Duomo di Milano: il quadrone sull’attentato a Carlo Borromeo.

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archibugiataCaro lettore, cara lettrice, se abiti a Milano o hai l’occasione di recarti in “centro”, ti invito ad entrare in Duomo perché come consuetudine, dal 4 novembre vi sono esposti i famosi quadroni  che rappresentano alcuni momenti importanti della vita di Carlo Borromeo. Attirerà la vostra curiosità sicuramente la scena nella quale una losca figura in basso a sinistra fa capolino nella cappella dove il santo è in devota preghiera. E’ la scena che raffigura il famoso attentato subìto dal Borromeo ad opera di Gerolamo Donato, detto il Farina. Quest’ultimo riuscì ad introdursi nel cuore della curia di Milano, ovvero laddove il cardinale usava ritirarsi per pregare assieme alla sua “corte” (perdonatemi il termine, ma esso vuole intendere uno stuolo di persone tra familiari, guardie e chierici scelti, proprio come una famiglia gentilizia). Vestito come un gentiluomo probabilmente per mischiarsi tra i presenti, riuscì a sparare al Borromeo con un archibugio mentre quest’ultimo era intento a pregare. Il colpo andò parzialmente a segno in quanto Carlo stesso riferì di aver sentito all’improvviso una percossa in un osso del filo della schiena. L’evento fu la causa principale per aprire il processo di canonizzazione in quanto fu ritenuto un miracolo. Provo però a usare la ragione e voglio esporvi una serie di variabili che possono giustificare il fallimento di Gerolamo. Di quest’ultimo personaggio ho trovato in alcuni testi diverse descrizioni, anche se in particolare quelle che vanno per la maggiore sono due: la prima lo descrive come un frate umiliato con una forte propensione al denaro, mentre la seconda lo descrive come un losco individuo assoldato dai frati umiliati. Le varie letture sul tema mi fanno propendere per la prima ipotesi, ovvero che Gerolamo Donato fosse un frate umiliato. Al momento non voglio addentrarmi sul possibile “carattere” di quest’uomo perché lo vedremo successivamente. E’ un’ipotesi però che in quanto frate non fosse avvezzo all’utilizzo di armi da sparo, ed in particolare all’archibugio che altro non era che l’antenato del fucile. Più preciso dello scoppietto, l’archibugio manteneva comunque tutte quelle criticità che lo avrebbero poi fatto evolvere in un’arma più precisa. Il limite maggiore stava nel suo sistema di accensione che poteva essere a miccia o a ruota. Nell’accensione a miccia, il tiratore doveva porre della polvere fine nello scodellino e richiuderlo, dopodiché infilare la polvere grossa e la palla di piombo nella canna, pigiando tutto sul fondo. Tirando il grilletto, la miccia accesa entrava in contatto con la polvere fina  che si incendiava e trasmetteva il fuoco alla polvere grossa che, a sua volta, esplodendo proiettava il colpo fuori dalla canna. Il tempo di preparazione non era indifferente e anche l’operazione di sparo richiedeva del tempo. Gli archibugi con meccanismo a ruota  avevano una grossa molla che al momento dello sparo metteva in movimento una ruota zigrighinata che  al contatto con la pirite produceva delle scintille che accendevano la polvere fine che a sua volta innescava lo scoppio della polvere nera e così via. Quest’ultimo modello era molto costoso ma anche se fosse stato il modello usato dal Farina, così come il primo, aveva davvero dei limiti dettati dall’operazione di carica e dall’operazione di sparo. Di certo il Farina doveva aver preparato l’arma anzitempo; non poteva certo farlo all’interno della curia dove già l’introduzione di un arma che non poteva passare inosservata ne richiedeva l’occultamento sotto vestiti di un certo tipo (larghi, abbondanti..). I movimenti circospetti e tesi avrebbero tranquillamente potuto limitare l’efficacia del caricamento. Ora consideriamo l’animo che Gerolamo poteva avere negli istanti precedenti all’attentato: decise di colpire il Borromeo nel cuore della Curia milanese e nel momento più importante. E’ da considerarsi un’azione suicida con un alto valore simbolico. Numerose in letteratura sono le storie di kamikaze che decidono di immolarsi per un ideale perché hanno perso tutto. Gli attimi che precedono il gesto suicida sono carichi di tensione, il corpo trema e non può essere lucido. Il vero miracolo fu come Gerolamo riuscì a scamparla, circondato com’era dai famosi birri (guardie) della famiglia Borromeo. Eppure lo stupore per un gesto tanto inaspettato come la scelta del luogo dove avvenne, fece sì che Gerolamo riuscì a dileguarsi. Forse gli sguardi di tutti erano rivolti verso il Santissimo Sacramento e il Borromeo?  Tutti accorsero in primis da lui a sincerarsi delle sue condizioni. Difficile credere a quelle ricostruzioni ecclesiali che sottolineano come Gerolamo si procurò i soldi per le armi (furto agli umiliati stessi) piuttosto che lo abbia fatto per soldi, 20/30 soldi, così come un certo Giuda… Ecco un altro parallelismo religioso: così come Gesù fu tradito per 30 denari da un suo discepolo, così Carlo viene tradito da un membro dell’ordine di cui è protettore e che lo fa per soldi. A voi scegliere quale miracolo accettare.

Duomo di Milano: il quadrone sull’attentato a Carlo Borromeo.ultima modifica: 2017-11-22T21:02:42+01:00da humilitasomniavincit
2017 "Humilitas" by Diego Moretti