oscilla tra egoismi e altruismi.

equilibrista

Mi sento un alieno in un mondo di umani.

Aggiunta:

Rileggendomi ho scorto un pensiero che potrebbe far passare un messaggio di disperazione, conflitto e mal di vivere.
Devo per lucida analisi fugare queste realtà, per lo meno in gran parte.
Alcuni principi legano gli essere umani gli uni agli altri indissolubilmente.
L’amore è risaputo, è una rosa piena di spine. La tolleranza e la capacità di fare passi indietro sono essenziali nel suo vivere, come la necessità di comprendere la coppia e le sue interazioni.
La vita è una costellazione di stelle immerse nel buio. Tra una luce e l’altra c’è l’oscurità e si deve imparare a conviverci, arrivando a sporcare l’anima per comprenderla e guidarla, per poi lavarla attraverso l’analisi e l’autocritica.
Qui esterno le stelle e i miei buchi neri. Qui!!! Dove la parola è relativa e l’azione priva di riflessi, posso desiderare e condannare senza per forza nuocere a qualcuno, volendo neanche a me stesso. Racconto semplicemente i miei pensieri.

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C’è una voglia tutta umana…

Di solito mi limito nei contenuti, mantenendo la natura del blog personale, ogni tanto, però, è giusto prendere posizione – per quel che vale.
In un commento ad un blog amico ho scritto: “c’è una voglia tutta umana di fare a pezzi la realtà”, spesso non comprendo i motivi, in molti casi si fa fatica persino a immaginarli.

Un noto cantautore, che personalmente apprezzo – Ermal Meta – ha condiviso su Twitter le sue personali considerazioni su un tragico evento di cronaca accaduto in Sicilia.
Queste le sue parole:
“Servono punizioni esemplari e certezza della pena. Ciò che lucidamente hanno fatto e detto è raccapricciante.
Immaginate di essere quella ragazza con un calvario da vivere e che la segnerà a vita. Immaginate di essere al posto dei genitori della ragazza che dopo 4/5 anni, se va bene, si vedono in giro queste bestie.
Immaginate di essere invece la madre di uno di loro che tenta di screditare la vittima. Lo vedete l’abisso? Riuscite a percepirlo?”

“Lì in galera, se mai ci andrete, ad ognuno di voi ‘cani’ auguro di finire sotto 100 lupi in modo che capiate cos’è uno #stupro #loschifo”.

Il secondo tweet di Ermal Meta com’era prevedibile non è piaciuto a tutti, definito “orribile”.
La risposta del cantautore è stata diretta e altrettanto dura:
“Di orribile c’è quello che hanno fatto, di orribile c’è il trauma che quella ragazza probabilmente si porterà dietro per molto tempo, di orribile c’è la madre di uno di loro che cerca di far passare per una poco di buono la vittima, di orribile c’è la mancanza totale di empatia, di orribile c’è filmarla, deriderla, lasciarla per strada come uno straccio e poi minacciarla, di orribile c’è la totale mancanza di umanità“.
“Non è la collettività ad averli portati a compiere uno scempio del genere, ma una loro precisa e lucida scelta. Se l’educazione (compito della famiglia) non funziona prima, deve funzionare la punizione dopo, proprio per difendere la collettività che tanto ti sta a cuore”.

Sarà per la presenza di Frida nella mia vita, ma l’occhio mi è caduto su quel “cani” dubito che un branco di cani possano essere cosi crudeli e insensati contro un loro simile.

È naturale lo sfogo di Ermal, tutti noi (immagino) condanniamo quel che hanno fatto quei ragazzi, li abbiamo sempre condannati (questi orrori) e credo sia umano odiare chi odia, ricorrere alla violenza per combattere la violenza è, umano.
Mi permetto di aggiungere che comportarsi come quei ragazzi è, umano.

“Amate gli animali: Dio ha donato loro i rudimenti del pensiero e una gioia imperturbata. Non siate voi a turbarla, non li maltrattate, non privateli della loro gioia, non contrastate il pensiero divino. Uomo, non ti vantare di superiorità nei confronti degli animali: essi sono senza peccato, mentre tu, con tutta la tua grandezza, insozzi la terra con la tua comparsa su di essa e lasci la tua orma putrida dietro di te; purtroppo questo è vero per quasi tutti noi.”
Fëdor Michajlovič Dostoevskij

Qualcuno si chiederà cosa centra il maltrattamento degli animali con la violenza alle donne? C’entra e come. La natura definisce i comportamenti, le razze definiscono gli orientamenti sociali.

