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Brutte abitudini

Eccomi ancora una volta. Anche questo nuovo post sarà un po’ pesante, per lo meno dal mio punto vista.

 

Contenuto vietato ai minori di 14 anni.

 

Abitudini.

 

Di certo avrò già scritto in passato qualche riflessione sul tema, è abitudine tornare su pensieri già vissuti.

 

“L’enorme carico di tradizioni, abitudini e costumi che occupa la maggior parte del nostro cervello zavorra impietosamente le idee più brillanti e innovative.”

Josè Saramago

 

Vecchi e nuovi aforismi, perle gettate qui e lì. Un’altra mia abitudine.

Non è semplice percepire i nostri comportamenti e come un’espressione matematica, estrarli dalla formula. E da quella formula, tra gesti e parole, riconoscere le variabili e le costanti che ne incatenano la logica.

Stamattina mi è capitato di assistere ad una scenetta che non saprei definire.

Nelle ore che passeggio Frida, mi capita d’incrociare di continuo runner e ciclisti che corrono. Uomini e donne che, a passo di marcia, mi sorpassano a destra e a sinistra.

Oggi! arrivato in piazza, vedo una giovane ragazza, che fa piegamenti su una panchina. Esercizi, molto probabilmente per sciogliere l’acido lattico o mantenere i muscoli caldi dopo la corsa.

Ad una decina di metri, un gruppo di uomini, quattro per l’esattezza, la fissano ridendo, come si suol dire, sotto i baffi.

La ragazza in tenuta sportiva indossava una tuta molto aderente. Le temperature sono quasi primaverili dalle mie parti, è comune quindi vedere ragazze e ragazzi vestiti con tute aderenti – ideali per la corsa – sovente con braccia e gambe scoperte anche in questa stagione.

I movimenti della ragazza erano, se visti fuori dal contesto, abbastanza sexy, oserei dire erotici, si piegava a gambe divaricate, mostrando in tutta la sua tonicità il sedere.

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Non è la ragazza che ho visto, ho condiviso questo scatto preso dalla rete solo per far capire cosa quei quattro uomini vedono.

Un paio di volte ho visto due dei quattro uomini toccarsi i genitali, probabilmente in tutto questo non c’è nulla di male, un po’ d’imbarazzo io, però, l’avrei provato. Tante che i quattro ad un certo punto si sono avvicinati costringendo la ragazza accortasi del siparietto a riprendere la corsa, credo, un po’ infastidita.

 

Brutta abitudine, per l’uomo, questo comportamento. Il voyerismo è comune tra gli uomini, per molti potrebbe anche avere una logica e una sana utilità. Perché si sa! Guadare è sempre meglio che toccare.

 

L’uomo è attratto dalle forme della donna, è un fatto chimico. Le rotondità della donna sono una selezione naturale da parte dell’evoluzione. Lo scopo? Attrarre il maschio riproduttore che è in noi.

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A volte mi chiedo?

L’istinto a tradire è frutto dell’occasione che fa l’uomo ladro?

O è frutto della sua natura, frutto di quello sguardo intriso di libido e ormoni che non riesce a distogliersi da una scollatura o uno spacco?

Non sono perfetto, ho una moltitudine di difetti, il tradimento, per lo meno quello legato alla coppia, non mi è, però, mai appartenuto. Capita, sì, che l’occhio a volte cade, la moda attuale è troppo appariscente a volte. La mia natura riservata non mi ha, però, mai permesso di approcciarmi con altri esseri umani in maniera naturale, ho difficoltà già solo a trovare le parole per iniziare un dialogo, pensare a fare sesso con chi ho davanti non si è mai, neanche, palesato nell’anticamera dei miei pensieri. Triste? Per alcun teste di cazzo di certo. Ne conosce parecchi che mi considerano un fesso, per alcuni (umani legati dal sangue) persino un frocio. Ho visto stupore e sollievo anche nei miei parenti più stretti, il giorno che ho presentato la mia compagna. Abitudini che si percepiscono.

E devo scrivere da quel che ho vissuto e vivo, che era ed è ancora oggi, in certi ceti, un’abitudine per il siciliano essere maschio e virile.

Se c’è una donna o ragazza avvenente, con le forme ben in vetrina, è quasi un rito provarci, quasi un dovere guardarla come se mai donna avesse messo piede sulla terra. E alle donne piace tutto questo, magari non a tutte, ma a gran parte sì.

