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ILLUSTRATIONS | Arte dell'illustrazione, Illustrazione, Dipinti artistici

Ci sono letture destinate a segnare uno spartiacque tra i libri creduti imprescindibili e quelli che, solo qualche mese prima, avresti ritenuto indegni di figurare nel favo che chiami libreria. Accade così che l’imprescindibile venga declassato allo scaffale laterale, mentre quello centrale, come risorto a nuova vita, già ospita i nuovi volumi. Non necessariamente migliori dei predecessori, ma di sicuro più adatti ad assecondare il cambiamento dei gusti e persino le bizze umorali.

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“Emendare Dio” – così aveva detto – quel giorno, era il 1937, era marzo a dire degli alberi iridescenti come novizi – per sette mesi era scomparso – cominciò a disegnare pantere.

Raccontò di un monaco – a volte diceva di averlo conosciuto in Irlanda, altre a Domodossola, in Italia, vicino al Lago Maggiore – che leggeva la Bibbia cancellando le parti che gli parevano ingiuste, eccessive. Finita la lettura, prendeva un’altra Bibbia, ricominciava. Usava una penna nera, “non occorre aggiungere parole perché nella Bibbia c’è tutto, non puoi cambiarla perché Dio è l’esattezza – devi togliere, emendare”. Sembrava che quel monaco fosse nato per redimere Dio – “cicatrice” chiamava il suo lavoro. Nella cella c’erano decine di Bibbie fitte di abrasioni e di cancellature. “Non puoi tagliare le dita al Crocefisso” disse di aver detto, Edward. “Cavo i chiodi e suturo gli squarci”, disse il monaco. “Senza ferite Dio è disumano”. Gli mostrò il corpo, pieno di tagli – colpendo la Bibbia cancellava se stesso.

“Non c’è opera che non faccia male”. Forse intendeva dire “il male”. I gemelli, insieme, lavoravano nel contrasto: uno disegnava la morte dell’altro. Senza Charles, Edward era privo di qualcuno da sconfiggere o a cui resistere, soggiogato.

Davide Brullo, La pantera

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Pare che le stroncature di Davide Brullo, fondatore della rivista online Pangea, siano impietose. Direi che se lo può permettere, a differenza di un signore di questa community il quale, autoproclamatosi paladino della lingua italiana, fa scempio di subordinate che provvede a separare con segni di interpunzione distribuiti alla cieca. Se avesse fatto un bagno preventivo di umiltà, se avesse scelto di riempire SCRIVI TRE COSE CHE ODI con banalità di suo gradimento, ora non sarei costretta a vestire i panni di Brullo per ricordare che su Libero l’assoluta dimestichezza con l’italiano non ce l’ha nessuno. E men che meno lui.

Illustrazione di Lorenzo Mattotti