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Brutte abitudini

Eccomi ancora una volta. Anche questo nuovo post sarà un po’ pesante, per lo meno dal mio punto vista.

 

Contenuto vietato ai minori di 14 anni.

 

Abitudini.

 

Di certo avrò già scritto in passato qualche riflessione sul tema, è abitudine tornare su pensieri già vissuti.

 

“L’enorme carico di tradizioni, abitudini e costumi che occupa la maggior parte del nostro cervello zavorra impietosamente le idee più brillanti e innovative.”

Josè Saramago

 

Vecchi e nuovi aforismi, perle gettate qui e lì. Un’altra mia abitudine.

Non è semplice percepire i nostri comportamenti e come un’espressione matematica, estrarli dalla formula. E da quella formula, tra gesti e parole, riconoscere le variabili e le costanti che ne incatenano la logica.

Stamattina mi è capitato di assistere ad una scenetta che non saprei definire.

Nelle ore che passeggio Frida, mi capita d’incrociare di continuo runner e ciclisti che corrono. Uomini e donne che, a passo di marcia, mi sorpassano a destra e a sinistra.

Oggi! arrivato in piazza, vedo una giovane ragazza, che fa piegamenti su una panchina. Esercizi, molto probabilmente per sciogliere l’acido lattico o mantenere i muscoli caldi dopo la corsa.

Ad una decina di metri, un gruppo di uomini, quattro per l’esattezza, la fissano ridendo, come si suol dire, sotto i baffi.

La ragazza in tenuta sportiva indossava una tuta molto aderente. Le temperature sono quasi primaverili dalle mie parti, è comune quindi vedere ragazze e ragazzi vestiti con tute aderenti – ideali per la corsa – sovente con braccia e gambe scoperte anche in questa stagione.

I movimenti della ragazza erano, se visti fuori dal contesto, abbastanza sexy, oserei dire erotici, si piegava a gambe divaricate, mostrando in tutta la sua tonicità il sedere.

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Non è la ragazza che ho visto, ho condiviso questo scatto preso dalla rete solo per far capire cosa quei quattro uomini vedono.

Un paio di volte ho visto due dei quattro uomini toccarsi i genitali, probabilmente in tutto questo non c’è nulla di male, un po’ d’imbarazzo io, però, l’avrei provato. Tante che i quattro ad un certo punto si sono avvicinati costringendo la ragazza accortasi del siparietto a riprendere la corsa, credo, un po’ infastidita.

 

Brutta abitudine, per l’uomo, questo comportamento. Il voyerismo è comune tra gli uomini, per molti potrebbe anche avere una logica e una sana utilità. Perché si sa! Guadare è sempre meglio che toccare.

 

L’uomo è attratto dalle forme della donna, è un fatto chimico. Le rotondità della donna sono una selezione naturale da parte dell’evoluzione. Lo scopo? Attrarre il maschio riproduttore che è in noi.

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A volte mi chiedo?

L’istinto a tradire è frutto dell’occasione che fa l’uomo ladro?

O è frutto della sua natura, frutto di quello sguardo intriso di libido e ormoni che non riesce a distogliersi da una scollatura o uno spacco?

Non sono perfetto, ho una moltitudine di difetti, il tradimento, per lo meno quello legato alla coppia, non mi è, però, mai appartenuto. Capita, sì, che l’occhio a volte cade, la moda attuale è troppo appariscente a volte. La mia natura riservata non mi ha, però, mai permesso di approcciarmi con altri esseri umani in maniera naturale, ho difficoltà già solo a trovare le parole per iniziare un dialogo, pensare a fare sesso con chi ho davanti non si è mai, neanche, palesato nell’anticamera dei miei pensieri. Triste? Per alcun teste di cazzo di certo. Ne conosce parecchi che mi considerano un fesso, per alcuni (umani legati dal sangue) persino un frocio. Ho visto stupore e sollievo anche nei miei parenti più stretti, il giorno che ho presentato la mia compagna. Abitudini che si percepiscono.