Da ragazzo, poi, non avevo un bel rapporto con il mio corpo, è questo frena nell’approcciarsi con l’altro sesso e mette davanti a noi a me in questo caso, tante inibizioni.

Le ha messe per lo meno. La maturità aiuta, l’esperienza aiuta, nel tempo qualche trucco s’impara.

Al di là di quel che si dice, di quel che diciamo noi timidi, noi sfortunati o sfigati, la solitudine non è mai una conquista, quando, invece, una eredità giunta per caso.

La brutta abitudine di sentici soli, non è poi così costante.

Aggiungo inoltre, che chi dice: “sto bene da solo o sola”, in realtà mistifica la verità e muta il vero significato della solitudine.

Perché di fatto non si è mai soli.

Siate onesti e oneste con voi stessi/e.

Le volte che si dice: “io sto bene da solo o sono sempre stato bene da solo o da sola”, in realtà non si vive la solitudine, ma una sorta di evasione da uno scorcio di vita, che vuoi o non vuoi, ci ha segnato e continua a segnarci.

Ritagliarsi un paio d’ore di solitudine, o un giorno, o persino una settimana, non basta a dare forma alla solitudine e alle sue profonde inquietudini.

Il mal di vivere, invece, è una costante e un’abitudine, una brutta abitudine.

 

“Qualsiasi essere amato – anzi, in una certa misura qualsiasi essere – è per noi simile a Giano: se ci abbandona, ci presenta la faccia che ci attira; se lo sappiamo a nostra perpetua disposizione, la faccia che ci annoia.”

Marcel Proust

 

Che frase triste e sconsolata, degna del più disilluso decadentismo.

Chissà!!! Visto i tempi, se mai fine abbia avuto questa corrente?

Il senso della frase sembra chiaro: Qualunque cosa facciamo non ci rende felice, non ci rende soddisfatti. È il mal di vivere.

 

Brutta abitudine.

 

Com’è che da tette e culi sono arrivato al mal di vivere?

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Sono onesto, in queste ragazze più che libertà, vedo un profondo mal di vivere.

Forse è questa la natura dello stupro. Fottersi la vita, fottersi il cervello.

Lo sappiamo cosa succede quando siamo in prende all’eros, al brivido che per pochi minuti ci rende illogici e incapaci di fermarci.

Uno, due, forse tre uomini su venti riuscirebbero a tirare fuori il loro pene quando dentro la donna lei dice: NO, BASTA.

Non so!!! Per la donna è lo stesso? Ho avete più controllo?

L’orgasmo è una bella abitudine, anche la verginità era una bella abitudine.

Oggi però è, per questa società, questo il modo di percepire l’amore:

 

Fottersi.

Fottersi.

Fottersi.

 

Nel pronunciare questa parola, non avvertite un disagio e al tempo stesso un perverso compiacimento.

Fottersi la vita, ha un senso.

Fottersi il cervello, ne ha un altro.

Ciò che è sempre lo stesso è il linguaggio che lega i comportamenti. Che siano di rivalsa o di disfatta, l’atto che prevale sulla morale è lo stesso che descrive la violenza della vita e con essa la sua fine.

Un lungo atto sessuale che può generare, vita o morte, piacere o dolore.

La riflessione di fatto è diventata un po’ a luci rosse.

Ma convengo in questo con Freud. Per il celebre analista, l’amore o è narciso o è nostalgico, in entrambi i casi doloroso e perverso e per naturale evoluzione sessuale.

Al solito esondo i miei limiti e vado oltre quel che avevo intenzione di descrivere.

A volte mi chiedo se non sarebbe meglio limitarmi a condividere un semplice aforisma e una canzone, invece di mettermi a vaneggiare come un folle.

Per ritrovarmi, alla fine, anello dopo anello, incatenato alle parole e all’ossessione.

Si scrive per tanti motivi, in linea di massima tutti giusti.

Un cantastorie tramanda vite, un poeta la denuda, la vita. Io che non sono né l’uno, né l’altro racconto il vuoto dell’anima.

 

Oh me, oh vita!

Domande come queste mi perseguitano,

infiniti cortei d’infedeli,

città gremite di stolti,

che vi è di nuovo in tutto questo,

oh me, oh vita!

Risposta: Che tu sei qui,

che la vita esiste e l’identità,

Che il potente spettacolo continui,

e che tu puoi contribuire con un verso.

Walt Whitman

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Questa è tra le più belle poesie di Whitman, tra le più belle della letteratura.

Il mal di vivere è un vuoto, un vuoto insostenibile.

