Tag : lo-stupro

post image

Dolcezze e amarezze della vita

Riallacciandomi alla riflessione condivisa nell’ultimo post, voglio aggiungere un tassello al pensiero, un tassello che segue per forza di cose la natura espressa in quel dì.

Tra gli elementi più rilevanti alla base del pensiero c’era e c’è il sesso.
Quando si parla di prostituzione si sottintende, anzi, si esplicita il sesso.

Nella coppia, è, in molti casi, l’ago, insieme al carattere e alle sue incompatibilità, che determina le dinamiche di scontro.
La mia compagna due anni fa ha subito un intervento chirurgico che ha provocato dei notevoli cambiamenti nel suo stile di vita e conseguentemente causato difficoltà.
Tra questi c’è il rapporto sessuale, in questo momento della sua vita, in cui lotta per adeguare un corpo e uno stile di vita nuovi, è passato in secondo piano, le sue necessità sono altre.

Le mie necessità, in questo contesto temporale potrebbero scontrarsi con le sue, è causare un conflitto tacito e silenzioso.
Questo è quello che accade, secondo me, nella mente degli uomini che per un motivo o un altro vedono chiusa quella porta, quel desiderio.

L’amore mi impedisce di vedere altro se non il suo benessere, il suo stare in pace con sé stessa, non la obbligherei mai a nulla che non fosse per lei un desiderio o una scelta, in questo caso ancor più d’amore. C’è da dire che per natura non sono mai stato tormentato dal sesso, è stata fortunata ad incontrare me 😀 lo so, me la tiro un pò, spero mi concediate questa lusinga.

Certo non è tutto rose e fiori, gli scontri ci sono, è nella nostra natura ancorarci a idee e giudizi e batterci per sostenerli.

Se con uno sconosciuto nulla impedisce di superare il limite del dolore, con chi conosciamo e amiamo quel limite dovrebbe esser invalicabile e invece. Sembra più facile offendere il nostro riflesso che un’ombra.

Amore e violenza, due parole che insieme non stanno bene, non le immagini complementari, ma opposte, la realtà sembra invece prepotentemente gridarci che camminino mano nella mano.

Persino l’amore più innocente quello per i figli vede la violenza un alibi per l’educazione.
Chi non ha mai ricevuto uno schiaffo o una cinghiata?

Amore!!! Quante parole ci sprechiamo e quanti alibi inventiamo per nascondere una natura incapace di viverlo a pieno.

Quanti versi per lusingarlo, provocarlo e infine incoronarlo.

Immaginate una stanza buia, l’unica luce, la luna sfumare delicatamente dalla finestra.
Immaginate un uomo innamorato, nel buio fa sue le forme indefinite del corpo dell’unica amata, tra le mani un oggetto, che quotidianamente usa per accedere la sigaretta, in quei momenti di tormento fisico.
Ecco!!! Ora immaginate.

Tre fiammiferi accesi uno per uno nella notte
Il primo per vederti tutto il viso
Il secondo per vederti gli occhi
L’ultimo per vedere la tua bocca
E tutto il buio per ricordarmi queste cose
Mentre ti stringo fra le braccia.
Jacques Prévert

Bella no? Che provate a leggere questi versi? Di certo passione, quella che fa arrossire il cuore e tenerezza per quel che la vita riesce a far sbocciare.

Quasi ogni mattina io e la mia compagna facciamo collazione, ieri mentre preparavamo, lei intenta ad uscire dal frigo le delizie, io occupato ad apparecchiare il tavolo, mi sono, senza alcun riguardo per la sua salute, messo a cantare, salute delle sue orecchie perché sono, letteralmente, stonato e così per il purò gusto di dedicarle alcuni versi mi sono impietosamente cimentato in una serenata mattutina.

Oje vita, oje vita mia…
Oje core ‘e chistu core…
Si’ stata ‘o primmo ammore…
E ‘o primmo e ll’ùrdemo sarraje pe’ me!

Potrei concludere, qui, questo pensiero, questa dedica alla mia compagna. L’unico e più grande amore della mia vita, ora insieme a Frida.