E devo scrivere da quel che ho vissuto e vivo, che era ed è ancora oggi, in certi ceti, un’abitudine per il siciliano essere maschio e virile.

Se c’è una donna o ragazza avvenente, con le forme ben in vetrina, è quasi un rito provarci, quasi un dovere guardarla come se mai donna avesse messo piede sulla terra. E alle donne piace tutto questo, magari non a tutte, ma a gran parte sì.

Da ragazzo, poi, non avevo un bel rapporto con il mio corpo, è questo frena nell’approcciarsi con l’altro sesso e mette davanti a noi a me in questo caso, tante inibizioni.

Le ha messe per lo meno. La maturità aiuta, l’esperienza aiuta, nel tempo qualche trucco s’impara.

Al di là di quel che si dice, di quel che diciamo noi timidi, noi sfortunati o sfigati, la solitudine non è mai una conquista, quando, invece, una eredità giunta per caso.

La brutta abitudine di sentici soli, non è poi così costante.

Aggiungo inoltre, che chi dice: “sto bene da solo o sola”, in realtà mistifica la verità e muta il vero significato della solitudine.

Perché di fatto non si è mai soli.

Siate onesti e oneste con voi stessi/e.

Le volte che si dice: “io sto bene da solo o sono sempre stato bene da solo o da sola”, in realtà non si vive la solitudine, ma una sorta di evasione da uno scorcio di vita, che vuoi o non vuoi, ci ha segnato e continua a segnarci.

Ritagliarsi un paio d’ore di solitudine, o un giorno, o persino una settimana, non basta a dare forma alla solitudine e alle sue profonde inquietudini.

Il mal di vivere, invece, è una costante e un’abitudine, una brutta abitudine.

 

“Qualsiasi essere amato – anzi, in una certa misura qualsiasi essere – è per noi simile a Giano: se ci abbandona, ci presenta la faccia che ci attira; se lo sappiamo a nostra perpetua disposizione, la faccia che ci annoia.”

Marcel Proust

 

Che frase triste e sconsolata, degna del più disilluso decadentismo.

Chissà!!! Visto i tempi, se mai fine abbia avuto questa corrente?

Il senso della frase sembra chiaro: Qualunque cosa facciamo non ci rende felice, non ci rende soddisfatti. È il mal di vivere.

 

Brutta abitudine.

 

Com’è che da tette e culi sono arrivato al mal di vivere?

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Sono onesto, in queste ragazze più che libertà, vedo un profondo mal di vivere.

Forse è questa la natura dello stupro. Fottersi la vita, fottersi il cervello.

Lo sappiamo cosa succede quando siamo in prende all’eros, al brivido che per pochi minuti ci rende illogici e incapaci di fermarci.

Uno, due, forse tre uomini su venti riuscirebbero a tirare fuori il loro pene quando dentro la donna lei dice: NO, BASTA.

Non so!!! Per la donna è lo stesso? Ho avete più controllo?

L’orgasmo è una bella abitudine, anche la verginità era una bella abitudine.

Oggi però è, per questa società, questo il modo di percepire l’amore:

 

Fottersi.

Fottersi.

Fottersi.

 

Nel pronunciare questa parola, non avvertite un disagio e al tempo stesso un perverso compiacimento.

Fottersi la vita, ha un senso.

Fottersi il cervello, ne ha un altro.

Ciò che è sempre lo stesso è il linguaggio che lega i comportamenti. Che siano di rivalsa o di disfatta, l’atto che prevale sulla morale è lo stesso che descrive la violenza della vita e con essa la sua fine.

Un lungo atto sessuale che può generare, vita o morte, piacere o dolore.

La riflessione di fatto è diventata un po’ a luci rosse.

Ma convengo in questo con Freud. Per il celebre analista, l’amore o è narciso o è nostalgico, in entrambi i casi doloroso e perverso e per naturale evoluzione sessuale.

