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Seni e coseni

La riflessione che intendo condividere, oggi, potrebbe sembrare strana, ma considerando che tutto è ispirazione e tutto può esser fonte per costruire un racconto, anche questo argomento potrebbe offrire qualcosa o donare qualcosa.

Lo spinta non è, stavolta, legata al mio passato, ma agli utenti di Libero, ad una categoria in particolare. Non me ne vogliano le donne, ma ad un particolare gruppo di utenti femminili.
Che per varie ragioni, molte, a me purtroppo chiare, altre, invece, più ambigue, si mostrano alla comunità mettendo in risalto una particolare parte del corpo.

Il seno! Grande o piccolo, in posa o intravisto, coperto o scoperto, semplicemente, seni. Ne ho colto alcuni fra i tanti e fra tutti i meno spudorati, i più timidi.

2🙂 Eh no!!! Ovviamente, non li mostro per rispetto, non spetta a me esibirli.

Non farò una critica alle sopracitate utenti, nonostante non condivida l’improprio utilizzato di questa, bellissima, parte anatomica come identificato o carta d’identità.
Mostrerò, invece, come l’arte ha saputo descrivere il seno, trasformandone il significato da mero oggetto di seduzione a simbolo di vita e riscatto verso una libertà che lontana è, ancora, dall’essere raggiunta ed emancipata.

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Giovanni Lanfranco, Sant’Agata visitata da San Pietro in carcere – 1613 – Parma Galleria nazionale

L’arte e in generale la storia, ha sempre rappresentano il seno nelle sue virtù più riconoscibili, virtù celebrate dall’uomo e poco, forse, dalla donna. Queste virtù, tanto sospirate, elogiavano a volte l’erotismo del seno, altre la sua materna simbologia.

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Guido Cagnacci – Morte Di Cleopatra – 1660/1663

Erotismo e maternità, ecco, cosa è stato il seno, ecco, come è stato rappresentato per secoli. In entrambi i casi, sottoposto a censura oppure esibito senza riguardi e pudore, secondo le necessità e le più puerili esigenze.

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Andrea Solario – La Madonna dal cuscino verde” – 1507 – Museo del Louvre

Al di là delle concezioni personali o sociali, la cosa più bella che una donna può arrivare a sentire, a percepire, è che il seno sia qualcosa che appartiene a lei prima che agli altri, più e oltre il suo stesso simbolismo.

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Artemisia Gentileschi – Lucrezia – 1593-1654 – Getty Museum (Los Angeles)

Per l’artista l’anatomia umana, è energia, è, appunto, simbolismo, ed in ogni opera, il corpo è, un mezzo per definire un’idea, costruire un pensiero che è, sempre, al servizio di un atto d’amore, verso la libertà, verso la comprensione e verso l’emancipazione, sia essa mentale o sociale.

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Marina Abramovic – performance “Rhytm 0” – Napoli nel 1974

Questa ultima immagine è emblematica e significativa per comprendere come, oggi, viene concepito il corpo e come l’arte contemporanea lo rappresenti. Credo valga la pena spendere due parole in più su questa ultima immagine. La foto ritrae una performance svolta in una stanza della Galleria Studio Morra di Napoli. 72 oggetti vennero disposti su un tavolo insieme ad delle istruzioni per i partecipanti della performance, queste le indicazioni:
1) Ci sono 72 oggetti sul tavolo che possono essere usati su di me nel modo in cui desiderate
2) Io sono l’oggetto
3) Mi assumo completamente la responsabilità di quello che faccio
4) Durata: 6 ore (dalle 20:00 alle 2:00)
All’inizio non successe nulla, poi, gli oggetti iniziarono piano, piano ad esser impugnati, prima una piuma, poi una rosa coperta di spine, poi una catena, una lama, ed infine una pistola carica. Nonostante la tensione e la paura, l’artista rimase immobile per tutta la durata dell’evento, il cui scopo era mettere a nudo la relazione tra abbandono e controllo. L’arte viene messa alla prova, per descrivere un confine e mostrare la natura del nostro rispetto per il corpo umano. Fin dove può arrivare un essere umano a cui è concesso il potere di agire indiscriminatamente?

Durante gli anni di Accademia, ho ritratto, per mero esercizio il corpo umano (nudo), sia maschile che femminili. In quegli anni, hanno posato, per me e i miei collegi, ragazze e donne, che senza volgarità, hanno mostrato la bellezza del loro corpo per quella che è, non un oggetto da cui attingere bramosia, lussuria o violenza, ma un riflesso di quello che è la nostra intimità e libertà.

So che le buone intenzione hanno, sempre, un contraltare nella realtà, che molte e molti leggeranno retorica in questo pensiero. E lo è, retorico, come è retorica l’arte e la poesia. E come allo stesso modo è retorico il male e la violenza.
La comunicazione ha sempre avuto insito nel suo retaggio, l’arte della persuasione.
L’intero mondo si fonda su questo concetto, su questo subdolo comportamento. Regni, imperi e, poi, democrazie, hanno costruito il loro potere e il loro seguito sulla capacità, più o meno forzata, di persuadere un individuo o un popolo a seguirlo o sottomettersi. Questo è il confine tra bellezza e mostruosità, lo stesso confine che separa il seno dall’essere un simbolo di erotismo e maternità o un simbolo di appartenenza e libertà per ogni donna e uomo.

Cosa si rispetta?
Cosa vediamo quando davanti ai nostri occhi si materializza un seno?
So cosa potrebbe aver pensare Freud, quale pulsione lui assocerebbe prima al bambino e poi all’adulto. Uno spettro di percezioni che radicalizzano l’ossessione, trasformando la sessualità in un lotta per la sopravvivenza di un’interiorità in bilico tra desiderio e rassegnazione.

Lo stesso sangue, lo stesso respiro, lo stesso corpo, cioè appartenenza, l’appartenenza definita dalla diversità che ogni singolo pensiero, ogni singolo cuore, ogni singola anima ha nel suo essere unica e libera, nel loro essere unici e liberi.

Cosa si deve rispettare quando si ha davanti un seno?
Non la donna, né l’uomo, ma entrambi, solo quando un uomo vedrà nel corpo di una donna sé stesso e una donna vedrà nel corpo di un uomo sé stessa, si avrà rispetto e libertà.

Posso comprendere le vostre perplessità, la mia logica non è mai stata allineata e forse mai, totalmente, comprensibile o sensata.
L’uomo e la donna, raggiornano per luoghi comuni, per convenzione e precetti, lasciandosi da questi plasmare e indottrinare, la libertà di pensiero è una conquista ardua e prescinde ogni subornazione.

La mia compagna mi accusa (mi affido all’idea che sia amichevole questa accusa) di esser, sempre, sopra le righe, di elevare (senza mai riuscirci) troppo i miei discorsi e perdermi al loro interno, e con loro perdere la concretezza del loro impatto, senza, non si ha un fine, non si ha scopo.
Ho passato metà della mia vita in silenzio e l’altra metà cercando, disperatamente, di farmi capire, ed ho così trasformato la mia comunicazione che essa è diventata una linea infinita che non riesce a trovare sbocco.
Scrivo i miei pensieri e scrivendoli a volte sembra di naufragare in un oceano di parole.
Ma anche questo è parte di me, questo sono, un uomo che cerca di distillare i pensieri, un uomo che parte della bellezza del seno per esaltare la libertà dell’essere umano.
Perché questo dev’essere il compito dell’arte, della poesia e della filosofia, indicare la strada, anche se poi il mondo non la segue o non la vuole seguire.