Ma aleggia, ancora, nell’aria la violenza, brutto da dire, pericoloso d’affermare, ma è presente nel mio cuore, non si dimentica quel che si è subito e vuoi o non vuoi riemerge a volte latente, come un vecchio e morente fiore di loto che galleggia isolato in un lago calmo e cristallino a volte esplode prepotentemente come le onde in tempesta che s’infrangano sulle rocche alte e violente e l’anima non può che spaurirsi.

Amore e violenza o odio che dir si voglia, due facce per la stessa moneta.
Potevo lasciarvi in bocca la dolcezza della vita e concludere, è, però, un’illusione, irreale, dovete assaporare anche l’amarezza per gustare a pieno la vita, senza illusioni, nella sua interezza, così comè: bella e tragica.

Ed è sempre la poesia a mostrare l’amarezza, come prima ha donato la dolcezza d’un amore delicato.

“[…]
Come sono salita su questo camioncino? Ci sono venuta io da sola? Muovendo i piedi uno dietro l’altro, dietro la loro spinta o mi hanno caricata loro, sollevandomi di peso? Non lo so. Non lo so.
È il cuore, che mi sbatte così forte contro le costole, ad impedirmi di ragionare… e il male alla mano sinistra, che sta diventando davvero insopportabile. Ma perché me la storcono tanto? Io non tento nessun movimento. Io sono come congelata.
Ora, quello che mi tiene da dietro non tiene più il suo ginocchio contro la mia schiena… s’è seduto comodo… mi tiene tra le sue gambe… divaricate come ho visto fare anni fa, ai bambini quando toglievano loro le tonsille. È l’unica immagine che mi viene in mente.
Ma perché la radio? Forse, forse perché non grido. Non c’è molta luce, neanche molto spazio, è per questo che mi tengono semidistesa. Oltre a quello che mi tiene da dietro, ce ne sono altri tre. Li sento calmi, sicurissimi. Che fanno? Si accendono una sigaretta.
Fumano adesso? Perché mi tengono così e fumano? Ho paura, sta per capitare qualcosa, lo sento. Respiro a fondo… due, tre volte. Ma non riesco a snebbiarmi. Ho soltanto paura. Uno, uno si muove, si ferma qua in piedi davanti a me, l’altro si accuccia alla mia sinistra, l’altro a destra, sono vicinissimi. Ho paura, sta per capitare qualcosa, lo sento. Aspirano profondamente le sigarette. Vedo il rosso delle sigarette vicino alla mia faccia.
Quello che mi tiene da dietro non ha aumentato la stretta, soltanto teso tutti i muscoli… li sento intorno al mio corpo come a essere più pronto… a bloccarmi. Il primo che si è mosso, si inginocchia tra le mie gambe divaricandomele, è un movimento preciso che pare concordato con quello che mi tiene da dietro, infatti subito i suoi piedi si mettono sopra ai miei, a bloccarmi.
Io ho sù i pantaloni. Perché mi aprono le gambe con sù i pantaloni? Sono a disagio, peggio che se fossi nuda! Da questa sensazione mi distrae qualcosa che non riesco a capire subito, un tepore tenue poi sempre più forte, fino a diventare insopportabile, sul seno sinistro. Una punta di bruciore. Le sigarette… le sigarette, ecco perché si erano messi a fumare. Io non so cosa debba fare una persona in queste condizioni, io non riesco a fare niente, mi sento come proiettata fuori, affacciata a una finestra, costretta a guardare qualcosa di orribile. Una sigaretta dietro l’altra sotto il golf, fino alla pelle, insopportabile. Il puzzo della lana bruciata deve disturbare: con una lametta mi tagliano il golf da cima a fondo, mi tagliano il reggiseno, mi tagliano… anche la pelle in superficie. Nella perizia medica misureranno ventun centimetri.
Quello che è inginocchiato tra le gambe, ora mi prende i seni a piene mani, le sento gelide sopra le bruciature… Quello che mi tiene da dietro si sta eccitando, sento che si struscia contro la mia schiena. Ora tutti si danno da fare per spogliarmi una gamba sola… una scarpa… sola. Ora uno mi entra dentro. Mi viene da vomitare. Calma, devo stare calma. Mi attacco ai rumori della città, alle parole delle canzoni. Devo stare calma. “Muoviti, puttana. Devi farmi godere”.
Non conosco più nessuna parola, non capisco nessuna lingua. Sono di pietra.
“Muoviti puttana, devi fammi godere”. Ora è il turno del secondo… Una sigaretta dietro l’altra: “Muoviti puttana devi farmi godere”. La lametta che è servita per tagliarmi il golf mi passa sulla faccia una, più volte, non sento se mi taglia o se non mi taglia. “Muoviti, puttana. Devi farmi godere”. È il turno del terzo. Il sangue dalle guance mi cola alle orecchie. “Muoviti puttana, devi farmi godere”. È terribile sentirsi godere nella pancia… Delle bestie.
Sto morendo, riesco a dire. Ci credono, non ci credono.
Facciamola scendere. Sì, no. Vola un ceffone tra di loro e poi mi spengono una sigaretta, qui, sul collo. Ecco, io lì, credo di essere finalmente svenuta. Sento che mi stanno rivestendo. Mi riveste quello che mi teneva da dietro come se io fossi un bambino piccolo. Non sa come metterla con i lembi del mio golf tagliato, me lo infila nei pantaloni e si lamenta, si lamenta perché è l’unico che non abbia fatto l’amore… pardon… è l’unico, che non si sia aperto i pantaloni, mi mettono la giacca, mi spaccano gli occhiali e il camioncino si ferma per il tempo di farmi scendere e… e se ne va.
Mi chiudo la giacca sui seni scoperti. Dove sono? Al parco. Mi sento male… mi sento male proprio nel senso che mi sento svenire… e non soltanto per il dolore fisico in tutto il corpo, ma per la rabbia, per l’umiliazione, per lo schifo… per le mille sputate che mi son presa nel cervello… per… quello che mi sento uscire. Mi appoggio a un albero… mi fanno male anche i capelli… certo me li tiravano per tenermi ferma la testa. Mi passo una mano sulla faccia… è sporca di sangue.
Alzo il bavero della giacca e vado. Cammino… cammino […]”
Stralcio da: “Lo Stupro” di Franca Rame.

