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Senza limiti

[…]

“Siamo nati malati” li senti dire

 

La mia Chiesa non offre assoluzioni

mi dice “prega in camera da letto”

l’unico paradiso al quale verrò spedito

è quando sono solo con te

 

Sono nato malato

ma lo amo

ordinami di stare bene

amen, amen, amen, amen

 

Portami in chiesa

pregherò come un cane davanti al reliquiario delle tue bugie

ti dirò i miei peccati e potrai affilare il tuo coltello

offrimi quella morte senza morte

buon Dio, lascia che ti dia la mia vita

 

Se sono un pagano dei vecchi tempi

il mio amore è la luce del sole

per tenere la Dea al mio fianco

lei richiede un sacrificio

[…]

Una delle tante versioni.

 

Ho sempre pensato che la conoscenza abbia, sì, pregi – l’ignoranza è un crimine sociale – a volte però non conoscere la realtà rende innocenti.

 

È d’obbligo avvisare chi legge che questo post sarà al quanto retorico, un pizzico irriverente e leggermente offensivo, chi vuol evitare il pessimismo e le non tanto velate offese vada oltre.

 

Notizie su notizie, alcune vicine altre lontane:

 

30 Gennaio, Catania, bagni pubblici della Villa Bellini, una tredicenne violentata dal branco.

 

ReTro è nato il 16 luglio 2020, gli studiosi della Chinese Academy of Sciences di Pechino hanno annunciato la sua esistenza, però, solo ora.

Cosa ha di speciale la notizia? ReTro è un maschio di macaca mulatta, una specie di primate appartenente alla famiglia dei Cercopitecidi.

A gennaio 2024, questo piccola scimmietta ha compiuto tre anni e mezzo. ReTro è il primo esemplare clonato di scimmia a vivere così a lungo.

 

Quando scrivo è il 4 febbraio, ed è mattina. A Catania il bianco domina le strade. La Santa più amata della Sicilia orientale avanza lentamente per le vie della sua città, i catenesi si mostrano a lei devoti e religiosi.

 

Tre notizie all’apparenza slegate e isolate. Cronaca, Scienza e Costume.

 

Ma sapete cosa colgo io da questo calderone d’informazioni? Limiti.

 

Mi chiedo:

La vita deve avere limiti? E quando è lecito superarli?

 

“Confinare la nostra attenzione alle questioni terrestri significherebbe limitare lo spirito umano.”

Stephen Hawking

 

e

 

“Supera te stesso e supererai il mondo.”

Sant’Agostino

 

 

Due menti e anime agli estremi: lo scienziato e il teologo.

Il messaggio è lo stesso però: Andare oltre, superare i confini, i limiti della materia uno, dell’anima l’altro.

 

Com’è che ho la sensazione che è stata aperta una ferita nella materia vivente.

 

Nella prima notizia, non l’unica della settimana, è palesa, palpabile, immaginabile, il sangue, il dolore, la lacerazione.

 

Mi chiedo?

L’uomo riesce a immaginare, a capire, le macerie che ha creato?

 

Le donne lo sanno (in parte), ma l’uomo? L’uomo sa cosa può fare un pene e un altro e un altro ancora, che con forza e brutale violenza penetra la vagina di una giovane donna, una bambina da poco diventata ragazza? Eppure, se noi uomini da etero parliamo tra di noi di omosessualità, rabbrividiamo al solo pensiero di immaginare il cazzo di un altro uomo penetrare il nostro culo.

Lo stesso brivido, per alcuni uomini – ipocrisia – per tutti gli uomini (è colpevole anche chi solo ha la fantasia d’esser brutale, feroce) – non vale per la donna, non vale per la bambina.

 

Nel caso recente, nel caso descritto, il branco è giovane, minorenni. La consapevolezza, la pietà, il riconoscimento dell’altro come pari a sé stesso, non sono attecchite, forse neanche piantate nell’anima di questi ragazzi. Questi ragazzi sono senza confini, senza limiti, senza umanità.

