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Errori per caso

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Questo post è un errore, evitate la lettura.

 

Come capita spesso, non so di cosa scrivere o meglio lo saprei, ma rischio d’esser ripetitivo o peggio ossessivo.

Ieri, ho descritto una delle tecniche creative più ecologiche e a mio parere suggestive dell’arte giapponese.
Il kintsugi, l’arte di dare una seconda vita alle ceramiche ridotte in frantumi.

Questa antica tecnica, metaforicamente parlando, rievoca riflessioni sulla vita e gli errori.
A questo punto, continuo la riflessione e do voce agli errori, non mi viene in mente altro. 🙂

Ne ho fatti tanti nella mia vita, tanti e di ogni natura.
L’ultimo riguarda la colorazione di una foglia in ceramica.

La peculiarità dell’errore è che esso si palese solo alla fine, spesso, molto dopo la fine.

Il guaio è, che non lo poi evitare, puoi solo porvi rimedio, trasformandolo. Ad esempio, in parte di te. Chi non riesce ad accettarlo, accettarsi, può: Bandirlo. Ma è un’illusione, perché esso è sempre presente.

A volte non sai neanche d’averlo commesso, te lo ritrovi, lì, che ti guarda con quell’aria supponente.
Così è successo, anche, in questo ultimo errore. Non ho idea del perché? Nè quale azione abbia generato l’anomalia? So solo che la foglia doveva avere un altro colore. 🙂

 

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L’errore

 

Tra le certezze che lascia l’errore, la più importante è: Che si deve accettare così com’è.
Anche se un pò di lavoro si deve fare al che l’accettazione avvenga in armonia. Perché si sa, siamo esseri in perenne contrasto e conflitto.

Ora, quel che ho scritto, l’ho scritto quasi con la consapevolezza di commettere un’errore, senza, forse, ed è brutto da scrivere, convinzione, come se si fosse esaurito il carburante, l’ispirazione.

Potrei prendermi una pausa, ma so che se interrompo, potrebbero passare altri sei anni prima di ritrovare la voglia di scrivere, di nuovo, in questo spazio. Potrebbe, quindi, esser un’errore.

Una sensibile amica, mi ha (con sorpresa) chiesto: Come stai?
Le ho risposto bene, chissà, forse, ho mentito. Altro errore.
Sono sincero, sto bene con me stesso. Dopo anni e anni, sono riuscito ad abbracciare me stesso e a star bene in mia compagnia.
Non sto bene con gli altri, questo potrebbe esser il problema, questo è il problema, l’errore.
Lo è poi?

Ieri girando tra i profili e tra quelli che casualmente mi visitato, ho letto alcune, le solite esternazione, su quanto maiale e disgustoso sia l’uomo che gira in questa comunità. So!!! Che è vero. Alcuni elementi farebbero storcere il naso persino a Hannibal Lecter per depravazione. Ma pure io giro in rete e l’ottusità a volte mi da fastidio, un altro mio errore.

Non ho risposto, non invio mai, se non in rarissimi casi, messaggi. La voglia di rispondere, ammetto, c’era.
Tante che ho scritto un pensiero in un box, a perenne visione di chi mi visita, chissà anche questo, forse un’errore.
Ho scritto questo:

“A volte la voglia di rispondere a certe esternazioni c’è.
Ed esce brutale e cinico il pensiero.
Il vecchio natodallatempesta0 sarebbe sceso agli inferi e da lì sproloquiato. E sì! Quello è il luogo giusto per trovare termini e paragoni, degni di certi utenti.
Questa seconda vita è, però, lontana dalla battaglia all’ignoranza e all’ottusità.
La voglia, però, viene di rispondere a certi utenti, che facilmente buttano escrementi ai maiali, senza rendersi conto che sguazzano loro stesse, tra maiali e porci (che poi son la stessa cosa, ma suona bene).
E sì, Stesse! Con profili privi di vita, la vita fatta d’esperienza, quella che rende il virtuale sano e riconoscibile. Si intrufolano nelle chat, l’anonimo bidone dei rifiuti e si lamentano del perché, poi escono sporche.
Perché è saggio e lungimirante cercare educazione, in un luogo dove per natura non puoi associare azione a nome, offesa a provocatore, molestia a molestatore?
Ricordate! Se un uomo nasconde se stesso, ha necessità, disperato bisogno di nascondere se stesso, per relazionarsi sessualmente e, perché no, anche, sentimentalmente, un minuto di problemi (fisici e probabilmente, anche, caratteriali) questo tizio ce l’ha e care fanciulle ce l’avete anche voi. 🙂 Non pensate d’esser su un altro barcone, è lo stesso, la stessa necessità di nascondervi.
Create una fondamenta fatta di poesia, di arte, di pensieri, semplici pensieri vissuti e poi lasciate che lo scambio, la condivisione, sia l’unica aspirazione.
L’amore e anche sì, il sesso, sono questioni serie, sono questioni reali.”

