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Tutto ha un costo

Capita di litigare, è nella natura umana il conflitto. A volte, però, è indecifrabile il motivo che mi spinge a cadere in questa trappola emotiva.

Ieri, litigo con la mia compagna. La cosa che mi ha lasciato perplesso è che non era nelle mie intenzioni, ho semplicemente dato una risposta. Se è di gradimento, va bene, tutto prosegue in armonia, se è non gradita, divento qualcosa o qualcuno che va punito.

Mi rendo conto che nel cuore del litigio, si diventa ciechi alle altrui visioni e si sostiene a spada tratta la propria posizione, anche a costo di farsi male e far male. A volte, è assurda, però, la cecità che si persevera anche dopo, quando ogni rumore cessa e tutto è silenzio.

Avrò poi ragione? O ha ragione la mia controparte?

 

“La pazzia, a volte, non è altro che la ragione presentata sotto diversa forma.”

Goethe

 

Alla fine, ho semplicemente esposto un fatto – per me – un fatto non è un’accusa, se lo presenti come tale. Ho ripetuto, con sincerità e onesta, alla mia compagna, “non ti sto accusando”, dico quello che è successo.

E cosa era successo?

Beh, conta poco. È sempre, o un malinteso, o un’incomprensione, o più semplicemente vedute diverse. Quel che mi spiazza è, che lei reitera nei miei confronti una sorta di punizione. Non mi parla, si mostra scostante e accigliata e smette di fare quei piccoli riti che sono un nostro atto di gentilezza (amore) reciproco, poi gli passa naturalmente. Ma di fatto non comprendo questo, infantile, atteggiamento. Io già dieci minuti dopo il litigio, depongo le armi a terra, e porto le solite idee, le solite frasi, per riconciliarci.

Alla fine, non è successo nulla. Le dico. Dimentico subito (io), è nella mia natura. Una difesa che la mia mente ha eretto fin dai primi anni di consapevolezza.

Non posso però evitare un pensiero. Non comprendo, come faccia un essere umano a perseverare un atteggiamento negativo. Non voler andare oltre. Perché anche se dopo tutto passa, nulla è risolto. Non si è parlato, questo è un (suo) vizio. Si lascia scemare la cosa senza risolvere nulla, senza chiarirsi o perdonarsi. Non dico che sia sbagliato – ognuno ha la sua verità di cosa è giusto e sbagliato – dico semplicemente che non comprendo (un mio limite).

In passato gli stavo dietro e cercavo il chiarimento (con la mia compagna) ad ogni costo, risultando forse fastidioso e impertinente.

Oggi, anche con lei, ho messo distanza, è ineluttabile.

Devo accettare la sua natura, le sue forme litigiose e le sue risoluzioni. Darle spazio.

Questo porta ad un’inesorabile conclusione.

Sono, sempre è comunque, solo.

 

C’è un’idea comune che avvolge le relazioni.

L’idea che va rispettato lo spazio altrui, anche di chi ami. Soprattutto di chi ami.

È giusto!!! Ma ha un costo. Tutto ha un costo.

 

Cosa ho imparato? Che ho cercato l’amore per trovare una compagna. Che ho amato e amo per non sentirmi solo, per essere parte di qualcosa. Quando, poi, sono diventato parte di quell’unicità, si è preteso un prezzo per la diversità che porto.

Restare sé stessi ha un prezzo. A volte difficile da pagare.

L’inevitabilità della vita.

 

La-cultura-moderna-ha-cancellato-la-morte_articleimage

 

 

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Essere o non essere

Le bugie hanno le gambe corte.

Proverbio che tutti una volta nella vita, credo, abbiamo utilizzato, detto o semplicemente pensato. In un modo o nell’altro, infatti, la verità vien sempre fuori, è solo questione di tempo.

Mi chiedevo cosa significa essere sinceri?
A mio modesto parere, la risposta più logica a questa domanda, è: dire la verità.

Esser sinceri significa dire la verità.

Il pensiero che voglio raccontare oggi è connesso al mio stato d’amino attuale, legato a tutta una seria di vicissitudine che mi hanno come scritto nel precedente pensiero permeato di una rarefatta stanchezza.

Anche le bugie hanno tante forme, tanti volti.

Ci sono le bugie che diciamo a chi ci ascolta e poi ci sono le bugie che diciamo a noi stessi.
Mi sorge spontaneo chiedermi? Tenere per sé emozioni e sensazioni, significa non esser sinceri?
Se ti senti al centro di un buco nero, ma a chi ti sta accanto dici con parole, gesti ed emozioni che sei tranquillo, persino sereno e fiducioso, significa non esser sinceri?

Per indole e carattere non ho mai reso esplicite le mie emozioni, se non giusto alla mia compagna.
Tant’è che un giorno il fotografo del mio (vecchio) quartiere, raccontò a mia madre che mi aveva apostrofato con l’epiteto: il ragazzo che non sorride mai.

Non ho, quindi, mai reso esplicite le mie emozioni e aggiungo che ho sempre cercato di mostrarmi tranquillo e indifferente, di fatto nascondendo le mie reali emozioni, dissimulandole molto spesso.

Non credo, però, sia un comportamento inusuale e così strano. Il detto: i panni sporchi si lavano in famiglia, è un modo per affermare che in pubblico meglio nascondere rancori e litigi, in un certo senso un mentire sulle verità personali.

Certo tra omettere e mentire c’è una netta differenza.
Nascondere non significa mentire, come essere riservati non significa essere bugiardi.

