-aggio

Che un libro ben scritto sia pure divertente, è una rarità. Solo che nel caso di Autobiogrammatica, per apprezzarne facondia e brio, serve amare le parole. Di conseguenza, il lettore che per indole non sa godere della vorticosa contraddanza delle stesse, si congederà sbattendo la porta. Peccato, perché questo è un libro maledettamente serio.

Lingua e linguaggio, una coppietta battagliera! Mi servivano entrambi, ma preferivo il secondo. Quando un editor americano per suggerirmi di formulare bene una data argomentazione mi ha detto: Here you could provide some language showing that… (Qui, vedi, potresti fornire un po’ di linguaggio che mostri come…) ho capito che il linguaggio era un taglio di carne o un metro di stoffa, una cosa materiale. E che una lingua, a raccontarla, diventa per forza un personaggio.

Doveva essere, questo passaggio dalla lingua al linguaggio, un procedimento come il dragaggio o il filtraggio o il rodaggio o il carotaggio o l’imballaggio: artigianale, spesso macchinoso, magari grossolano; o addirittura un impedimento, come il grippaggio o il boicottaggio (se non un crimine come l’aggiotaggio, il pestaggio, il linciaggio); comunque generoso di magagne e grane e rabberciature e sfrido. E, per inciso, ho pensato che questo viaggio nel mio linguaggio forse era futile, ma forse no, se via via che riflettevo sulla lingua mi accorgevo del suo potere; scoprendo per esempio tutto ciò che –aggio può combinare quando incide una parola e ci si innesta, come una mano bionica o una baionetta”.

Tommaso Giartosio, Autobiogrammatica

Alighiero Boetti “Oggi il primo giorno dodicesimo mese” 1988 (arazzo, ricamo su tela, 108,6 x 107 cm) | Text art, Conceptual artist, Design art

Alighiero Boetti, Oggi il primo giorno dodicesimo mese

-aggioultima modifica: 2024-03-08T12:20:23+01:00da Fanny_Wilmot

19 pensieri riguardo “-aggio”

  1. “… ho capito che il linguaggio era un taglio di carne o un metro di stoffa, una cosa materiale.”

    Bellissima affermazione o, meglio, affermazione sulla quale concordo appieno e la definisco “bellissima” proprio perché concordo 🙂

    “E che una lingua, a raccontarla, diventa per forza un personaggio”, qui invece no perché la differenza che faccio io fra lingua e linguaggio è che la lingua è oggettiva, mentre il linguaggio è soggettivo. Quindi sarà sempre il linguaggio a diventare personaggio e non la lingua.

    “-aggio”, fra l’altro, mi è caro perché è una desinenza con la quale mi diverto a mettere in crisi i miei conterranei quando dicono di conoscere il nostro dialetto.

    p.s.: a proposito di lingua, ma anche di linguaggio, a quel “carottaggio” gli toglierei una “t” :)))

  2. “E che una lingua, a raccontarla, diventa per forza un personaggio”,
    qui il discorso si fa complesso, come del resto alcune pagine del libro che sembra un divertissement linguistico ma non lo è; mi rendo conto altresì che, estrapolando (brutto verbo!) dei passaggi, l’interpretazione di chi legge è per forza di cose legata a quelle poche righe. Ma, poiché Giartosio fa di ogni aspetto della vita (c’è ad esempio una disquisizione intorno a Salvo Lima che diventa tutt’altro ed è uno spasso) una questione linguistica, ecco che l’affermazione che contesti è invece corretta. Ripeto, bisogna leggere tutto per capire a fondo. Questo signore ama così tanto lingua e linguaggio da trasformarli in enti.

  3. “-aggio”, fra l’altro, mi è caro perché è una desinenza con la quale mi diverto a mettere in crisi i miei conterranei quando dicono di conoscere il nostro dialetto.

    ad esempio?