L’amore, il sesso, sono questioni serie, sono reali.
La vita è una questione seria, una questione reale.
Una predica forse fuori luogo, alla fine gli errori sono compagni personali e vanno vissuti e pianti senza subire critiche da sconosciuti, forse ho commesso un errore nell’esternare questo pensiero.

Il detto dice: S’impara dagli errori. Se si reiterano vuol dire che, forse, non sono poi così errori.

Ho la sensazione di star scrivendo cose che non hanno, tanta, logica. Scrivere tanto per scrivere.
Che stupidaggine. 😀

Alla fine per riprendere una giornata iniziata così, così. Iniziata così, poi, per colpa di chi?
I pensieri sono miei, io l’autore.
Basta ascoltare un pò di musica. Per chi può: Uscire a far una passeggiata, magari, sotto un bel sole.

La chiosa a tutto questo è:

Che c’è sempre rimedio ad un errore.

 

 Per riflettere

 

La maestra cominciò a scrivere:

9 × 1 = 7
9 × 2 = 18
9 × 3 = 27
9 × 4 = 36
9 × 5 = 45
9 × 6 = 54
9 × 7 = 63
9 × 8 = 72
9 × 9 = 81
9 × 10 = 90

Quando ebbe finito di scrivere, si voltò verso la classe.
Tutti gli alunni stavano ridendo per l’evidente errore fatto nella prima riga. L’insegnante attese qualche istante poi disse:
“Ho scritto la prima operazione sbagliata di proposito. Voglio che impariate una lezione molto importante. Questo è per spiegarvi come il mondo là fuori, vi tratterà. Tutti avete visto che ho scritto nove operazioni corrette. Ma nessuno mi ha detto che sono stata brava. Tutti però avete notato subito e riso per l’unico errore che ho fatto, focalizzandovi su quello. Questa è la lezione:
Il mondo non apprezzerà le tante cose giuste che farete. Tutti saranno pronti a criticare l’unica cosa sbagliata che farete”.

Buona giornata e buona vita.

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Seconde opportunità

L’ispirazione giunge dalle fonti più inattese. A volte basta solo guardarsi attorno o in mezzo ai libri. 🙂

Vi è mai capitato di rompere, un piatto o una ciotola? Immagino di sì.
L’istinto moderno è quello di buttare via i cocci.
Il valore di un prodotto, oggi, è così povero che non merita una seconda vita.
E in linea di massima per molti prodotti, è così.

In Giappone, esiste una tecnica, che ha il dono di dare una seconda possibile a ciò che è, irrimediabilmente perso.

Quel che accade è: Magico. Frantumandosi, la ceramica prende nuova vita attraverso le linee di frattura. Grazie alle sue cicatrici, l’oggetto rivive e le ferite, le cicatrici, diventano: Simbolo. Simbolo del coraggio, del non vergognarsi dei segni che si hanno (filosofia Zen). Una bellissima lezione che l’arte ci ha tramandato attraverso il kintsugi, letteralmente oro (kin) e riunire (tsugi).

Quest’arte, infatti, prevede l’uso di un metallo prezioso (oro o argento) unito a lacca o resina per riunire i pezzi di un oggetto di ceramica rotto.
Ogni pezzo riparato diventa unico e irripetibile, ed è unico e irripetibile, grazie alla casualità con cui la ceramica si frantuma.

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Se ci pensate la metafora nascosta in questa tecnica, è la metafora della vita.
Nella vita ognuno di noi, in un modo o nell’altro, cerca di superare i propri eventi traumatici, di crescere attraverso le proprie esperienze dolorose. Le valorizza, persino l’esibisce e attraverso la consapevolezza del valore di sé, ci convinciamo che sono proprio queste ferite, queste cicatrice, che rendono ogni persona unica e preziosa e quindi ci rendono unici e preziosi.