Al solito esondo i miei limiti e vado oltre quel che avevo intenzione di descrivere.

A volte mi chiedo se non sarebbe meglio limitarmi a condividere un semplice aforisma e una canzone, invece di mettermi a vaneggiare come un folle.

Per ritrovarmi, alla fine, anello dopo anello, incatenato alle parole e all’ossessione.

Si scrive per tanti motivi, in linea di massima tutti giusti.

Un cantastorie tramanda vite, un poeta la denuda, la vita. Io che non sono né l’uno, né l’altro racconto il vuoto dell’anima.

 

Oh me, oh vita!

Domande come queste mi perseguitano,

infiniti cortei d’infedeli,

città gremite di stolti,

che vi è di nuovo in tutto questo,

oh me, oh vita!

Risposta: Che tu sei qui,

che la vita esiste e l’identità,

Che il potente spettacolo continui,

e che tu puoi contribuire con un verso.

Walt Whitman

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Questa è tra le più belle poesie di Whitman, tra le più belle della letteratura.

Il mal di vivere è un vuoto, un vuoto insostenibile.

Nel raccontarlo si può forse riempierlo.

Persino forse dare una descrizione dei suoi limiti, dare forma alle pareti e al suo fondo.

Perché è ancor peggio, non sapere.

 

Io tocco i miei nemici col naso e con la spada

Ma in questa vita oggi non trovo più la strada

Non voglio rassegnarmi ad essere cattivo

Tu sola puoi salvarmi, tu sola e te lo scrivo:

Dev’esserci, lo sento, in terra o in cielo

Un posto dove non soffriremo e tutto sarà giusto

Non ridere, ti prego, di queste mie parole

Io sono solo un’ombra e tu, Rossana, il sole

Ma tu, lo so, non ridi, dolcissima signora

Ed io non mi nascondo sotto la tua dimora

Perché oramai lo sento, non ho sofferto invano

Se mi ami come sono, per sempre tuo

Per sempre tuo, per sempre tuo Cyrano

Francesco Guccini “Cirano”

 

Riempitevi l’anima di poesia e bellezza e verrà da sé,

che!!!

 l’amore che vive nell’atto

verrà declamato con le forma della virtù.

Allora accadrà!

Quel verso cercato sarà trovato.

Quel vuoto, riempito.

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Scusate il lungo post e il suo contenuto.

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Caldo infernale

In questi giorni non ho avuto tanta voglia di scrivere, o meglio non sapevo di che scrivere.
Neanche ora le idee sono chiare, l’unica cosa che mi viene da sottolineare è che c’è caldo.

Il sud è stretto da una morsa di caldo opprimente, a parte restare chiusi a casa con l’aria condizionata, le uniche altre alternative sono:

il mare

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o il centro commerciale.

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Sapete, già scritto, che non amo il mare. Non c’è sollievo (parlo per me) solo un apparente refrigerio che obbliga a uscire e entrare dall’acqua in continuazione, poi è ormai risaputo: “mai prendere il solo nelle ore più calde” quindi, a che serve andare in spiaggia?

Il centro commerciale è fresco, ma anche lui ha i suoi lati negativi, facile annoiarsi dopo un paio d’ore di giri.

E dire che dai tg scopro che al nord, invece, si lotta con i temporali e le grandinate.

Un tempo a dividere l’Italia in due era la: questione meridionale, oggi è la: questione climatica.

E mentre c’è chi muore di stenti nel deserto.

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Qui c’è chi invia messaggi pubblicitari di siti dove facile è scopare (cit.)

Che menti piccole e che uso superficiale della rete. C’è, poi, da stupirsi? Direi di no!

Il 12% di tutti i siti web è porno, non è poco.
Il 25% di tutte le richieste ai motori di ricerca è pornografica, mentre il 35% di tutti i download è di natura pornografica.
E sex (sesso) è la parola in assoluto più cercata.