    1. Ad esempio, prova a chiedere ad un napoletano di declinarti il futuro semplice del verbo essere o di qualunque altro verbo. Conoscere per davvero il nostro dialetto è roba di pochi eletti :))
      Una cosa bellissima di esso è che in napoletano esiste l’amore (ll’ammore), ma non esiste il verbo amare. Amare lo esprimiamo in tutte le forme e scale possibili del voler bene: “te voglio bene”, “te voglio bene assaje”, “tu sì tutt”a vita mia”, “‘o sole mio stà ‘nfronte a tte”… fino al massimo del massimo possibile ovvero “dint”o core mio tu vieni nu poco primma ‘e Maradona”.
      :))

      1. Beh, bello comunque, l’intensità del sentimento è palpabile, soprattutto quando tirate in ballo dio Maradona 🙂
        Io invece nel mio dialetto sono una frana, lo parlo traducendo dall’italiano.
        Aggiornamento: ripensandoci, anche nel mio dialetto manca la voce “amare”, supplita da “voler bene”. Ho fatto una breve ricerca, non ho trovato niente, ma mi viene il sospetto che tutti i dialetti meridionali difettino di quella voce.

        1. “Ho fatto una breve ricerca, non ho trovato niente, ma mi viene il sospetto che tutti i dialetti meridionali difettino di quella voce.”

          Questo dimostra due cose; primo, che noi meridionali siamo sempre avanti 🙂
          secondo, essendo che i dialetti sono molto più vecchi di qualunque lingua e, quindi, sono altrettanto sicuramente più saggi della lingua stessa, si sono sempre limitati al “vogliamoci bene” tenendosi bene alla larga dalla precarietà ed inaffidabilità dell’amore. Chiamiamolo “amore” o “ammore” o in altro modo, ma sempre e solo come sostantivo e non avventuriamoci a declinarlo come verbo perché possiamo farci solo male :)))
          Non a caso, sempre e solo per essere più credibili, aggiungerei una postilla alla più gettonata promessa:

          “Accolgo te come mia sposa, prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita. Sempreché non t’ammazzo prima.”

          Basterebbe a far quadrare tutto:))

          1. Se ci pensi, quante tragedie in nome dell’amore (in letteratura alcune anche ben scritte e involontariamente fuorvianti) e tutto in nome di cosa? di una suggestione. Sarebbe più saggio (riprendo un aggettivo usato da te) parlare di affetto e in nome di quello di rispetto. Però Amore, con o senza la doppia, fa sognare ed è quel bisogno che ci frega:)

  4. Ciao, Fanny, sono contento di ritrovarti qui. Spero tutto bene. A proposito di Giartosio, sfondi una porta aperta: la sua è una voce che amo in quanto si parla di uno dei conduttori di Fahrenheit su radio3, che ascolto tutte le volte che posso. Tra l’altro di Autobiogrammatica se n’è anche parlato proprio alla radio, qualche giorno fa. Si tratta sicuramente di una lettura interessante. Ciao cara, un abbraccio.

  5. Ciao Je, ben ritrovato.
    Dei programmi di Giartosio non so nulla, ma quello che mi dici mi rende felice perché significa che il mio fiuto di lettrice funziona (ancora).

  6. p.s.: Solo per informarti, mi sono avventurato nella follia artistica di Alighiero Boetti, mi sono arreso dopo aver completato la sequenza del suo titolo: “Oggi, il primo giorno dodicesimo mese dell’anno millenovecentoottantotto”. Immagino che sia la data del quadro. Mi sono fermato là. Anche per rispettare la sua privacy. Magari, considerata l’esplosione di colori, proprio quel 1/12/1988, essendone innamorato alla follia, lei finalmente, gliel’aveva data.
    Leggere anche il resto, oltre alla data, sarebbe poco discreto, non credi?

    1. eheh, presumi male. Sulla prima riga in alto, leggendo da sinistra a destra c’è scritto: “OGGI IL PRIMO GIORNO DODICE”… procedendo verso il basso “SIMO MESE DELL ANNO MILLENOVEC”… procedendo verso sinistra “ENTOOTTANTOTTO”… da qui in poi, sì, ho lavorato di fantasia.

      Intanto, incuriosito, ho scoperto che quest’opera è stata venduta all’asta per Euro 44.000.
      Un’altra, intitolata invece “Oggi il diciassettesimo giorno del sesto mese dell’anno millenovecentoottantotto, 1988” e che sembra identica è stata venduta all’asta per euro 515.000.

    1. E’ anche vero che senza le tragedie in nome dell’amore, la letteratura perderebbe l’80% dei suoi capolavori e ci toccherebbe leggere Fabio Volo e Bruno Vespa. Quindi ben venga l’amore con tutti i problemi che crea :))

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