Prendiamo atto che “essere umani” non è sinonimo di pace e compassione, è, invece, sinonimo di rottura e conquista. C’è una voglia tutta umana di fare a pezzi la realtà.

“Talvolta un pensiero mi annebbia l’Io:
sono pazzi gli altri, o sono pazzo io?”
Albert Einstein

Sono pazzi gli altri, o sono pazzo io?

Ecco!!! Le riflessioni si raccolgono e si pietrificano, ciò che rimane è solo polvere di pensiero.
Ecco la sensazione che ho. Di pescare in un calderone idee, opinioni e appunti di vita, stenderli sul manto invisibile dell’intelletto e restare a guardare che piano piano raggrinziscano e si polverizzano, mentre volti invisibile oltrepassano indifferenti la via del giudizio.

Ho una madre, ho una sorella, ho una compagna, ho una nipote, il femminile non è una estranea forma che si accosta, si incastra o si fonde in una illusoria unione temporanea, il femminile è sangue che scorre, è pensiero che può crescere, è la pelle che genere amore. La parte femminile di un uomo è il seme che genera vita, come il ventre di una donna è il santuario che regge il mondo maschile.

Sono pazzi gli altri, o sono pazzo io?

Perché non comprendo l’umano desiderio di distruggere la femminilità delle cose, di chiamare conquista la maschilità delle cose, guerra.

Ho una madre, ho una sorella, ho una compagna, ho una nipote, ogni uomo ha un legame di sangue con una donna.

1violenza

“Per tutte le violenze consumate su di lei,
per tutte le umiliazioni che ha subito,
per il suo corpo che avete sfruttato,
per la sua intelligenza che avete calpestato,
per l’ignoranza in cui l’avete lasciata,
per la libertà che le avete negato,
per la bocca che le avete tappato,
per le sue ali che avete tarpato,
per tutto questo:
in piedi, signori, davanti ad una Donna!”
William Shakespeare

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Buon Agosto

Un saluto alle amiche e agli amici di Libero.

La mia compagna è in ferie, ed è a casa (già da parecchi giorni), quindi, le ho dedicato, le dedico e le dedicherò tutto il tempo che ho, a lei e naturalmente a Frida.

Vi racconterò quando questi giorni di Ferie finiranno.

Per adesso mi limito ad un passaggio.

“Siate felici, agite nella felicità, sentitevi felici, senza alcuna ragione particolare.”
Socrate

Socrate

Buon Agosto a tutti.

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L’unica che potrei immaginare

Si sa che uomo e donna sono diversi, è una banale ovvietà.
Può capitare, poi, d’esser così diversi da essere opposti, come la luna e il sole, l’acqua e il fuoco, la gioia e la tristezza.

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Io e la mia compagna siamo opposti, non potrei dire come la luna e il sole, ma abbastanza d’aver poco in comune. Lei ama la sera, io il mattino, lei il mare, io la montagna, lei i film comici, io i fantasy, lei la musica leggere, io la rock.
Quando usciamo lei ha bisogno di sapere dove va, in parole povere, cosa va a vedere, a me basta la passeggiata per esser gratificato, il movimento mi entusiasma, alla mia compagna la meta, girare a vuoto non fa per lei. Una delle (sue) risposte più ricorrenti alla (mia) domanda: “usciamo?” È, sempre: “dove andiamo?” 10 volte su 9 non le so rispondere e lei si arrabbia. 🙂

Ieri in città c’è stata un’opera teatrale di una sconosciuta compagnia locale, opera che aveva una caratteristica che la mia compagna apprezza sopra ogni cosa, era gratis.
Mi piace il teatro, anche in questo, però, siamo diversi, lei ama le opere stravaganti, strane, si diverte, poi, se gli attori interagiscono con gli spettatori, io non amo queste interazioni e apprezzo poco le opere stravaganti.
Ma per amore si sorvola e in modo del tutto inatteso alla fine apprezzi pure quel mondo così lontano da te e per certi versi insopportabile (le novità sono sempre insopportabili).

Quante cose si sopportano per amore? O si accettano perché fanno parte del suo mondo, anche se prima neanche da lontano (quelle cose) le avvicinavi?

