Il suo outfit non è andato giù a molti, non solo i più bacchettoni ultraconservatori. Rania Youssef, 45enne attrice egiziana, non solo ha ricevuto molte critiche, ma dovrà anche affrontare un processo penale, la cui data di inizio è stata fissata al 12 gennaio. Oltre agli attacchi feroci, all’attrice egiziana, molto popolare nel suo paese, si è vista negare anche ogni forma di solidarietà da parte dei colleghi.
Tutto è iniziato qualche giorno fa, quando Rania Youssef si era presentata alla serata finale del Cairo Film Festival indossando un vestito scuro ed elegante, ma forse troppo trasparente per un paese islamico e decisamente conservatore. Tre avvocati avevano quindi deciso di denunciare l’attrice, con l’accusa di «atti osceni in luogo pubblico, volti a incitare il libertinaggio, il vizio, la tentazione e la lussuria».
La denuncia, comunque, era giunta dopo diverse critiche e attacchi sui social network all’indirizzo dell’attrice. Neanche le associazioni sindacali avevano espresso la loro vicinanza a Rania Youssef, ma, anzi, ne avevano condannato la scelta dell’abito: «Ci rincresce sottolineare che alcuni invitati alla serata finale del Cairo Film Festival non si sono adeguati alla tradizione, ai valori e alla morale della comunità». Rania Youssef, ora, è convocata per il prossimo 12 gennaio in un tribunale del Cairo, dove dovrà difendersi dalle accuse: rischia una condanna fino a cinque anni di carcere.
Non è la prima volta che, in Egitto, qualcuno finisce a processo per questi presunti attentati alla moralità. Un’abitudine, questa, che riguarda soprattutto le donne. Solo pochi mesi fa, una ballerina russa di danza del ventre era finita a giudizio per turbamento della moralità, mentre tre anni fa una giornalista, ‘rea’ di aver fatto una confessione piccante, era finita sotto processo.