Il tempo sospeso

tramonto

C’era da aspettarselo: a forza di strappare ogni giorno un foglietto dal calendario, inevitabilmente questi finiscono e ci ritroviamo, di nuovo, al 31 dicembre. Come sempre.

Una data che non amo particolarmente.

Da giorni noto, ovunque, una crescente eccitazione per progetti festaioli sempre più esagerati. Dovevo trovarmi, con la mia ragazza, per una tranquilla serata con i suoi amici, ma è rimasta vittima dell’influenza stagionale ed è costretta a letto da febbre alta. Declino diversi inviti a feste private e pubbliche e decido di organizzare una giornata a modo mio. Quando la mia Fiat “500” mi vede arrivare, con lo zaino in spalla, freme dalla felicità e mi sorride radiosa. Intuisce che stiamo partendo per un viaggio tutto nostro. Se potesse si metterebbe in moto da sola e mi verrebbe incontro.

Parto da Molinella e mi dirigo verso Argenta, supero Alfonsine e da lì proseguo per Ravenna: città bellissima, che ho già visitato altre volte e che rivedo sempre con piacere.

Parcheggio in centro, vicino al Palazzo Comunale, e mi incammino verso la Basilica di San Vitale. Il tempo è discreto ma la temperatura è piuttosto rigida e mi chiudo a bozzolo nell’eskimo imbottito e sulla testa calo il cappuccio.

Basilica

Questa basilica è una perla che mi ha affascinato fin dalla prima volta che l’ho visitata. La pianta è un ottagono, da sempre simbolo di equilibrio del creato e della vita eterna. Usato molto nella costruzione dei battisteri per significare la rinascita a una nuova vita. Una simbologia antica, non solamente nella religione cristiana. Possiede, infatti, forti richiami esoterici anche nelle filosofie orientali, come il Buddhismo e il Taoismo. Nel 1240 Federico II immortalò la figura dell’ottagono nella famosa costruzione di Castel del Monte.

La Basilica di San Vitale è stata consacrata nel 548 dal vescovo Massimiano.

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Resto sempre meravigliato dal suo interno, dalla disposizione delle colonne, delle esedre, dagli archi, dai capitelli finemente intarsiati: pietra lavorata magistralmente, come un delicato e gentile ricamo. Poi, la leggerissima cupola, lassù, in alto.

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Una disposizione degli elementi molto particolare, studiata ad arte per valorizzare un’altra componente semplice ma fondamentale: la luce. Una luce che entra in punta di piedi e poi si rafforza, si espande, scivola lieve e si diffonde, soffusa, per ogni dove, accarezzando le bellissime decorazioni e i mosaici.

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I preziosissimi e splendidi mosaici, alcuni di impronta classica, con scene dell’Antico Testamento, con Evangelisti e Profeti. Altri in stile bizantino: i cortei imperiali di Giustiniano e Teodolinda, avvolti da preziose tessere d’oro.

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Dopo la Basilica visito il Mausoleo di Galla Placidia, a croce greca, del V secolo. Anche qui trionfano i mosaici con Evangelisti, Apostoli e il Buon Pastore: sono del 400, i più antichi della città. E ci sono i tre sarcofagi e il bellissimo cielo stellato dipinto sulla volta.

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Non ho tante parole per descrivere la bellezza di ciò che vedo, e a volte è meglio nemmeno cercarle. Entrare in questi luoghi è penetrare nell’emozione pura, dove le parole cessano di avere un significato e si può solo contemplare in silenzio, assorbire sensazioni con gli occhi e lasciare che sia l’anima a gestire le emozioni. Qui il tempo sembra sospendere il suo fluire, fermare il suo corso.

Mi costringo a uscire e tornare al mondo.

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Riprendo a camminare per il centro, fumando lentamente la mia vecchia pipa. Fervono i preparativi per la festa che si terrà in serata e stanno montando un palco per ospitare, senza dubbio, qualche concerto.