In un modo del tutto particolare tutto questo è paragonabile alla fede, forse l’unica vera fede.
Se c’è qualcosa che può accumunare tutti, al di là delle ideologie, è l’amore, senza, tutto è più doloroso, senza quel piccolo atto di gentilezza, si muore in tanti modi.

Ammetto!!! È capitato di pensare: “le diversità sono troppo per definirsi affini, per definirsi una coppia perfetta”.
Per fede, solo per pura e semplice fede, però, il cuore che batte nel suo petto è l’unico che potrei immaginare accanto a me.

Ieri alla mia compagna lo spettacolo è piaciuto a me non tanto, ma va bene così, perché tutto sommato, se lei è felice, lo sono anch’io. Una logica contorna, masochista forse, ma è l’amore.
Capiterà, come è capitato, che sarà lei a seguire me e lei nonostante tutto sorridere insieme a me.
Perché l’amore è questo! Non nei momenti d’armonia, ma nei momenti di disarmonia egli respira e batte più forte:

“All’unione di due anime costanti io mai porrò impedimenti.
Amore non è amore se muta quando scopre
un mutamento o tende a svanire quando l’altro si allontana.
Oh no! Amore è un faro, sempre fisso che sovrasta
la tempesta e non vacilla mai.
Amore non muta in poche ore o settimane,
ma, impavido, resiste al giorno estremo del giudizio;
se questo è errore e mi sarà provato,
io non avrò mai scritto e nessuno ha mai amato.”
Sonetto n° 116

William Shakespeare

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“A colui che è buono non può accadere nulla di male, né da vivo né da morto.”
Socrate

Il buon Socrate mostra la via, alla fine la vita è luce e ombra. Ieri si è stati nell’ombra, oggi nella luce.

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Concomitanze

“Non v’è rimedio per la nascita e la morte, salvo godersi l’intervallo.”
Arthur Schopenhauer

Concomitanze di eventi, ieri mi è giunta voce che mio cugino sta per diventare padre per la seconda volta e che mio zio ha lasciato questa vita per sempre.

Qualcosa di simile è capitato anche a me, poco dopo la mia nascita, mio nonno se n’è andò, tant’è che mia madre mi raccontò che il giorno che mi ha visto per la prima volta, mio nonno, esclamò: “Nascisti tu e mi stai ammuttannu.” Trad: “Tu nasci e mi spingi via.”
Io nascevo e lui andava via, già consapevole che la fine era vicina, un modo per affermare che la vita continua e che il nuovo sostituisce, sempre, il vecchio.

E così accadde, poche settimane dopo la mia nascita, mio nonno mori, non lo conobbi mai.

Avevo gli altri nonni, però, i due nonni materni e la nonna paterna. Oggi non ci sono più, il legame più stretto l’ebbi con mia nonna paterna.

Dietro i miei nonni materni c’era e c’è una storia triste, una storia che rispecchiava i tempi e un ambiente povero e ignorante. I miei nonni non potendo mantenere tutti i figli, decisero di dare mia madre – la più grande – alla sorella di mio nonno, all’epoca forse era usanza fare cosi. Non vi sto a raccontare i dettagli, vi racconto solo quel che mia madre ha, sempre, raccontato di quel periodo. Mia madre visse quel trasferimento come un abbandono, ulteriormente incattivito dal fatto che dopo essersi innamorata degli zii che la trattarono con sincero amore, fu strappata alle loro cure e al loro amore, per una lita con mio nonno. Mia madre non perdonò i miei nonni molto presto, ci vollero anni prima che ciò accadesse. Io vissi con distacco, distacco voluto da mia madre, i miei nonni materni. Solo dopo ci fu un riavvicinamento, ammetto, però, che i rapporti furono sempre alquanto freddi, non mi sentivo e non mi sono mai sentito uguale agli altri nipoti, di fatto non fui mai trattato come gli altri nipoti, questo accadde a me prima a mia sorella dopo.

L’unico affetto che ho avuto è stato per mia nonna materna, che vissi relativamente poco, mori quando avevo 15 anni.

 

 

Gli unici ricordi che ho di mio nonno paterno sono una foto e le storie che mi hanno raccontato mia madre e mio padre, racconti che oggi sono confusi e incerti. Poche cose ricordo.

Ricordo che mio padre mi raccontò che mio nonno adorava Frank Sinistra e che avrebbe voluto cantare.