Non sono un’ipocrita, dire che nella mia vita non ho mai avuto a che fare con la pornografia è una bugia. Da ragazzo giravano in classe giornaletti porno ed è stato inevitabile sfogliarne alcuni, mi è capitato anche di vedere qualche film porno, non crederete mai dove!!!
Su un pullman diretto verso Taranto, durante il CAR.

Da adulto, direi dopo i 30 anni, non mi è capitato più né di sfogliare giornaletti, né di guardare film. La circoscrizione della commercializzazione era abbastanza efficace da evitare che il porno arrivasse nelle mani dei ragazzini. Lo so, se si passava da un giornalaio, vedevi ben pubblicizzati cassette e giornaletti, non era così semplice, però, comprarli, nel caso, comunque, dovevi superato l’imbarazzo e spendere dei soldini.
Oggi, con internet, non è, più, necessario acquistare né film, né riviste, i pop-up si aprono da soli poco importa chi c’è dietro lo schermo, che età ha o che condizione mentale lo affligge, tutto fa target. Donne con cosce aperte e nelle più svariate posizioni si mostrano come fiori che si aprono al mattino, il sesso nella sua più cruda ed esplicita incarnazione si materializza in tutto il suo squallore e degrado.

L’unica cosa d’illegale (rimanga tra noi) che faccio in rete è, ogni tanto, guadare in streaming qualche film (l’ultimo Avatar 2) non ancora uscito nelle piattaforme e quel che si apre quando visito quei siti è degno del più lussurioso girone dell’inferno,

Chi controlla che nessun ragazzo (bambino) o ragazza (bambina) veda tutto questo?

Non amo la censura, in nessun caso è una soluzione.

“L’assassinio: la forma estrema di censura.”
George Bernard Shaw

C’è differenza, però, tra imprigionare il pensiero e usarlo per distruggere.

Fermare un pensiero che distrugge non è censura, è libertà.

C’è caldo, un caldo estremo, un caldo torrido che lascia la terra arida, un’aridità che oggi è nei cuori e nella anime di chi vive questa società.

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Scusate la retorica da moralista, ma non mi è venuto in mente altro da scrivere.

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Dolcezze e amarezze della vita

Riallacciandomi alla riflessione condivisa nell’ultimo post, voglio aggiungere un tassello al pensiero, un tassello che segue per forza di cose la natura espressa in quel dì.

Tra gli elementi più rilevanti alla base del pensiero c’era e c’è il sesso.
Quando si parla di prostituzione si sottintende, anzi, si esplicita il sesso.

Nella coppia, è, in molti casi, l’ago, insieme al carattere e alle sue incompatibilità, che determina le dinamiche di scontro.
La mia compagna due anni fa ha subito un intervento chirurgico che ha provocato dei notevoli cambiamenti nel suo stile di vita e conseguentemente causato difficoltà.
Tra questi c’è il rapporto sessuale, in questo momento della sua vita, in cui lotta per adeguare un corpo e uno stile di vita nuovi, è passato in secondo piano, le sue necessità sono altre.

Le mie necessità, in questo contesto temporale potrebbero scontrarsi con le sue, è causare un conflitto tacito e silenzioso.
Questo è quello che accade, secondo me, nella mente degli uomini che per un motivo o un altro vedono chiusa quella porta, quel desiderio.

L’amore mi impedisce di vedere altro se non il suo benessere, il suo stare in pace con sé stessa, non la obbligherei mai a nulla che non fosse per lei un desiderio o una scelta, in questo caso ancor più d’amore. C’è da dire che per natura non sono mai stato tormentato dal sesso, è stata fortunata ad incontrare me 😀 lo so, me la tiro un pò, spero mi concediate questa lusinga.

Certo non è tutto rose e fiori, gli scontri ci sono, è nella nostra natura ancorarci a idee e giudizi e batterci per sostenerli.

Se con uno sconosciuto nulla impedisce di superare il limite del dolore, con chi conosciamo e amiamo quel limite dovrebbe esser invalicabile e invece. Sembra più facile offendere il nostro riflesso che un’ombra.