Devo ammettere a malincuore che non ho avuto dei buoni esempi, mio padre mentiva e ho sentito con le mie stesse orecchie mia madre raccontare bugie. Che chiamerei bugie di convenienza, esempio, chiamare il datore di lavoro e informarlo che stava male. In realtà, non era malata, gli serviva solo un giorno. Una bugia di convenienza, probabilmente innocua, ma sempre bugie è.
Ho detto pure io questa bugia, non mi andava di andare a lavoro e per non prendermi un giorno di feria, mi sono messo in malattia.
Questa bugia mi qualifica come bugiardo? Se devo essere obbiettivo, sì! Sono stato un bugiardo quella volta e se si è bugiardo una volta lo si è per sempre. Perché ritengo la sincerità una forma d’integrità morale, etica, forse anche spirituale, una volta spezzata, una volta infranta, diventi qualificato nel raccontarle (le bugie), anche se la vita non te ne darà, magari, mai l’occasione, ma sai come si fa, una posizione forse troppo estrema, nella vita si sa, nulla è mai solo bianco o solo nero.
La bugia, è bugia però! Possiamo raccontarci che esistono bugie innocue, persino a fin di bene, ma la verità in ogni caso è ingannata e tradita.

Sento, poi, affermare spesso, da uomini e donne, frasi come: La sincerità è importante, indispensabile in una relazione (qualunque tipo di relazione). Senza un rapporto non è vero, senza persino l’amore è una chimera.
Oscar Wilde disse: “Un uomo non è del tutto se stesso quando parla in prima persona, ma dategli una maschera e sarà sincero.”
Ritengo, per esperienza personale, vera questa affermazione, l’uomo così come la donna, non sono mai se stessi, mai totalmente sinceri. Definire se stessi è ben lontano dall’essere se stessi.

E qui torno al disagio e al malessere (descritto come stanchezza) che attualmente percepisco. Definirmi è una cosa, essere è tutt’altro cosa.

Mi posso definire in mille modi, descrivermi richiamando eroi e nemesi da ogni mondo creato e immaginato, non avrei, comunque, mai la verità da queste descrizioni e definizioni. L’unica verità è nell’essere se stessi, un’esperienza che va oltre le parole e i racconti, esperienza che porta con sé, però, una catena. Eh sì!!! Una catena forgiata dalla società, una catena che ci lega tutti e che ha un limite, non è in grado di accettare l’essere se stessi.

Essere se stessi è l’unica sola verità e l’unica vera condanna che subiamo.

Affermo che non siamo sinceri, che non sono sincero, per il semplice fatto, che per tutta la vita ci sforziamo, io per lo meno mi sono sforzato a smussare, rettificare e correggere, la mia natura, il mio carattere, con il solo scopo di poter vivere nella società e instaurare in modo sano rapporti sociali – beh non ci sono riuscito poi tanto – sapete perché sono convito di non esserci riuscito? Perché continuano a consigliarmi di cambiare o meglio, migliorare.
Qualcuno leggendo, quanto scritto, potrebbe avere la convinzione che non siamo tutti ad esser sottoposti a questa forzata modifica, questa correzione della nostra natura, quel qualcuno a mio parere si illude e sopravvaluta la propria indipendenza e sincerità.
Tutto inizia presto, dal momento che apriamo gli occhi la prima volta e continua anno, dopo anno. Finché non ci ritroviamo ad accettare noi stessi e non gli altri o accettare gli altri e non noi stessi.

Comunque sempre stretti da quella morsa che ci obbliga a seguire delle regole non scritte che ci permettono di far parte della società in modo corretto. Se fuggiamo o ci opponiamo a queste regole, cosa che accade sempre più spesso oggi, nelle famiglie, nelle scuole, nelle comunità, la logica del caos prende il sopravvento e le emozioni esplodono causando dolore, feriti e purtroppo morti.

Sarebbe facile adesso concludere cucendo stelle e filamenti di luce, posare sulle vostre labbra, poesia, bellezza e speranza.
E raccontarvi e raccontarmi, che la speranza è l’ultima a morire, che l’amore che viviamo è, la luce che ci aspetta all’angolo sempre pronta a riaccendere la fiducia in noi e negli altri, che una mano tesa ci sarà concessa sempre nel momento più buio.

Si è scritto di bugie e verità.
Chi sono io per dire che la speranza è una bugia e che le poche righe scritte a conclusione non sono, che la semplice, verità? Nessuno.

Non sono nessuno.
Qui!!! Non sono proprio nessuno, qui indosso quella maschera che mi rende, forse, sincero.

La più banale delle conclusioni può essere, dunque, la risposta più diplomatica e logica.

 

Siamo contemporaneamente essere sinceri e bugiardi.

 

Le menti sagge amano la moderazione e amano l’equilibrio, meno problemi e meno pensieri da elaborare.

Questa la mia risposta a voi che leggete. In fin dei conti ciò che leggere mi definisce. Così, in questo modo, con questo pensiero, mi avete definito e continuerete a definirmi.

Le risposte per me stesso sono ancora da trovare e da esplorare.
Mille elaborazioni ho da processare, pensieri che vanno oltre il limite della moderazione e dell’equilibrio, quell’equilibrio necessario alla massa, che la massa cerca e a bisogno per sentisti al sicuro, per sentirsi dalla parte giusta.

Per riprendere un commento dato in risposta ad un cara amica di questo mondo fatto di pensieri.
Vivo nelle pieghe della sconfitta, perché nella sconfitta guardo in faccia il vero coraggio, la vera resistenza.
Così vivo anche nella menzogna, perché nella menzogna (quel definirsi) posso guadare in faccia la verità, quella che si nasconde e si protegge, quella che porta veleggiando il definire se stessi, all’essere se stessi.

 

Il sorriso e la verità non si devono negare, neanche a se stessi.