C’era una canzone di Sinistra in particolare che mio padre amava e credo l’ascoltasse perché gli ricordava il padre.

 

Ho amato, ho riso e pianto
Ho avuto le mie soddisfazioni, anche la mia parte di sconfitte
E ora, mentre le lacrime si placano, trovo tutto così divertente
Pensare che ho fatto tutto ciò
E posso dire, senza timidezza
io, l’ho fatto a modo mio

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Dolcezze e amarezze della vita

Riallacciandomi alla riflessione condivisa nell’ultimo post, voglio aggiungere un tassello al pensiero, un tassello che segue per forza di cose la natura espressa in quel dì.

Tra gli elementi più rilevanti alla base del pensiero c’era e c’è il sesso.
Quando si parla di prostituzione si sottintende, anzi, si esplicita il sesso.

Nella coppia, è, in molti casi, l’ago, insieme al carattere e alle sue incompatibilità, che determina le dinamiche di scontro.
La mia compagna due anni fa ha subito un intervento chirurgico che ha provocato dei notevoli cambiamenti nel suo stile di vita e conseguentemente causato difficoltà.
Tra questi c’è il rapporto sessuale, in questo momento della sua vita, in cui lotta per adeguare un corpo e uno stile di vita nuovi, è passato in secondo piano, le sue necessità sono altre.

Le mie necessità, in questo contesto temporale potrebbero scontrarsi con le sue, è causare un conflitto tacito e silenzioso.
Questo è quello che accade, secondo me, nella mente degli uomini che per un motivo o un altro vedono chiusa quella porta, quel desiderio.

L’amore mi impedisce di vedere altro se non il suo benessere, il suo stare in pace con sé stessa, non la obbligherei mai a nulla che non fosse per lei un desiderio o una scelta, in questo caso ancor più d’amore. C’è da dire che per natura non sono mai stato tormentato dal sesso, è stata fortunata ad incontrare me 😀 lo so, me la tiro un pò, spero mi concediate questa lusinga.

Certo non è tutto rose e fiori, gli scontri ci sono, è nella nostra natura ancorarci a idee e giudizi e batterci per sostenerli.

Se con uno sconosciuto nulla impedisce di superare il limite del dolore, con chi conosciamo e amiamo quel limite dovrebbe esser invalicabile e invece. Sembra più facile offendere il nostro riflesso che un’ombra.

Amore e violenza, due parole che insieme non stanno bene, non le immagini complementari, ma opposte, la realtà sembra invece prepotentemente gridarci che camminino mano nella mano.

Persino l’amore più innocente quello per i figli vede la violenza un alibi per l’educazione.
Chi non ha mai ricevuto uno schiaffo o una cinghiata?

Amore!!! Quante parole ci sprechiamo e quanti alibi inventiamo per nascondere una natura incapace di viverlo a pieno.

Quanti versi per lusingarlo, provocarlo e infine incoronarlo.

Immaginate una stanza buia, l’unica luce, la luna sfumare delicatamente dalla finestra.
Immaginate un uomo innamorato, nel buio fa sue le forme indefinite del corpo dell’unica amata, tra le mani un oggetto, che quotidianamente usa per accedere la sigaretta, in quei momenti di tormento fisico.
Ecco!!! Ora immaginate.

Tre fiammiferi accesi uno per uno nella notte
Il primo per vederti tutto il viso
Il secondo per vederti gli occhi
L’ultimo per vedere la tua bocca
E tutto il buio per ricordarmi queste cose
Mentre ti stringo fra le braccia.
Jacques Prévert

Bella no? Che provate a leggere questi versi? Di certo passione, quella che fa arrossire il cuore e tenerezza per quel che la vita riesce a far sbocciare.

Quasi ogni mattina io e la mia compagna facciamo collazione, ieri mentre preparavamo, lei intenta ad uscire dal frigo le delizie, io occupato ad apparecchiare il tavolo, mi sono, senza alcun riguardo per la sua salute, messo a cantare, salute delle sue orecchie perché sono, letteralmente, stonato e così per il purò gusto di dedicarle alcuni versi mi sono impietosamente cimentato in una serenata mattutina.

Oje vita, oje vita mia…
Oje core ‘e chistu core…
Si’ stata ‘o primmo ammore…
E ‘o primmo e ll’ùrdemo sarraje pe’ me!