Amore e violenza, due parole che insieme non stanno bene, non le immagini complementari, ma opposte, la realtà sembra invece prepotentemente gridarci che camminino mano nella mano.

Persino l’amore più innocente quello per i figli vede la violenza un alibi per l’educazione.
Chi non ha mai ricevuto uno schiaffo o una cinghiata?

Amore!!! Quante parole ci sprechiamo e quanti alibi inventiamo per nascondere una natura incapace di viverlo a pieno.

Quanti versi per lusingarlo, provocarlo e infine incoronarlo.

Immaginate una stanza buia, l’unica luce, la luna sfumare delicatamente dalla finestra.
Immaginate un uomo innamorato, nel buio fa sue le forme indefinite del corpo dell’unica amata, tra le mani un oggetto, che quotidianamente usa per accedere la sigaretta, in quei momenti di tormento fisico.
Ecco!!! Ora immaginate.

Tre fiammiferi accesi uno per uno nella notte
Il primo per vederti tutto il viso
Il secondo per vederti gli occhi
L’ultimo per vedere la tua bocca
E tutto il buio per ricordarmi queste cose
Mentre ti stringo fra le braccia.
Jacques Prévert

Bella no? Che provate a leggere questi versi? Di certo passione, quella che fa arrossire il cuore e tenerezza per quel che la vita riesce a far sbocciare.

Quasi ogni mattina io e la mia compagna facciamo collazione, ieri mentre preparavamo, lei intenta ad uscire dal frigo le delizie, io occupato ad apparecchiare il tavolo, mi sono, senza alcun riguardo per la sua salute, messo a cantare, salute delle sue orecchie perché sono, letteralmente, stonato e così per il purò gusto di dedicarle alcuni versi mi sono impietosamente cimentato in una serenata mattutina.

Oje vita, oje vita mia…
Oje core ‘e chistu core…
Si’ stata ‘o primmo ammore…
E ‘o primmo e ll’ùrdemo sarraje pe’ me!

Potrei concludere, qui, questo pensiero, questa dedica alla mia compagna. L’unico e più grande amore della mia vita, ora insieme a Frida.

Ma aleggia, ancora, nell’aria la violenza, brutto da dire, pericoloso d’affermare, ma è presente nel mio cuore, non si dimentica quel che si è subito e vuoi o non vuoi riemerge a volte latente, come un vecchio e morente fiore di loto che galleggia isolato in un lago calmo e cristallino a volte esplode prepotentemente come le onde in tempesta che s’infrangano sulle rocche alte e violente e l’anima non può che spaurirsi.

Amore e violenza o odio che dir si voglia, due facce per la stessa moneta.
Potevo lasciarvi in bocca la dolcezza della vita e concludere, è, però, un’illusione, irreale, dovete assaporare anche l’amarezza per gustare a pieno la vita, senza illusioni, nella sua interezza, così comè: bella e tragica.

Ed è sempre la poesia a mostrare l’amarezza, come prima ha donato la dolcezza d’un amore delicato.

