Frammenti

Nostalgia


Caro amico, al calar della sera mi è sempre piaciuto sedere sulla spiaggia per osservare il disco rosso del sole che lentamente scivola in mare. Si inabissa tranquillo, senza fretta, donando all’acqua bellissimi riflessi dorati.

Vele bianche scivolano silenziose verso l’orizzonte.

Alcuni gabbiani si rincorrono nel cielo sereno lanciando striduli richiami, altri zampettano sul bagnasciuga frugando, con il becco, tra le conchiglie trasportate dalla risacca.

Questa spiaggia la conosco bene: qui sono nato e qui ho vissuto la mia vita.

Ho seguito le orme di mio padre nell’attività di bagnino e di salvataggio, durante la stagione estiva. Negli altri giorni dell’anno lavoravo come carpentiere nei cantieri navali, dove riparavo e ripristinavo le barche in legno.

Mi piaceva molto anche aiutare i pescatori ad aggiustare le loro reti e le nasse. Si stava assieme, lavorando, fumando e raccontandoci tante cose. Sono nate belle amicizie sulla riva di questo mare.

Adagiata lungo la spiaggia, vedo che la cittadella si sta preparando per la sera: accende le luci dei lampioni, delle vetrine, delle tante insegne e ogni finestra è già un piccolo rettangolo luminoso.

Seduto sulla sabbia ancora calda, rifletto e medito a lungo su come la mia vita sia stata strana, bizzarra, per certi versi effimera.

Ma è ora di rimettersi in cammino, non posso fare tardi al mio appuntamento.

Mi alzo, risalgo la spiaggia e mi incammino verso il centro del mio bel paese.

Mi piace passeggiare tra i vicoli e osservare la vita che scorre attorno a me, in questa calda, piacevole serata di fine estate.

La strada è piena dei tavolini di bar, ristoranti, trattorie dove moltissime persone cenano, bevono, fumano e chiacchierano allegramente.

In queste trattorie anch’io venivo spesso a cenare con gli amici. Ora non mi è più possibile farlo ma ricordo con nostalgia quei momenti, il sapore squisito di certi piatti e il profumo che giungeva dalla cucina, l’allegria delle buone amicizie e le interminabili discussioni con un bicchiere di vino tra le mani.

Cammino lentamente tra i tavoli ascoltando brani di conversazioni: persone preoccupate per il lavoro, giovani che sperano di non essere interrogati a scuola il giorno dopo, chi è alle prese con i primi amori e chi invece li ha già persi, progetti di viaggi e vacanze e progetti già in partenza irrealizzabili.

Fili di vita quotidiana che si dipanano nella sera.

Vedo qualche vecchio amico seduto a bere e noto che alcuni hanno cambiato compagna: è la vita che segue misteriosi sentieri.

Anche la mia fidanzata, la mia ex dovrei dire, ora ha un nuovo accompagnatore. Non lo conosco, non faceva parte del nostro vecchio gruppo, ma mi auguro possa darle tutto l’affetto, l’aiuto e il conforto che lei si merita. Io, purtroppo, non posso più far nulla per lei.

L’osservo e mi vengono alla mente i bei momenti trascorsi assieme e la felicità che ci pervadeva nel progettare un futuro per noi due.

Nostalgia di sogni definitivamente svaniti.

Scioccamente temo possa vedermi e sentirsi in imbarazzo. Naturalmente so che questo non potrà succedere.

Scivolo lungo i marciapiedi osservando le vetrine illuminate.

La maggior parte dei negozi sono chiusi ma alcuni restano aperti fino a tardi. Tra questi vedo, con piacere, la libreria dove trascorrevo molto tempo a sfogliare le novità appena arrivate e a chiacchierare con il mio amico che la gestisce. Lo vedo indaffarato a sistemare volumi nelle scaffalature, di sicuro sono i nuovi arrivi.

Ho l’impulso di salutarlo, ma mi trattengo perché sarebbe inutile.

Mi incammino lungo il corso principale e raggiungo un bar che ha un bel giardino attorno e che frequentavo una volta.

Sai, amico, questo locale mi piaceva veramente molto.

Per fortuna posso ancora sedermi su una panchina del giardino e ascoltare la bella musica jazz che esce dalle porte e finestre aperte.

Il suono di un gentile pianoforte si accompagna a quello poderoso e gutturale di un sax. Le note cristalline del piano sembrano uno scintillante sgocciolio di acqua fresca e pulita e, assieme a quelle rauche del sax, salgono lentamente, quasi tenendosi per mano, nel cielo ormai buio e ingentilito da delicate e tremolanti stelline.

Mi ritengo ancora fortunato perché riesco almeno ad ascoltare la musica: è una delle poche cose che posso ancora concedermi.

Resto a lungo seduto a godermi la bella notte e mentre sono qui penso che mi sarebbe piaciuto ascoltare questo buon jazz come facevo una volta: sorseggiando un bicchiere di whisky e fumando lentamente un buon sigaro.

Purtroppo, anche questa è una delle tante cose che non posso più concedermi.

Resto seduto ancora un po’ e penso che in queste sere di fine estate mi è più facile e meno doloroso camminare qui in paese.

La stagione più critica è l’inverno, soprattutto in prossimità delle feste natalizie e di fine anno.

In quei momenti la nostalgia è più acuta, tormenta e morde l’anima.

Per le strade, in occasione di quelle feste, la gente sorride felice, è più contenta. Si accendono le insegne più scintillanti e le calde vetrine decorate dei bar, dei ristoranti e dei negozi sono ancora più invitanti.

In quel periodo mi soffermo sui marciapiedi e osservo quell’umanità allegra e felice. Vorrei entrare anch’io in qualche locale ma ancora non ci riesco, sono materialmente impedito. E allora resto, solo, in strada.

In quei momenti vorrei anche evitare di camminare tra queste strade, vorrei andare via, migrare da qualche altra parte, ma non posso non farlo.

Mi rimetto in cammino e attraverso la piazza bene illuminata e piena di gente, e arrivo all’incrocio delle due strade principali.

Mi fermo in prossimità del passaggio pedonale regolamentato da un semaforo.

Vedi, caro amico sconosciuto, questa passeggiata sono quasi costretto a compierla tutte le sere, c’è qualche cosa che mi spinge a partire dalla spiaggia per arrivare fin qui e a quest’ora.

Non è solo un appuntamento, è diventato quasi un pellegrinaggio.

Forse è perché proprio qui, su queste strisce pedonali, tu l’anno scorso mi hai investito e ucciso con la tua auto e poi sei fuggito via come un ladro.

E, in effetti, sei un ladro: hai rubato la mia vita, la mia giovinezza, cancellando in un attimo affetti, progetti e speranze… e la possibilità di fumare buoni sigari.

Ma non ho rimpianti, non ho rancori, solo una grande nostalgia.

Francesco Saldi