Potrei concludere, qui, questo pensiero, questa dedica alla mia compagna. L’unico e più grande amore della mia vita, ora insieme a Frida.

Ma aleggia, ancora, nell’aria la violenza, brutto da dire, pericoloso d’affermare, ma è presente nel mio cuore, non si dimentica quel che si è subito e vuoi o non vuoi riemerge a volte latente, come un vecchio e morente fiore di loto che galleggia isolato in un lago calmo e cristallino a volte esplode prepotentemente come le onde in tempesta che s’infrangano sulle rocche alte e violente e l’anima non può che spaurirsi.

Amore e violenza o odio che dir si voglia, due facce per la stessa moneta.
Potevo lasciarvi in bocca la dolcezza della vita e concludere, è, però, un’illusione, irreale, dovete assaporare anche l’amarezza per gustare a pieno la vita, senza illusioni, nella sua interezza, così comè: bella e tragica.

Ed è sempre la poesia a mostrare l’amarezza, come prima ha donato la dolcezza d’un amore delicato.

“[…]
Come sono salita su questo camioncino? Ci sono venuta io da sola? Muovendo i piedi uno dietro l’altro, dietro la loro spinta o mi hanno caricata loro, sollevandomi di peso? Non lo so. Non lo so.
È il cuore, che mi sbatte così forte contro le costole, ad impedirmi di ragionare… e il male alla mano sinistra, che sta diventando davvero insopportabile. Ma perché me la storcono tanto? Io non tento nessun movimento. Io sono come congelata.
Ora, quello che mi tiene da dietro non tiene più il suo ginocchio contro la mia schiena… s’è seduto comodo… mi tiene tra le sue gambe… divaricate come ho visto fare anni fa, ai bambini quando toglievano loro le tonsille. È l’unica immagine che mi viene in mente.
Ma perché la radio? Forse, forse perché non grido. Non c’è molta luce, neanche molto spazio, è per questo che mi tengono semidistesa. Oltre a quello che mi tiene da dietro, ce ne sono altri tre. Li sento calmi, sicurissimi. Che fanno? Si accendono una sigaretta.
Fumano adesso? Perché mi tengono così e fumano? Ho paura, sta per capitare qualcosa, lo sento. Respiro a fondo… due, tre volte. Ma non riesco a snebbiarmi. Ho soltanto paura. Uno, uno si muove, si ferma qua in piedi davanti a me, l’altro si accuccia alla mia sinistra, l’altro a destra, sono vicinissimi. Ho paura, sta per capitare qualcosa, lo sento. Aspirano profondamente le sigarette. Vedo il rosso delle sigarette vicino alla mia faccia.
Quello che mi tiene da dietro non ha aumentato la stretta, soltanto teso tutti i muscoli… li sento intorno al mio corpo come a essere più pronto… a bloccarmi. Il primo che si è mosso, si inginocchia tra le mie gambe divaricandomele, è un movimento preciso che pare concordato con quello che mi tiene da dietro, infatti subito i suoi piedi si mettono sopra ai miei, a bloccarmi.
Io ho sù i pantaloni. Perché mi aprono le gambe con sù i pantaloni? Sono a disagio, peggio che se fossi nuda! Da questa sensazione mi distrae qualcosa che non riesco a capire subito, un tepore tenue poi sempre più forte, fino a diventare insopportabile, sul seno sinistro. Una punta di bruciore. Le sigarette… le sigarette, ecco perché si erano messi a fumare. Io non so cosa debba fare una persona in queste condizioni, io non riesco a fare niente, mi sento come proiettata fuori, affacciata a una finestra, costretta a guardare qualcosa di orribile. Una sigaretta dietro l’altra sotto il golf, fino alla pelle, insopportabile. Il puzzo della lana bruciata deve disturbare: con una lametta mi tagliano il golf da cima a fondo, mi tagliano il reggiseno, mi tagliano… anche la pelle in superficie. Nella perizia medica misureranno ventun centimetri.
Quello che è inginocchiato tra le gambe, ora mi prende i seni a piene mani, le sento gelide sopra le bruciature… Quello che mi tiene da dietro si sta eccitando, sento che si struscia contro la mia schiena. Ora tutti si danno da fare per spogliarmi una gamba sola… una scarpa… sola. Ora uno mi entra dentro. Mi viene da vomitare. Calma, devo stare calma. Mi attacco ai rumori della città, alle parole delle canzoni. Devo stare calma. “Muoviti, puttana. Devi farmi godere”.
Non conosco più nessuna parola, non capisco nessuna lingua. Sono di pietra.
“Muoviti puttana, devi fammi godere”. Ora è il turno del secondo… Una sigaretta dietro l’altra: “Muoviti puttana devi farmi godere”. La lametta che è servita per tagliarmi il golf mi passa sulla faccia una, più volte, non sento se mi taglia o se non mi taglia. “Muoviti, puttana. Devi farmi godere”. È il turno del terzo. Il sangue dalle guance mi cola alle orecchie. “Muoviti puttana, devi farmi godere”. È terribile sentirsi godere nella pancia… Delle bestie.
Sto morendo, riesco a dire. Ci credono, non ci credono.
Facciamola scendere. Sì, no. Vola un ceffone tra di loro e poi mi spengono una sigaretta, qui, sul collo. Ecco, io lì, credo di essere finalmente svenuta. Sento che mi stanno rivestendo. Mi riveste quello che mi teneva da dietro come se io fossi un bambino piccolo. Non sa come metterla con i lembi del mio golf tagliato, me lo infila nei pantaloni e si lamenta, si lamenta perché è l’unico che non abbia fatto l’amore… pardon… è l’unico, che non si sia aperto i pantaloni, mi mettono la giacca, mi spaccano gli occhiali e il camioncino si ferma per il tempo di farmi scendere e… e se ne va.
Mi chiudo la giacca sui seni scoperti. Dove sono? Al parco. Mi sento male… mi sento male proprio nel senso che mi sento svenire… e non soltanto per il dolore fisico in tutto il corpo, ma per la rabbia, per l’umiliazione, per lo schifo… per le mille sputate che mi son presa nel cervello… per… quello che mi sento uscire. Mi appoggio a un albero… mi fanno male anche i capelli… certo me li tiravano per tenermi ferma la testa. Mi passo una mano sulla faccia… è sporca di sangue.
Alzo il bavero della giacca e vado. Cammino… cammino […]”
Stralcio da: “Lo Stupro” di Franca Rame.

