L’operato del governo Monti ( 2012 )

Mario Monti (Varese, 19 marzo 1943), oltre a tutte le cose che sapete e che potrete facilmente reperire in rete, è stato primo ministro del nostro paese dal 16 novembre 2011 (data di apertura di questo blog per i motivi qui ricordati) al 28 aprile 2013. Vorrei farvi un succinto riassunto dei risultati di questi 529 giorni di governo limitandomi ad alcuni fondamentali macroeconomici, con l’osservazione preliminare che, come credo sappiate, la maggior parte dei dati macroeconomici non sono ovviamente disponibili a cadenza giornaliera. Non sarà quindi sempre possibile riferire il loro andamento all’esatto intervallo temporale di governo del prof. Monti, se non per approssimazione o per difetto, cosa della quale mi scuso fin da ora con voi, e naturalmente anche con l’interessato.

Va ricordato il contesto nel quale il governo Monti si insediò: quello di una forte turbolenza finanziaria, che i giornali di allora attribuivano al debito pubblico italiano. Sappiamo però che già all’epoca la Banca Centrale Europea aveva chiarito nei suo documenti tecnici che la crisi cosiddetta dei “debiti sovrani” non dipendeva dal debito pubblico. Il periodo nel quale il saldo del settore privato del Sud passa in deficit, mentre il deficit pubblico del Sud sostanzialmente si riduce (la fonte è questa).

Eh già, non era una crisi di debito pubblico…

Nel 2012 ce lo ribadiva la Commissione Europea, che nel suo Fiscal sustainability reportchiariva come l’Italia non avesse mai avuto problemi di sostenibilità del debito di breve periodo (tradotto: il pagamento degli stipendi e delle pensioni pubbliche non era mai stato a rischio, con buona pace dei gazzettieri) .                                                                                         L’Italia non aveva nemmeno problemi di sostenibilità del debito nel lungo periodo (leggi: problemi di sostenibilità del sistema pensionistico).
Il nostro paese, anche qui, era praticamente l’unico sotto al livello di guardia, insieme alla Lettonia, cui vogliamo molto bene, ma che non rientra fra i paesi più significativi in termini di dimensioni – anche se certo non disconosciamo il suo contributo alla cultura europea).

Il motivo di questa collocazione, che sarà parsa strana a tutti, ma non ai miei lettori, era che:
Eh già! Non era una crisi di debito pubblico…

Nel 2013 lo confermava Vitor Constancio, ad Atene, in un discorso celebre .Non era una crisi di debito pubblico, in effetti: era aumentato solo in due dei cinque paesi in crisi, e aumentato di meno in quello che era più in crisi (la Grecia).

Mentre il debito privato…

Nel 2014 il discorso di Constancio diventava un articolo scientifico.

Nel 2015 ci arrivava anche Giavazzi (not a public debt crisis), e io salutavo la sua tardiva conversione con viva cordialità.

Oggi credo che tutti capiscano dov’è il problema: nelle banche, cioè nei debiti dei privati (famiglie e imprese), che, strozzati dalla crisi, non riescono a restituire alle banche i soldi che devono loro. Cosa che qui ci eravamo detti niente meno che il 20 novembre 2011.

Sì, proprio nei giorni in cui il professor Monti era alacremente intento a curare una crisi di debito privato come se fosse una crisi di debito pubblico, cioè tagliando i redditi dei privati (via aumenti di imposte e tagli di prestazioni sociali), per risanare le finanze pubbliche, con il risultato però di dissestare quelle private, e quindi, a valle, le banche.

Ah, che il legame fra dissesto dell’economia reale e dissesto delle banche esista non lo dicevo solo io nel novembre 2011: lo ha detto anche l’ABI nel dicembre 2015:
C’è chi parla perché ha coraggio, e c’è chi parla perché ha paura. Indipendentemente dalle motivazioni, alla fine la verità viene a galla.

Ora voi mi direte: “D’accordo, avevi ragione tu e te lo dicono ormai tutti (i dati, i colleghi, la stampa finanziaria internazionale…). Mancano all’appello i gazzettieri, ma datti una calmata! In fondo, che male c’era nella fissazione del professor Monti per il debito pubblico? Un eccesso di debito pubblico è comunque un problema, no? Ci hai fatto una tesi di dottorato, dovresti saperlo? Quindi, che problema c’è se il professor Monti si è adoperato per ridurlo? Va bene: ammettiamo pure che abbia amplificato i problemi dell’economia reale e quindi delle banche – nel grafico dell’ABI si vede che le sofferenze si impennano dal 2011 – ma almeno avrà risolto l’altro problema, no? Quindi?”.

Ecco, in effetti l’altro problema, quello del debito pubblico, quello che l’austerità avrebbe dovuto risolvere, non vorrei sembrare irrispettoso, ma a me non pare sia stato risolto.

Il fatto è che nel periodo del governo Monti il debito pubblico ha continuato a crescere come se niente fosse (con buona pace degli aumenti di imposte e delle sforbiciate varie).                                                            Una performance non esaltante, in termini di contenimento del debito, aggravata dal fatto che i tagli su qualcosa avevano avuto un impatto. Indovinate un po’ su cosa? Bravi, sul PIL: che inizia a scendere nel trimestre precedente all’arrivo di Monti (il terzo del 2011), ma poi mica smette, anzi: continua la sua caduta libera e si stabilizza, casualmente, solo quando Monti se ne va (dal secondo trimestre del 2013). Questo è il Pil reale, ma a quello nominale (a prezzi correnti, che quindi incorpora l’inflazione) non è che sia andata meglio:
La flessione è meno evidente (per forza! C’era un po’ di inflazione…), ma anche il Pil nominale diminuiva. Ora, dato nel rapporto debito/PIL il numeratore cresceva, ma il denominatore diminuiva, cosa pensate che sia successo al rapporto stesso? Pensateci un po’ su, non è difficile…

È successo questo:
Monti lo ha trovato attorno al 116%, e ce lo ha restituito attorno al 131% (la serie trimestrale è costruita dividendo il valore del debito nell’ultimo mese di ogni trimestre per la somma mobile del PIL nel trimestre e nei tre precedenti, e quindi coincide alla fine di ogni anno col valore annuale del rapporto debito/Pil).

Chiaro, no?

Cosa poteva determinare una politica di tagli così severi?

Bè, ce l’immaginiamo un po’ tutti. Intanto questo:
Nessuno si sarebbe mai aspettato che politiche procicliche potessero arrestare la crescita della disoccupazione (a dire il vero già iniziata da due trimestri). Monti l’ha trovata al 9% e ce l’ha restituita al 12%. Con quali conseguenze? Quelle viste sopra: una perdita di prodotto (perché se non si lavora non si produce) .
Monti ha trovato un’Italia con un milione di famiglie povere, e ha lasciato un’Italia con 1.6 milioni di famiglie povere, pari a 4.4 milioni di individui in povertà assoluta (erano solo 2.6 quando è arrivato).

Insomma: quando Monti è arrivato l’Italia aveva una gamba malata (la finanza privata) e una gamba relativamente sana, anche se un po’ zoppicante (la finanza pubblica). Per non sbagliare Monti ha “curato” la gamba sana. Naturalmente ora l’Italia non cammina meglio, ma consolatevi: poteva andare peggio.

La conclusione tecnica è che Monti ci ha lasciato con tre monti: un monte di debiti pubblici, un monte di disoccupati, un monte di poveri. Res sunt consequentia nominum…

Da Goofynomics.it , blog del prof. Alberto Bagnai, novembre 2016