In via Ricci entro nel Palazzo Rasponi, antica dimora del 1400, che da un paio di anni ospita la “Ca de Ven”, un ristorantino dove servono specialità romagnole.

L’ambiente è molto bello, con scaffalature del 1800 in scuro legno massiccio.

Mi siedo e pranzo con un vassoio di salumi, formaggi, piadine e un bicchiere di Sangiovese. Siamo in pochi avventori, ma si vede che tutti i tavoli sono prenotati per la serata.

Dopo il pranzo vado verso il parcheggio, fermandomi un attimo in una drogheria per qualche acquisto.

In auto esco dalla città e mi dirigo verso la costa, poi verso nord, sulla strada Romea. Passo Marina Romea, alla foce del Lamone, e mi fermo a metà strada verso Casal Borsetti, tra pinete e lagune, spiagge e moli con frangiflutti e vecchi capanni da pesca. La spiaggia è larga e la sabbia fine.

Lascio l’auto su uno sterrato, tra le prime dune.

Cammino a lungo sulla spiaggia, costeggiando il mare. Qui sulla costa la temperatura è meno rigida che nelle città dell’interno e l’eskimo mi protegge bene.

barche

Tra i moli e gli scogli trovo diverse barche ormeggiate che oscillano al ritmo delle onde, con gli alberi spogli delle vele e il sartiame che freme nel vento e per il desiderio di affidarsi di nuovo al mare. Altre barche sono tirate in secca direttamente sulla spiaggia, in paziente attesa di poter rimettersi in viaggio. Sono spiaggiate vicino a capanni di legno pesantemente segnati dal tempo e dalle intemperie.

capanno

A tratti si alzano raffiche di vento che mandano le onde a infrangersi sugli scogli con violenza, sollevando nuvole di schiuma bianca.

Un imponente banco di nebbia staziona sul mare, ma poco alla volta si espande anche verso la costa e in breve tempo avvolge tutto. Il paesaggio, il mondo, perde i suoi colori: ora è tutto un bianco e nero che si fondono e creano infinite sfumature di grigio.

barca

Continuo a camminare e il fumo della mia pipa ora si mimetizza molto bene nella nebbia che avvolge tutto. In giro non c’è anima viva, anche i gabbiani non volano più e si guardano attorno stupiti e ammutoliti.

piccione

Mi piace moltissimo il mare d’inverno. Trovo quella speciale solitudine che permette di riflettere, di pensare. È quella che io chiamo “solitudine creativa”, perché feconda di progetti. È anche una “solitudine rigeneratrice”, che consente di guarire l’animo dalle abrasioni causate da una società convulsa e frenetica.

In mezzo a questa strana luce grigia, avvolto da una nebbia fitta e impalpabile, anche qui il tempo sembra in sospeso, sembra si sia fermato.

scoglio

Cammino ancora un paio d’ore sulla battigia, poi ritorno alla duna dove ho lasciato l’auto e mi siedo sulla sabbia, su una coperta che tengo sempre in auto, con le spalle agli alberi della pineta. La sera è ormai calata ed è ora di pensare alla cena.

Dall’auto prendo il fornelletto da campeggio, a gas, anche lui vecchio compagno di avventure. Lo posiziono sulla sabbia, lo accendo e sulla fiamma pongo una piccola piastra sulla quale adagio, con attenzione, la salsiccia che ho acquistato in centro a Ravenna. La griglio con calma e delicatezza, poi la infilo tra due monumentali fette di pane, mentre dallo zaino magico spunta una bella bottiglia di Sangiovese. È il mio perfetto cenone di Capodanno!

nebbia

Sulla bomboletta di gas svito la testa con gli ugelli per la cottura e la sostituisco con la testa della lampada. Ho così una bella luce discreta, calda e allegra.  

Quando le lancette dell’orologio segnano la mezzanotte, sto giusto finendo di cenare e alzo il bicchiere al cielo e brindo alla salute del mondo.