Ogni tanto rivedo lo straziante monologo di Franca, dovrebbero mostrarlo con tutta la sua ferocia nelle scuole magari non medie, ma superiori, come esempio di quel che l’uomo non deve essere, di come si deve sentire guardandosi allo specchio, una merda, una vigliacco senza palle e intelligenza, così, come le donne devono comprendere che non è necessario conquistare il cuore di un uomo camuffandosi da puttana, fingendosi una puttana.

Un’amica con grande cuore e empatia, ha espresso la compassionevole volontà di comprendere anche la prostituta, distinguendola dalla puttana e forse ha ragione le prostitute a volte non sono puttane.
Cara amica, però, non ho pietà neanche di loro, come non ne ho dell’uomo che sbatte la faccia di una ragazza sul marciapiede, le strappa le mutandine e la violenta, solo perché a differenza di una puttana dice di no.

Principi e valori.

Come tanti homo sapiens dal nostro piedistallo in coro gridiamo alla pace, alla non violenza, al deporre le armi, e come tante teste di cazzo, tutti, nessuno escluso, facciamo finta di niente mentre armiamo mani e braccia che uccidono, alla faccia della morte. Allo stesso modo camminiamo a passo di lumaca con in mano fiaccole e manifesti in omaggio e ricordo della morta strupata di turno, gridando lo slogan più accattivante, mentre in silenzio si lasciano figlie e figli ruzzolare in un fango virtuale dove accattivanti pose e luccicanti labbra si vestano da puttane, togliendo piano, piano dignità e arte, quell’arte che rende un nudo una preghiera all’anima.

Eccola, la vita dolce e amara di ogni essere umano.

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Sospiri

“In tre tempi si divide la vita: nel presente, passato e futuro. Di questi, il presente è brevissimo; il futuro, dubbioso: il passato, certo.”
Lucio Anneo Seneca

Guardando i post precedenti, mi sono ritrovato a scorrere le pagine a ritroso fino al primo post.
4 parole contro le 943 dell’ultimo.

TUTTO INIZIA DAGLI OCCHI

Questo il primo pensiero condiviso. Da questo mi è nata una lugubre considerazione. Se tutto inizia (a mio parere) dagli occhi, tutto, dove o come finisce?
Mi verrebbe da scrivere da un sospiro.

