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Capire o non essere

Oggi, sinceramente, era nelle mie intenzioni esser breve.
Augurare un felice giorno dell’immacolata e rileggerci domani.

Ma quando lesto arriva il desiderio di scrivere: Si scrive.
In questo caso il termine corretto è, rispondere. Rispondere ad una domanda che mi è stata generosamente posta, da un’amica commentatrice, che con il sorriso, da Donna (una parola pesante che porta con sé un passato importante) risponde alla mia riflessione scrivendo:

“Capire una donna?? Sicuramente ci sono uomini che hanno una sensibilità più spiccata
e quindi riescono a intuirne l’umore ,capiscono il valore della collaborazione ,dell’essere genitore
ma da qui a capire quello che passa nella testa a una donna ce ne passa*___*o no?”

Ora, c’è il rischio che venga fuori un post un pò lungo, ma non m’importa, ho sempre invitato chi mi visita a evitare di leggermi, se non è disposto a perdere un pò di tempo.

Nella domanda posta dell’amica commentatrice c’è un errore di fondo, causato da me.
Non ho espresso bene il concetto.

La causa di questo errore è in parte da imputare ad un comportamento che ho messo sotto l’occhio giudicatore, già più di una volta:

La generalizzazione.

Ho generalizzato, un errore comune oggi. L’italiano è una lingua stupenda, tra i più ricchi idiomi del mondo, ma ahimè è tra i più poveri in termini d’uso. Il 50% della popolazione conosce solo metà delle parole che questa lingua ha nel suo vocabolario. La triste conseguenza a questa povertà è, che si tende a utilizzare sempre gli stessi termini. Da timido, da ragazzo che parlava poco è, un mio peccato. Seppur ho cercato di ampliare il mio vocabolario, l’indole, quel sentire che blocca, mi tronca le parole.

Capire!!! Dietro questa parola c’è un universo di significati. Una moltitudine di schemi e comportamenti che uniscono e separato.

Non mi capisci! Non mi hai mai capito! Capisci solo quello che vuoi! Fai finta di non capire! ecc. ecc. ecc.

Se cercate il vocabolo nel dizionario, esce fuori un lungo dettato sul suo significato (molto interessante) e non mancano i sinonimi: Comprendere, intendere, cogliere, concepire, afferrare, intuire, sentire, percepire, accorgersi, avvedersi, rendersi conto, ecc. ecc.

Capire una donna!!!

Quando ho scritto che la riservatezza mi ha permesso di capire me stesso e le ragazze, e nel tempo le donne, ho commesso l’errore di non specificare la natura di quel: Capire.

Contraddizioni!

In un precedente post ho scritto:

Che per quanto tempo passerò e passeremo, per quante confidenze, confiderò e mi verranno confidate, io non capirò mai fino in fondo la mia compagna e lei non capirà mai fino in fondo me.

Quel capire non era sinonimo di: Essere.

Un individuo nel suo intimo è indecifrabile, a volte persino per se stesso. È presuntuoso pensare di riuscire a comprendere l’universo che vive ed esplode nel suo più profondo essere, dentro quell’anima che è invisibile e irragiungibile.
Se è vero che nell’anima vi è il tempio in cui Dio dimora e parla a noi. Non esiste abbastanza saggezza e intelletto per riuscire anche solo a vedere la porta di quello spazio.

Per rispondere all’amica:
No!!! Non si può capire quel che passa, faccio una correzione, non nella testa, non si può capire quel che passa nell’anima di una donna.
Attenti, però, al pregiudizio.
Ho nella mia esperienza da uomo, constatato come la donna, per giusta causa dovrei dire (secoli di sopraffazioni lasciano profonde ferite e profonde diffidenze), abbia creato un pregiudizio sulla natura dell’uomo.
L’uomo non capirà mai la donna, la giusta presunzione della Donna. La donna comprende, crede di comprendere invece, sempre, l’uomo. Comprende le sue intenzioni, comprende le sue interazione, comprende le sue passioni e perversioni.

Orgoglio e pregiudizio titolava Austen. 🙂 Orgoglio di Donna, che vuole rivalersi su un uomo rimasto al palo dell’ignoranza e della violenza.
Ma è un fatto anche questo. Non capirete mai fino in fondo l’anima di un uomo.
È questa la differenza che intendevo, quella differenza che non è limite, ma illimitato orizzonte.

Veniamo ora a quel capire le ragazze e poi le donne.
Quel capire era sinonimo di: Interazione, comunicazione.

Io comunico, parlo, scrivo, disegno, ma non sempre vengo compreso. In cosa? Nel messaggio che voglio dare.
Questo era il senso che volevo esprimere in quel tratto di pensiero.
Capire la relazione che s’instaura tra uomo e donna, quel dare e ricevere.
Dare è facile, molto, facile, ricevere è ben diverso. Ed è lì, che l’incomprensione, l’incapacità di capirsi, crea la distanza e porta a volta l’uomo, figlio d’una linea di sangue fatta di conquiste e dominio, a pretendere e il frutto della pretesa non è mai un dono.

Non è un discorso semplice. Non esser capito è stato fin da piccolo un profondo dolore, ed è stato più facile per gli adulti dire: è timido tranquilli, lui sta zitto e buono, si mette nell’angolino e non da’ fastidio, piuttosto che chiedersi, domandarsi il perché del mio silenzio, il perché del mio stare immobile.
Con la mia compagna ho dovuto correggere il mio modo di parlare.
Prima di conoscerla ho sempre usato l’espressione:
Non mi hai capito.
Oggi dico: Non mi sono spiegato.
Perché? Perché per la mia compagna è giusto che le responsabilità siano nostre e non di chi ascolta. Se non vengo capito non è colpa di chi ascolta, ma mia che non riesco ad esprimermi. È relativamente scorretto quindi dire: Non mi comprendi o comprendete.
E tutto sommato è più logico (nel mio caso è anche vero), è un tendere la mano.