Ogni tanto rivedo lo straziante monologo di Franca, dovrebbero mostrarlo con tutta la sua ferocia nelle scuole magari non medie, ma superiori, come esempio di quel che l’uomo non deve essere, di come si deve sentire guardandosi allo specchio, una merda, una vigliacco senza palle e intelligenza, così, come le donne devono comprendere che non è necessario conquistare il cuore di un uomo camuffandosi da puttana, fingendosi una puttana.

Un’amica con grande cuore e empatia, ha espresso la compassionevole volontà di comprendere anche la prostituta, distinguendola dalla puttana e forse ha ragione le prostitute a volte non sono puttane.
Cara amica, però, non ho pietà neanche di loro, come non ne ho dell’uomo che sbatte la faccia di una ragazza sul marciapiede, le strappa le mutandine e la violenta, solo perché a differenza di una puttana dice di no.

Principi e valori.

Come tanti homo sapiens dal nostro piedistallo in coro gridiamo alla pace, alla non violenza, al deporre le armi, e come tante teste di cazzo, tutti, nessuno escluso, facciamo finta di niente mentre armiamo mani e braccia che uccidono, alla faccia della morte. Allo stesso modo camminiamo a passo di lumaca con in mano fiaccole e manifesti in omaggio e ricordo della morta strupata di turno, gridando lo slogan più accattivante, mentre in silenzio si lasciano figlie e figli ruzzolare in un fango virtuale dove accattivanti pose e luccicanti labbra si vestano da puttane, togliendo piano, piano dignità e arte, quell’arte che rende un nudo una preghiera all’anima.

Eccola, la vita dolce e amara di ogni essere umano.