“[…]
Come sono salita su questo camioncino? Ci sono venuta io da sola? Muovendo i piedi uno dietro l’altro, dietro la loro spinta o mi hanno caricata loro, sollevandomi di peso? Non lo so. Non lo so.
È il cuore, che mi sbatte così forte contro le costole, ad impedirmi di ragionare… e il male alla mano sinistra, che sta diventando davvero insopportabile. Ma perché me la storcono tanto? Io non tento nessun movimento. Io sono come congelata.
Ora, quello che mi tiene da dietro non tiene più il suo ginocchio contro la mia schiena… s’è seduto comodo… mi tiene tra le sue gambe… divaricate come ho visto fare anni fa, ai bambini quando toglievano loro le tonsille. È l’unica immagine che mi viene in mente.
Ma perché la radio? Forse, forse perché non grido. Non c’è molta luce, neanche molto spazio, è per questo che mi tengono semidistesa. Oltre a quello che mi tiene da dietro, ce ne sono altri tre. Li sento calmi, sicurissimi. Che fanno? Si accendono una sigaretta.
Fumano adesso? Perché mi tengono così e fumano? Ho paura, sta per capitare qualcosa, lo sento. Respiro a fondo… due, tre volte. Ma non riesco a snebbiarmi. Ho soltanto paura. Uno, uno si muove, si ferma qua in piedi davanti a me, l’altro si accuccia alla mia sinistra, l’altro a destra, sono vicinissimi. Ho paura, sta per capitare qualcosa, lo sento. Aspirano profondamente le sigarette. Vedo il rosso delle sigarette vicino alla mia faccia.
Quello che mi tiene da dietro non ha aumentato la stretta, soltanto teso tutti i muscoli… li sento intorno al mio corpo come a essere più pronto… a bloccarmi. Il primo che si è mosso, si inginocchia tra le mie gambe divaricandomele, è un movimento preciso che pare concordato con quello che mi tiene da dietro, infatti subito i suoi piedi si mettono sopra ai miei, a bloccarmi.
Io ho sù i pantaloni. Perché mi aprono le gambe con sù i pantaloni? Sono a disagio, peggio che se fossi nuda! Da questa sensazione mi distrae qualcosa che non riesco a capire subito, un tepore tenue poi sempre più forte, fino a diventare insopportabile, sul seno sinistro. Una punta di bruciore. Le sigarette… le sigarette, ecco perché si erano messi a fumare. Io non so cosa debba fare una persona in queste condizioni, io non riesco a fare niente, mi sento come proiettata fuori, affacciata a una finestra, costretta a guardare qualcosa di orribile. Una sigaretta dietro l’altra sotto il golf, fino alla pelle, insopportabile. Il puzzo della lana bruciata deve disturbare: con una lametta mi tagliano il golf da cima a fondo, mi tagliano il reggiseno, mi tagliano… anche la pelle in superficie. Nella perizia medica misureranno ventun centimetri.
Quello che è inginocchiato tra le gambe, ora mi prende i seni a piene mani, le sento gelide sopra le bruciature… Quello che mi tiene da dietro si sta eccitando, sento che si struscia contro la mia schiena. Ora tutti si danno da fare per spogliarmi una gamba sola… una scarpa… sola. Ora uno mi entra dentro. Mi viene da vomitare. Calma, devo stare calma. Mi attacco ai rumori della città, alle parole delle canzoni. Devo stare calma. “Muoviti, puttana. Devi farmi godere”.
Non conosco più nessuna parola, non capisco nessuna lingua. Sono di pietra.
“Muoviti puttana, devi fammi godere”. Ora è il turno del secondo… Una sigaretta dietro l’altra: “Muoviti puttana devi farmi godere”. La lametta che è servita per tagliarmi il golf mi passa sulla faccia una, più volte, non sento se mi taglia o se non mi taglia. “Muoviti, puttana. Devi farmi godere”. È il turno del terzo. Il sangue dalle guance mi cola alle orecchie. “Muoviti puttana, devi farmi godere”. È terribile sentirsi godere nella pancia… Delle bestie.
Sto morendo, riesco a dire. Ci credono, non ci credono.
Facciamola scendere. Sì, no. Vola un ceffone tra di loro e poi mi spengono una sigaretta, qui, sul collo. Ecco, io lì, credo di essere finalmente svenuta. Sento che mi stanno rivestendo. Mi riveste quello che mi teneva da dietro come se io fossi un bambino piccolo. Non sa come metterla con i lembi del mio golf tagliato, me lo infila nei pantaloni e si lamenta, si lamenta perché è l’unico che non abbia fatto l’amore… pardon… è l’unico, che non si sia aperto i pantaloni, mi mettono la giacca, mi spaccano gli occhiali e il camioncino si ferma per il tempo di farmi scendere e… e se ne va.
Mi chiudo la giacca sui seni scoperti. Dove sono? Al parco. Mi sento male… mi sento male proprio nel senso che mi sento svenire… e non soltanto per il dolore fisico in tutto il corpo, ma per la rabbia, per l’umiliazione, per lo schifo… per le mille sputate che mi son presa nel cervello… per… quello che mi sento uscire. Mi appoggio a un albero… mi fanno male anche i capelli… certo me li tiravano per tenermi ferma la testa. Mi passo una mano sulla faccia… è sporca di sangue.
Alzo il bavero della giacca e vado. Cammino… cammino […]”
Stralcio da: “Lo Stupro” di Franca Rame.