Nel raccontarlo si può forse riempierlo.

Persino forse dare una descrizione dei suoi limiti, dare forma alle pareti e al suo fondo.

Perché è ancor peggio, non sapere.

 

Io tocco i miei nemici col naso e con la spada

Ma in questa vita oggi non trovo più la strada

Non voglio rassegnarmi ad essere cattivo

Tu sola puoi salvarmi, tu sola e te lo scrivo:

Dev’esserci, lo sento, in terra o in cielo

Un posto dove non soffriremo e tutto sarà giusto

Non ridere, ti prego, di queste mie parole

Io sono solo un’ombra e tu, Rossana, il sole

Ma tu, lo so, non ridi, dolcissima signora

Ed io non mi nascondo sotto la tua dimora

Perché oramai lo sento, non ho sofferto invano

Se mi ami come sono, per sempre tuo

Per sempre tuo, per sempre tuo Cyrano

Francesco Guccini “Cirano”

 

Riempitevi l’anima di poesia e bellezza e verrà da sé,

che!!!

 l’amore che vive nell’atto

verrà declamato con le forma della virtù.

Allora accadrà!

Quel verso cercato sarà trovato.

Quel vuoto, riempito.

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Scusate il lungo post e il suo contenuto.

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Confort

Rispondendo ai commenti, ho in tutti o quasi espresso lo stesso pensiero:
Viviamo un momento di esasperazione che ci porta come animali in gabbia a incattivirci, ad esser, sempre, incazzati.

Ho scritto poi:
Amando la storia ho letto tanto e direi che i momenti di transizione si ripetono periodicamente […]

Questo è un momento di decadenza sociale e culturale.
Ma non è stato il solo e non sarà, certo, l’unico, se vogliamo, però, esser precisi e fare un pò di ripasso, il Decadentismo per eccellenza è stato un movimento letterario della seconda metà dell’Ottocento.

All’epoca poeti e artisti insoddisfatti e nauseati dalla società, colpevole di essere ipocrita, cercarono attraverso l’arte e la letteratura un modo per aprire le menti dei borghesi che tanto disprezzano.

Oggi la letteratura e l’arte fanno lo spesso?
Una parte di mondo che cerca di fare la cosa giusta c’è, magari piccola ma c’è.

Se scrivo al di fuori della mia personale esperienza ed esprimo, semplicemente, le mie opinioni su quel che accade attorno a me, il risultato, più o meno, è sempre lo stesso, un prendere la posizione su due linee bene distante. Essere falchi o essere colombe. Che è un modo per esprimere nel primo caso, un ideale di società chiusa e rigidamente razzista su ogni cosa, nel secondo caso, un ideale di società aperta e sempre accogliente.

Quel che è, sempre, uguale è la noia che sovviene ad un certo punto a guardare fuori della finestra.
Si arriva a stancarsi di parlare di quanto fa schifo questa società.

Quindi si torna a quei comodi, confortevoli e sicuri argomenti, che sono una garanzia per il cuore e la mente: amore, speranza, arte.

CUORE: “Che bello! Decliniamo l’amore, io so tutto dell’amore.”

MENTE: “Ma qual amore? Meglio analizzare gli atomi o meglio esplorare il cosmo o meglio ancora il sesso.”

Che scrivere?

Si racconta che una volta due grandi amici decisero di attraversare il deserto. Si fidavano l’un con l’altro e sentivano di non poter chiedere una compagnia migliore. A causa della stanchezza, però, i due ebbero una divergenza di opinioni.
Dal disaccordo passarono a una discussione e da questa a un dibattito acceso. La situazione degenerò al punto che uno degli amici colpì l’altro. Questi si rese subito conto dell’errore commesso e gli chiese perdono. Allora, colui che era stato colpito scrisse sulla sabbia: “Il mio miglior amico mi ha colpito”.
Proseguirono il cammino fino a ritrovarsi in una strana oasi. Non erano ancora entrati quando il terreno iniziò a muoversi. L’amico che era stato colpito iniziò ad affondare. Era una sorta di palude. Il suo amico si allungò come poté, mettendo a rischio la sua vita, e lo salvò.
Proprio allora il ragazzo che era stato colpito e poi salvato scrisse su una pietra: “Il mio migliore amico mi ha salvato la vita”. L’altro lo guardava con curiosità, così gli spiegò: “Tra amici le offese vengono messe per iscritto solo affinché le porti via il vento. I favori, invece, vanno incisi profondamente affinché non vengano mai dimenticati”.

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