 

Puttane – le ragazze, le donne – sono tutte puttane (la frase più ricorrente), e come tali non ha limite la violenza, non ha confine la sopraffazione che può sbocciare dal seme arido di questa umanità.

 

Sapete la “puttana” è il limite superato e accettato antropologicamente. Che sia donna o uomo, è diventato uno scambio di genere. Un’impronta genetica che una o l’altra parte accoglie nel momento che la volontà si scontra e il potere, la dominazione prevale. Il dominio delle parole.

 

Le parole dominano la società moderna, le azioni sono la forma delle parole moderne.

 

Mentre scrivo, la musica scorre, le parole si espandono e con esse l’azione che ispira e genere la riflessione.

 

Una mattina mi son alzato

o bella ciao, bella ciao

una mattina mi son alzato

e ho trovato l’invasor.

 

O partigiano, portami via

o bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao

o partigiano, portami via

che mi sento di morir.

 

E se io muoio da partigiano

o bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao

e se io muoio da partigiano

tu mi devi seppellir.

 

E seppellire lassù in montagna

o bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao

e seppellire lassù in montagna

sotto l’ombra di un bel fior.

[…]

 

 

La potenza delle parole, il valore delle parole.

Dietro i versi, dietro l’inchiostro c’è l’azione, l’idea che prende forma.

Come può l’umanità che muore per la salvezza dell’amore, essere la stessa che lacera l’innocenza di una bambina o un bambino?

 

Quando le donne sono diventate puttane?

Quando gli uomini sono diventati i padri delle puttane?

Quando le donne hanno accettato d’essere figlie e contemporaneamente puttane?

Le quote rosa, le pari opportunità – trappole per distogliere lo sguardo dal fatto che si è sottoscritto un patto d’identità. I fatti, i contratti, le opportunità, i ruoli, dicono quel che l’uomo pensa della donna e la donna concede a sé stessa e alla società.

 

Una società ipocrita.

 

Ed è l’ipocrisia, la devozione che oggi pervade le vie di Catania. La società civile onore una martire, una vergine, una ragazza, torturata, mutilata e uccisa quasi due mila anni fa. L’ipocrisia è in questa nostra società che nello stesso giorno fa coesistere stupro e innocenza, brutalità e fede.

 

Si guardi chi si schiera oltre la linea dei colpevoli.

Chi si sente innocente, ha due tizzoni ardenti infilati negli occhi.

Sì, siamo tutti Agata, siamo tutti e tutte vittime e stuprati.

Siamo, però, anche stupratori e puttane.

 

Non c’è altra spiegazione alla natura delle cose che viviamo, all’indifferenza innocente, all’indifferenza colpevole.

 

Limiti.

 

E giungo alla scimmietta. Il caos fa strada all’ordine, la natura concede all’uomo un pezzo della sua anima.

Chissà quali conseguenza e opportunità porterà questa nuova era?

 

Sapete se metaforizziamo la riflessione e immaginiamo per un attimo che per un Dio esista anche un Diavolo. Si dovrà convenire con l’idea che le opportunità non sono solo di Dio ma anche del Diavolo.

 

Si sa che il diavolo da sempre è la causa e il responsabile di ogni male, un artificio legislativo per dare le proprie colpe ad un altro. La genialità sta nell’aver identificato un essere che non si vede.

 

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Le buone azioni invece sono frutto del libero arbitrio concesso da Dio e quindi l’uomo si concede il merito della sua onesta e rettitudine (serviva – non sia mai la retta via sia la normalità d’un cammino evolutivo), ed ecco che l’uomo si concede a medaglia la beatitudine e la santità.

 

Scienza, cronaca e costume.

 

Non so cosa è venuto fuori da questo mio post. Se avete precipito confusione avete percepito bene.