Ogni tanto rivedo lo straziante monologo di Franca, dovrebbero mostrarlo con tutta la sua ferocia nelle scuole magari non medie, ma superiori, come esempio di quel che l’uomo non deve essere, di come si deve sentire guardandosi allo specchio, una merda, una vigliacco senza palle e intelligenza, così, come le donne devono comprendere che non è necessario conquistare il cuore di un uomo camuffandosi da puttana, fingendosi una puttana.

Un’amica con grande cuore e empatia, ha espresso la compassionevole volontà di comprendere anche la prostituta, distinguendola dalla puttana e forse ha ragione le prostitute a volte non sono puttane.
Cara amica, però, non ho pietà neanche di loro, come non ne ho dell’uomo che sbatte la faccia di una ragazza sul marciapiede, le strappa le mutandine e la violenta, solo perché a differenza di una puttana dice di no.

Principi e valori.

Come tanti homo sapiens dal nostro piedistallo in coro gridiamo alla pace, alla non violenza, al deporre le armi, e come tante teste di cazzo, tutti, nessuno escluso, facciamo finta di niente mentre armiamo mani e braccia che uccidono, alla faccia della morte. Allo stesso modo camminiamo a passo di lumaca con in mano fiaccole e manifesti in omaggio e ricordo della morta strupata di turno, gridando lo slogan più accattivante, mentre in silenzio si lasciano figlie e figli ruzzolare in un fango virtuale dove accattivanti pose e luccicanti labbra si vestano da puttane, togliendo piano, piano dignità e arte, quell’arte che rende un nudo una preghiera all’anima.

Eccola, la vita dolce e amara di ogni essere umano.

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Oltre

Se penso alla mia storia d’amore, mi vengono in mente un’infinità di episodi, tantissimi meravigliosi, qualcuno un pò meno meraviglioso. Se vado a ritroso con i pensieri mi viene in mente una frase che la mia compagna mi disse agli inizi della nostra storia (una delle tante).
Io non ero quel che lei aveva, sempre, cercato in un uomo. Gli uomini che aveva tentato di frequentare avevano un carattere e uno stile di vita, totalmente, diverso dal mio.
Alla fine, però, si è legata a me. Perché?
Lei si è risposta così:
“Dio non mi ha mandato quello che volevo, ma quello di cui avevo bisogno.”

Una frase piena di sensibilità di certo, ma piena anche di aspettative, forse, disilluse, ma non perse.

La donna!!! Meravigliosa e stupenda creatura, capace più di chiunque altro di vedere e andare oltre.

Come molte donne ha riconosciuto la perseveranza, un altro modo di chiamare l’amore (mi congedo questa licenza poetica, nonostante il detto :-)). Perseverare e nel perseverare mostrare (a lei) che nulla era più importante di LEI. Restare, anche, quando mi aveva voltato le spalle e deciso che non andavo bene per la sua vita. Restare con la dolcezza, con le carezze, cercando di mostrarle la scelta, persino quella di lasciarci per il bene di entrambi. Momenti (pochi per fortuna) che si concludevano con quel abbraccio che sapeva, che diceva, addio. E poi!? Il miracolo. Tutto: Parole, riflessioni, decisioni si disolvevano come neve al sole, tutto si resettava e più nessuno sentiva di voler andar via.