“Ero a Venezia sul Ponte dei Sospiri; un palazzo da un lato, dall’altro una prigione; vidi il suo profilo emergere dall’acqua come al tocco della bacchetta di un mago”
Lord George Gordon Byron

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Considerato oggi il ponte dell’amore o il ponte degli innamorati, la leggenda vuole che scambiandosi un bacio sotto il suo arco su una gondola nel momento preciso in cui il Campanile di San Marco fa sentire le sue campane, si assicura il proprio amore all’eternità!

Il Ponte dei Sospiri è uno dei luoghi più romantici di Venezia. A dispetto del nome i sospiri a cui fa riferimento non sono, però, i sospiri degli innamorati.

Ai tempi della serenissima il ponte dei sospiri veniva attraversato dai condannati o dai detenuti in attesa di giudizio. Trascinati a volte in catena dagli uffici dei tribunali di Palazzo Ducale alle Prigioni o viceversa, i sospiri erano, in realtà, i lamenti per le dure condanne che questi dannati ricevevano dalla giustizia del Doge.

Perché vi sto raccontando tutto questo?

Non certo per descrivervi la bellezza architettonica, che di certo vale, del meraviglioso ponte veneziano.

Ci sono luoghi che sono unici per bellezza e storia e poi ci sono luoghi che entrano nell’anima perché raccontano solo noi.

C’è un posto nel mondo dove il cuore batte forte, dove rimani senza fiato per quanta emozione provi; dove il tempo si ferma e non hai più l’età.
Quel posto è tra le tue braccia in cui non invecchia il cuore, mentre la mente non smette mai di sognare.
Alda Merini

Ricordo, quasi tutti, i luoghi del mio amore. Ricordo il luogo dove le ho dato il primo bacio, il luogo dove lei, finalmente, dopo tanti no, ha risposto sì, ricordo il primo luogo dove la macchina nel buio ha sostato. Difficile, è, ricordare il momento in cui, l’amo, è sbocciato, la consapevolezza di quel momento, se devo usare le parole di Seneca, è una certezza che unisce i tempi dell’anima.

Accorgersi di esser innamorati, è accorgersi di non esser più soli.

Ogni tanto ho bisogno di ricordare che la vita è anche poesia.

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Il fascino del forte

Ieri è capitato quello che io e mia sorella speravamo non accadesse.
Era già da un pò che stava palesando un atteggiamento ribelle e contestatario, in fin dei conti fa parte della crescita contestare i genitori.
Mio nipote, da inizio anno maggiorenne, ha palesato com’è naturale per la sua l’età, l’età in cui si iniziano a prendere decisioni e seguire ideali, una posizione di pensiero, oggi, purtroppo molto in voga. Colpa, probabilmente, anche della sua attività sportiva, il pugilato.

Ieri c’è stato un acceso dialogo, sulle sue posizioni che stanno, sempre più, andando verso un estremismo nazionalista.
Colpa della madre a detta sua, troppo “inclusiva”.
Come spesso accade la vittima diventa o rischia di diventare carnefice, lui che da bambino veniva preso in giro, oggi prende in giro e critica chi è diverso da lui.

È arrivato a dire – secondo me per pura provocazione, troppo giovane per comprendere il senso profondo dell’affermazione – che è, fascista, ma non il fascista criminale e razzista, quello moderato, perché all’interno del fascismo c’erano anche i moderati che non accettavo la violenza gratuita fine a se stessa. È il fascismo che ha lasciato del buono, quello che adottava un metodo autoritario che oggi manca a detta sua, il fascismo che considerava la violenza come necessaria solo in alcuni casi. Questo mi fa capire che il suo è un pensiero indotto da una nicchia di idealisti, forgiati da un contesto fortemente agostico e nichilistico.

Da tutto questo ci siamo resi conto che il ragazzo è ottuso.

“È una caratteristica delle menti istruite accontentarsi del grado d’esattezza consentito dalla natura dell’argomento e non cercare l’esattezza laddove solo l’approssimazione è possibile.”
Aristotele

Non è mai l’ignorante che fomenta l’odio ideologico, è l’istruito che non va oltre la sua condizione di comprensione, che si ferma all’approssimazione ideologia di una verità, creando inevitabilmente danni e divisioni. Chi crede di sapere tanto da escludere il sapere insito nella sua opposizione, trasforma un’idea in un’arma.