Perché questa società è confusa e lo sono anch’io. Con l’anima che da un lato vuole sentirsi innocente, diversa da chi sta macchiando il mondo di sangue, dall’altra invece si sente colpevole perché è parte della stessa società che ruba, stupra e uccide.

 

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Facili costumi

Qualche giorno fa, eravamo in un ristorante, forse, meglio definirla trattoria, la mia compagna ironicamente, sempre stata ironica e pungente, se ne esce con un’espressione verbale a mio parere infelice, non è la prima volta e in egual modo non è la prima volta che sento una donna definire un’altra donna in questo modo.

In un tavolo vicino sedeva un’altra cliente, una donna ben oltre la sessantina, capelli corti neri, maglione nero aderente con evidente scollatura alquanto audace, minigonna (molto mini) blu elettrico, calze rigorosamente a rete nere, tacco a spillo, credo, 12, al collo stretta una collana di perle, le labbra cosi rosse che nella luce soffusa del ristorante riflettevano come melograni appesi al ramo di un albero novello, gli occhi piccoli, quasi, non si intravedevano sotto l’eccessivo ombretto, molto eccessivo.

La mia compagna vedendola passare tra i tavoli, esclama:
Sembra una puttana!

La mia compagna non è cattiva, è la donna più generosa che conosco, lo premetto non perché lei è la mia compagna, ma perché è vero. Questo apprezzamento le nasce spontaneo, perché per lavoro gli capita, spesso, di aver a che fare con prostitute. Lei è un’educatrice e si prende cura di bambini che hanno subito abusi e violenze e molto spesso queste creature sono figlie della strada, di donne che per ragioni che non voglio descrivere si prostituiscono.
Negli anni ne ha viste tante, e pregiudizio o no, il loro modo di vestire è quello, appariscente, estremamente provocante, indecente, volgare.

Lo ammette lei stessa, a volte prova un contrastato risentimento che è un groviglio di emozioni, pietà, biasimo, rabbia, per queste donne, per la loro debolezza nel non fare nulla per difendere le figlie. Per amore del loro uomo, un amore malato, un amore pericoloso, permettono che le figlie subiscono violenze oltre l’immaginazione, e lei dentro si arrabbia, chi non si infurierebbe, ma deve essere professionale e accogliente.

Quando le capita di vedere donne vestite in un certo modo, comportarsi e parlare in cui certo modo, quella frase esce.

È un pregiudizio? Probabilmente sì, ne sono, però, colpevole pure io, perché anche io l’ho pensato, semplicemente la mia compagna ha avuto ed ha il coraggio di esclamarlo, io per riservatezza non lo dico.

Non so se quella donna seduta in quel tavolo fosse o no una prostituta, come dici il proverbio l’abito non fa il monaco, i modi di certo, però, ci identificano e definiscono.

Puttana!!!

Lo si dice spesso, per offendere, inveire, oltraggiare, nei momenti d’ira mi è uscita anche a me qualche frase:
Figli di puttana”, classica.

Mi chiedo, le puttane meritano questa fama?

Si sa! È il lavoro più antico del mondo, mi chiedo però, da dove deriva questo velo di pregiudizio? Se sia giusto averlo?

Mi è venuta in mente la storia di una prostituta raccontata dalla tv anni fa.