Chissà, forse, si è innamorata perché ho lottato per lei. Perché non ho retrocesso nonostante le sue intemperanze e incertezze. Perché, forse, ha visto oltre quel che non andava.

Per una donna probabilmente, è più rischiosa, la scelta del compagno (tanto da perdere e da sacrificare, ancora oggi).
L’uomo è più facilone, più superficiale, spesso, molto spesso un bastardo.

Attenzione presenza (forse) di parole e frasi che possono o potrebbero urtare la sensibile e il buon gusto comune.

Ho visto o meglio sentito quel che può uscire dalla bocca dei miei simili, quando vedono una bella donna:
“Che culo”, “che tette”, “me la scoperei”.
Queste sono alcune (le meno volgari) frasi che esprimono quel che passa nella mente di un uomo, la prima volta che incontra una donna e mi sono limitato rispetto a quel che avevo intenzione di scrivere.
Anche le donne so hanno pensieri simili.
Il desiderare di far l’amore non è un peccato, anzi (molte donne dopo il matrimonio lamentano la poca attenzione verso quest’aspetto).

Non sono un moralista (credo di non esserlo) e non voglio bacchettare nessuno (per adesso), racconto solo quel che sento ed ho vissuto.
Quando incontrai la prima volta la mia compagna non la notai certo per quel che pensava, non la conoscevo, non conoscevo il suo carattere, la sua anima, neanche la sua voce, la notai per i suoi occhi e sì, anche, perché mi piaceva com’era (fisicamente) e nei giorni successivi, nacque e aumento il desiderio di far l’amore con lei, il desiderio di abbracciarla, di baciarla, di avvolgere le sue forme. Lo scopo non era, però, portarmela a letto, ma portarmela a casa per sempre.

La libertà di esprimersi e mostrarsi come si vuole è legittima: Tette, culi, fiche, cazzi. Persino la libertà d’usare un linguaggio pseudo seduttivo da rivista porno è, legittima. Ma nel contesto giusto, però. Molti utenti (soprattutto donne) dovrebbero riflettere, molto seriamente, sulle immagini che pubblicano, sulle immagini che vogliono le rappresenti. Troppi uomini ci sono in giro con in testa il pensiero, che la donna sia solo una fica da scopare.

Ci sono tante teste di cazzo in giro, immagino che per compensazione, ci siano in giro, anche, tante fiche con occhi, bocca e naso. Da uomo, però, mi sento di scrivere: Riflettete! Riflettete su questa anatomizzazione della Donna e su chi deve educare a che le bambine diventino donne da amare e non femmine da scopare e perché no, al che i bambini diventino teste pensanti e non teste di cazzo.

Il pensiero è molto più articolato di quanto posso descrivere e rischio di deviare troppo dal mio pensiero originale. Sono partito dall’amore, come sempre, per giungere alla seduzione.
C’è stata una dogmatizzazione del termine seduzione, si è riversato in esso la malefica perversione del male (per restare in tema religioso). Il corpo è diventato un precetto per sfogare un amplesso, un semplice atto fisico il cui unico scopo è provare: 3, 4, al massimo 5 secondi di piacere fisico.
La natura ha saputo nella sua bestialità far meglio, seppur lo scopo è, sempre, quello (quei 3, 4 secondi) ha reso danza e canto, simboli di seduzione, ne sono un esempio straordinario: gru e cavallucci marini.

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Sapete come definirei (io) la seduzione? Come la capacità di guardare negli occhi il vostro o la vostra compagna e riuscire a vederci un futuro (ne basterebbe uno). Un futuro fatto di attese, di rincorse, d’incontri, di sorrisi e pianti, un futuro fatto di fatica e nonostante questa lottare per quella fatica.

Cosa si vuole e cosa si ha bisogno?
Io non so ancora cosa voglio (un giorno, forse, lo scoprirò), ma, oggi, di certo so, di cosa ho bisogno.

D’amare.