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Maschera

Chiedo scusa a tutte le amiche e amici che mi leggono per quest’altro post cupo e forse triste.
Che posso dire mi farò perdonare.

Ieri, come ho scritto nelle ultime righe, è stata festa nella mia città natale.
Una festa religiosa importante. Negli anni ha raggiunto una notorietà insperata per la chiesa e il comune, le casse si rimpinguano per la gioia di belli e furbi.
La seconda festa per importante, prima c’è San Gennaro e dopo c’è lei, San’Agata.

Ieri ho concluso scrivendo: “Questo mondo è malato, malato nell’anima.” Ancora ho in mente le parole scritte e il cuore si agita.

IO questo mondo non lo capisco e mi rendo conto che, forse, non l’ho mai capito. Anche se ho cercato e cerco di comprenderlo e giustificarne (dare un senso) gli errori.
Sono così critico come me stesso quasi da non perdonarmi e questo sapete dove porta? Porta ad esser tollerante con gli altri. Questo mi hanno insegnato, ad esser altruista e generoso. Ma sapete qual è la verità? Lo si fa per egoismo, gli altruisti i generosi, sono pochi. Lo si fa per ricevere quello che noi non riusciamo a darci, “il perdono”, un modo per aiutarci ad alleggerire i sensi di colpa.

Sapete cosa mi disgusta, la maschera, quella maschera di onesta, sensibilità, gentilezza e amore che indossano i lupi, poveri lupi, forse è meglio dire che indossano gli uomini.
L’ipocrisia è vigliacca.
E come ogni maschera nasconde, nasconde il marcio per mostrare il bello.

Ieri girando per le vie della mia città ho visto, gioia, ho visto bambini e adulti, famiglie intere radunarsi e festeggiare all’ombra di una grande macchia bianca.

La tradizione vuole che chiunque faccia voto a Sant’Agata, può indossare “il sacco” come segno votivo. Il sacco è un saio bianco accompagnato da un copricapo di velluto nero detto scuzzetta, un cordone bianco, un paio di guanti bianchi e un fazzoletto anch’esso bianco.
Il colpo doccio è straordinario, come festa folkloristica non ha da invidiare nulla ad altre più celebri feste religiose.
Ora, non ho alcuna intenzione di lanciarmi in una disquisizione sulla fede, sono il meno indicato e il meno preparato probabilmente. La mia fede è verso l’amore e verso chi ha lasciato nella sua strada puro e incontamito amore, non verso una scultura di legno, ferro o marmo, rendere omaggio è tutt’altra cosa rispetto alla venerazione cieca e sorda. Quindi non sono la voce migliore per esprimere il senso religioso della festa.
Quel che so e credo è che la fede deve essere un patto di fedeltà e fiducia verso un dettato spirituale.
Se indossi un indumento, una collana o un fede che è la rappresentazione di quel messaggio, quel messaggio “devi” seguire e lo devi seguire sempre, non solo quando ti conviene o perché è la ricorrenza.

In questi giorni la città si inonda di bianco, diventa innocente. E lo trovo ipocrita. Questo mio senso critico, mi fa paura, perché ho la sensazione di stare diventando sempre più duro nei pensieri, ed è facile il passo al cinismo.
Come ho scritto ieri, mi sento come se viaggiassi sulle montagne russe.

Ho un solo ricordo felice di mio padre ed è legato alla festa di Sant’Agata.
L’immagine che ho in mente mi mostra me da piccolo, sei o forse sette anni, con accanto mio padre che mi tiene la mano e passaggio con lui in una via piena di gente in festa.
Un ricordo felice che dovrebbe riempire di gioia il cuore, ma al contrario mi rattrista.
Perché mi ricordo solo questo. Come si fa a ricordarsi solo questo? Ad avere solo questo?

La festa è stata un successo, numeri da record.

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Fercolo di Sant’Agata – 5 Febbraio 2023

Questa è un’immagine che ho scattato ieri sera. Cosa notate? I cellulari. Tutti in alto a riprendere o scattare, invece che pregare. Così come accade in una rissa o in un incidente, tutti a filmare o scattare, nessuno che interviene. Per carità ci sta una foto, l’ho fatta pure io, ma come per il sacco il senso di essere lì, dovrebbe essere un altro. Beh, magari sono tutti turisti.