“È la bocca di rosa di via Salaria. Si chiama Susanna, ha 52 anni e fa la prostituta. Si muove in bicicletta e ogni giorno raggiunge la sua postazione pedalando sulle due ruote.
[…]
Abbiamo scoperto che la strada l’ha salvata dalla depressione e le ha permesso di crescere i suoi figli. Il suo è uno spaccato di vita duro ma anche sorprendentemente gioioso. Contro ogni avversità.
[…]
“Da piccola ho fatto le mie prime tournée teatrali come ballerina a 14 anni. Me ne andai in Francia con la compagnia di Vittorio Biagi e poi partecipai ad alcune audizioni. […] Poi ebbi un grave incidente di macchina e lì finì la mia carriera di ballerina”. […] Poi un giorno mia mamma mi prese e mi disse: Ora vieni a lavorare con me al negozio di stampe e rilegature. Ci passai cinque anni ma assumevo psicofarmaci per stare tranquilla. Mi mancavano la vita folle, le luci, la danza. Poi un giorno pensai di andare per la mia strada e cercai lavoro in discoteca come cubista. Mi allenavo già nelle palestre e avevo sempre amato l’esibizionismo. Anche quando ero ballerina mi piaceva provocare gli uomini. Sono nata molto calda, con la voglia di piacere ai maschi”.  […] “Chiamai un impresario. Mi mandarono ad Alba Adriatica. Partii col trenino. Da lì si aprì il discorso uomini e prostituzione e capii che non mi dispiaceva affatto. Con il boa, la musica di sottofondo e le scarpe coi tacchi mi sentivo a mio agio. Ero naturale e mi piaceva. Mi dissi: Perché no? Poi c’era anche il discorso dei soldi che faceva gola. Gli uomini si innamoravano, mi invitavano a cena, mi facevano regali.”

Questo è un parte di un articolo che RomaH24 ha dedicato a questa donna.
Al di là di qualunque giudizio sono incontrovertibili alcune affermazioni. “si aprì il discorso uomini e prostituzione e capii che non mi dispiaceva affatto.

L’articolo continua:

[…]
Susanna è molto affezionata ai suoi clienti. “Appartengono a tutti i tipi: sposati, separati, single. Vanno dai 18 ai 70. Sanno che in me trovano una donna diversa, ho un carattere dolce e delicato, piena d’amore e passione. Qualcuno mi manda pure i messaggi sul cellulare: Sei una grande donna, mi dicono. Voglio uscire dalla depressione come te, mi ha scritto uno una volta”.
Due anni fa però un cliente romeno l’ha massacrata di botte e ora si porta appresso la paura: “Mi ha violentata e derubata, lasciandomi legata mani e piedi. Credo che quel giorno mi abbia salvato la Madonna. Da allora la mia vita è cambiata. Adesso la gente che non mi convince la scarto, ma in generale mi vogliono tutti bene, anche la polizia che ormai mi conosce e sa tutto di me, incluso dove vivo”.
[…]

Ora! Fatevi una domanda, questa donna è vittima o colpevole della vita che ha scelto? Perché tanto c’è di quel pregiudizio che circonda la parola puttana nella sua vita. L’uomo e la donna hanno un riflesso, un’idea della prostituta, della puttana, che per correttezza etimologica ha un significato ben preciso, per chi non lo sa la parola deriva del francese putain, caso obliquo di pute «donna di facili costumi», come dicevo uomo e donna hanno un’idea ben precisa che è inscindibile da alcuni sentimenti, volgarità, depravazione, lussuria, avidità. La puttana è un pericolo è sempre stata un pericolo per le altre donne, perché è altrettanto incontrovertibile che l’uomo cerca la puttana perché in casa non trova qualcosa, molto spesso una volgarità e violenza che non vuole vedere nella donna che ha accanto. Una puttana dice sempre sì, è nata per dire sì, l’uomo pretende il sì. Questa è la più grande colpa della prostituta aver reso il sì una scusa per la violenza.

Quando la mia compagna si lascia andare a quella frase, io di solito, rispondo, sempre, che potrebbe esserci di più in quella donna, anche se è difficile da scorgere.
Un giudizio severo, spesso non altrettanto duro quando è rivolto ad un uomo. Sarà la maternità, la santità che la tradizione cattolica ha velato attorno alla donna, ma è un fatto che la donna subisce un giudizio molto più severo di quello dell’uomo. Che sia meritato o non meritato, questo è un altro discorso.

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Buona giornata a tutti.