Comprendo che è giovane e che la maturità porterà altre posizioni, ma riflettendoci, ieri, mi sono dovuto arrendere al fatto che il fascino del forte (per non dire male) è, in alcuni casi, irresistibile.

Per chi è stato un debole, rivalersi, può diventare come una droga, un effetto allucinogeno che può dare dipendenza.
Il mondo diventa il nemico su cui scatenare, rabbia e frustrazione.

Più è diverso il riflesso più è acuta la cuspide che punge.“Sei grassa”, non è un insulto è, solo un evidenza, un fatto, che non può portare a definirmi bullo, “io non me la prendo se mi dicono ottuso”. Ecco cosa pensa la gioventù d’oggi, questi i ragionamenti sfiorati ieri con mio nipote.

Ad un certo punto gli esempi cambiano, prima sono i genitori, dopo le celebrità, poi …. Bisogna con intelligenza e dialogo contrastare ogni esempio che possa nuocere, ma anche qui è questione di prospettiva, per me la Meloni è un brutto esempio, per altri è invece la guida da seguire.
È tutto relativo. Il buon senso? Un punto di vista.

Stamattina sono uscito con Frida una passeggiata, oramai è quasi libera e può godersi le belle giornate. Mentre passeggiavamo abbiano incontrato una signora con un cane e poi un’altra ancora, quest’ultima ha detto una frase che rispecchia gli esempio sbagliati che girano e che il tempo ha reso verità da usare come giustificazione per la paura, il pregiudizio e perché no anche la violenza.
La signora ha riconosciuto in Frida la razza pitbull, ed ha sorridendo detto, che si è fermata solo perché era cucciola, se era adulta non si sarebbe fermata, anzi, avrebbe cambiato strada, non si fida dei pitbull, ne ha visto uno uccidere un altro cane.

Ho cercato di spiegare insieme all’altra signora che non è il cane, “cattivo”, ma il padrone, il pitbull come ogni altro cane se educato con amore non attacca nessuno. E anche fosse non sarebbe da meno certo dell’essere umano, che a violenza non è secondo a nessuna razza.

Il pitbull è riconosciuto come un esempio di violenza e brutalità, e lo è.
È l’esempio della violenza e della brutalità che un uomo ha nel cuore. Il pitbull è l’esempio di quello che l’uomo può infliggere ad una creatura innocente e incapace di far male.

“Quelli che rendono impossibili le rivoluzioni pacifiche rendono le rivoluzioni violente inevitabili.”
John Fitzgerald Kennedy

Era una soleggiata giornata primaverile. Come ogni sabato Giulia si recò dalla nonna materna per accompagnarla a fare una passeggiata lungo la spiaggia. All’anziana donna faceva bene camminare e respirare l’aria di mare, e Giulia adorava passare del tempo con sua nonna con la quale spesso si confidava.
Quella mattina la giovane ragazza era molto triste per aver rotto con il suo fidanzato la sera precedente.
Parlando del suo stato d’animo con la nonna, chiese: “Come si fa a mantenere un amore e farlo durare?”
La nonna guardò la nipote e le rispose: “Raccogli un po’ di sabbia e stringi il pugno…”
Giulia strinse la mano attorno alla sabbia e vide che più stringeva, più la sabbia gli usciva dalla mano.
“Credo di capire cosa vuoi dire, nonna. La sabbia scappa” – disse la ragazza.
“Ora tieni la mano completamente aperta…” – aggiunse la nonna con un sorriso.
Una folata di vento portò via molta della sabbia rimanente.
La nonna sempre sorridendo disse: “Adesso raccogli un altro po’ di sabbia e tienila nella mano, mantenendo la mano aperta come se fosse un cucchiaio…”.
Giulia fece quanto suggerito e capì.
La sabbia non sfuggiva dalla mano ed era allo stesso tempo protetta dal vento, perché la mano era sufficientemente chiusa per custodirla e sufficientemente aperta per lasciarle la sua libertà.
“Ecco come far durare un amore”

La storia potrebbe esser all’apparenza slegata dalla prima parte della mia riflessione, ma nulla è slegato dalle mani che accudiscono, proteggono e insegnano.

Che sia un ragazzo o un cane, che sia una singola voce o un popolo intero è nel modo in cui noi tutti accogliamo le parole e con le parole le emozioni, che si forgiano idee di pace.

poveroMani

Buon 25 Aprile a tutti.