Poco alla volta la nebbia si dirada e le nuvole si aprono per lasciare filtrare il chiarore di una luna che timidamente si affaccia su questo nuovo anno.

luna

Un vento leggero soffia da est, viene dal mare. Mi sembra quasi di sentire il profumo di lontane terre d’Oriente. Sono sicuro che questo vento è nato sul Bosforo, ha sorvolato Bisanzio, accarezzato le Korai sull’Acropoli di Atene, si è rinfrescato tra le foreste dei Balcani e ha giocato con i minareti di Sarajevo. Ed ora, dopo aver attraversato il mare, giunge a me per portarmi il ricordo delle terre visitate nei miei viaggi passati.

Fumo con calma la pipa. Penso, progetto, programmo, scrivo e sono contento di essere qui, in questo momento, in questa notte. Sono solo ma se qualcuno potesse vedermi rimarrebbe stupito: sono seduto a terra, a gambe incrociate, alla luce di una fiamma, con il cappuccio ben calato sulla testa e assomiglio sempre più a un apache fuggito dalla riserva.

Ho messo a punto buoni progetti per la vita e per il lavoro, ho preparato programmi per nuovi viaggi. E quando preparo nuovi viaggi mi sento particolarmente felice, come un bracco che ha appena fiutato la pista di un fagiano.

Ormai è l’alba e il sole fa capolino dal mare, sale proprio dalla linea dell’orizzonte e il tempo sembra volgere al bello. È la prima alba di questo nuovo 1977.

alba

Scendo sulla battigia, dove la sabbia è più solida, e mi alleno per più di un’ora. È un fluire costante e continuo di movimenti lenti alternati a movimenti rapidissimi, compiuti con la mente svuotata dai pensieri, in totale concentrazione e con un rigoroso controllo del respiro. Gesti antichi di secoli, giunti a noi da una cultura millenaria e raffinata. Anche quando ci si allena intensamente il tempo sembra sospeso, le lancette dell’orologio arrestano la loro corsa, l’istante si dilata a dismisura. 

È un buon momento per allenarsi nelle Arti Marziali orientali, almeno secondo la tradizione taoista. C’è la presenza contemporanea del sole che sta nascendo e della luna che non è ancora calata, del giorno che sta arrivando e della notte restia ad allontanarsi, e la presenza di tre elementi fondamentali come il Cielo, la Terra e l’Acqua: un momento di perfetta armonia tra Yin e Yang.

Dopo l’allenamento cancello le tracce della mia permanenza sulla duna, riprendo lo zaino e risalgo in auto, lascio la costa e mi dirigo verso l’interno. Arrivo in centro ad Alfonsine e ho l’impressione di giungervi dopo una battaglia: la piazza è deserta, piena di carta, stelle filanti, coriandoli, bottiglie rovesciate e bicchieri di carta. In un angolo vedo i resti di un grosso falò, ormai spento e fuligginoso.

Sembra un paese attraversato da una torma di lanzichenecchi infuriati.

Trovo un bar già aperto (o forse non ancora chiuso) e ordino un abbondante, doppio caffè, che sorseggio amaro e bollente.

Mi accorgo che sull’arco della porta c’è un bel ramo di vischio, l’antica pianta sacra dei druidi e degli sciamani delle isole britanniche, e che nella cultura celtica era simbolo di fortuna, salute, benessere.

Con il barista ci scambiamo uno sguardo amichevole, un sorriso e un solenne e sonoro: “Buon Anno”!

1° gennaio 1977

Il tempo sospesoultima modifica: 2020-12-17T19:03:40+01:00da Francesco.saldi

4 commenti


    1. //

      Grazie Patrizia, sei sempre molto gentile!
      Buon 2021 anche a te e alla tua famiglia|


  1. //

    Davvero bellissimo!! E poi mi ritorna in mente quando siamo andati insieme a Ravenna!! Che bella giornata


    1. //

      Grazie, anche quella fu una bellissima giornata! Speriamo di poter presto ripartire assieme!!!

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