Comprendersi è la nemesi della società umana, il peccato della modernità.

Indifferenza, guerra, violenza, sono figlie dell’incomprensione.

Esiste tutto un pensiero, un’ideologia, una letteratura che tendenzialmente antepone al capire, virtù e vizi.
“Le donne sono fatte per essere amate, non per essere comprese.”  il buon vecchio Oscar Wilde.
Caro Oscar non puoi amare una donna se non prima la comprendi, non l’ascolti.
Einstein ha saputo esser più sensato, ma era un genio:
“La gioia nell’osservare e nel comprendere è il dono più bello della natura.”

Spero d’aver espresso in modo più chiaro il mio concetto, probabilmente non era necessario.
Ma come ho più volte scritto, scrivo per mio gusto, per esprimere quel che sento, vivo in molti casi e percepisco del mondo, per capire 🙂 me stesso.

Ora posso auguravi un felice giorno dell’immacolata.

 

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Buona giornata a tutti.

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Capire gli altri

Dai commenti ricevuti ho colto spunti per alcune riflessione.
Ciò che ho scritto fino ad ora è, in verità, una lunga riflessione su quel che sento e provo.

Sentire e provare.

Possono sembrare la stessa cosa, ma non lo sono.
Potrei fare una distinzione e affermare: Quel che sente la mente e prova il cuore.
Riuscire a mettere questi due inquilini sulla stessa sintonia è un impresa.

Passiamo la vita su due fronti: Cercare di capire gli altri e cercare di capire noi stessi.
Da questo nasce come ho scritto in una precedente riflessione, la necessità di approvazione.

Capire gli altri.

Come direbbe un amico, bella rottura di …..
Ma a meno che non siamo monaci che hanno scelto di passare la vita dentro una grotta, la nostra vita è costruita sulle relazioni.

Lavoro, amicizie, sport (per chi lo fa), famiglia, amore.
Da ognuno di queste sfere riceviamo qualcosa. Qualcosa di bello e qualcosa di brutto, a volte del bene a volte del male.
Ed è nei momenti di solitudine che si fa un bilancio e sì! C’è chi pesa ciò che ha ricevuto e se ne fa un problema. Tutto sommato è naturale, farsene un problema, perché anche da questo dipende il modo in cui noi ci approcciamo. A questo punto la domanda mi nasce spontanea.

Voi come fate a capire chi avete davanti?

Dice il saggio: Non giudicare per non esser giudicato.
Ma come fai a capire e fidarti di chi hai accanto se non inizia un tuo processo interiore, con tante piccole sentenze, di condanna a volte e assoluzione altre? Come fai?
Non sapete quante volte dico alla mia compagna, che mi giudica a volte troppo severamente.
In molti casi posso dire, ha motivo del giudizio severo.

Hemingway disse: “Il modo migliore per scoprire se ci si può fidare di qualcuno è di dargli fiducia.”
Per il grande Hemingway il rischio valeva la candela. Per chi lo conosce sa, che Ernest era ben più che uno scrittore, ma un uomo che amava la vita in tutto il suo spettro: calma e tempesta.
Io credo che abbia ragione e che per capire la vita la devi vivere. Per capire la paura devi avere paura, per capire l’amore devi amare, per capire l’odio devi odiare, per capire il dolore devi soffrire.
Ora, bisogna stare attenti, molto attenti.
Perché è facile arrivare ad un pensiero di puro estremismo, un pensiero epicureiano di valori assoluti privo del limite stoico della logica.
Perché potresti arriva a pensare che: Per capire il tradimento, devi tradire, per capire lo stupro devi stuprare, per capire l’omicidio devi uccidere. No! Non sono logiche illuminate.

La pace ha un significato e chi non comprende che in essa è intrinseca la percezione, la distinzione tra bene e male, non ha capita un cazzo (scusatemi, ma passatemi l’epiteto).
E le giustificazioni: C’è male e male o ciò che per me può esser sbagliato, può esser giusto per un altro, è valido fino ad un certo punto.
Il moralismo non è il contraltare della libertà.
Perché la libertà si misura, non su quello che ti è e ci è concesso, ma su ciò che concedi e permetti all’altro e questo porta a valutare cosa è o può esser giusto considerare una privazione della nostra libertà.
Perché se arrivi e arrivo a capire che non voglio essere tradito, allora posso arrivare a capire che non devo tradire, così come se arrivo a capire che non voglio esser stuprato o ucciso, posso capire che non si deve stuprare, né uccidere.
Duemila anni fa un ebreo con parole più semplice e diretta affermo questo:
“Tutte le cose che volete che gli uomini vi facciano, fatele anche voi a loro”. Cristo mutò la frase originale dando un significato più ampio.
Cosa volete che vi venga fatto: il bene o il male?
Lunghi da me pensare che c’è qualcuno che dica il male (tranne che non si è un sadomaso).
Il bene! Si sceglie il bene ed logico che sia bene, ciò che si deve fare agli altri.

Ecco, può esserci tanta retorica in questo discorso.
Ma il punto iniziale da tutto questo, trova forti fondamenta. Capire gli altri, passa dalla fiducia che si da’ e da ciò che si è, rispetto a quello che si fa per gli altri.
Come ho detto, bella rottura di ….. 🙂
È molto più conflittuale, però, capire sé stessi.

 

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