Il granello di senapa

La Parola di Dio tradita e l'Eucaristia profanata


In Rec News, 28/08/2020.
Il Vescovo ausiliare di Astana, in Kazakistan, Mons. Athanasius Schneider, ha chiesto al clero cattolico e ai laici di tutto il mondo di unirsi in una crociata di riparazione dei peccati commessi contro Gesù Cristo presente nella Santa Eucaristia. La dichiarazione è stata rilasciata il 20 luglio scorso alla testata cattolica conservatrice The Remnant, che ha pubblicato il testo inglese ufficiale.
Mons. Schneider sostiene che "nella storia della Chiesa non c'è mai stato un tempo in cui il sacramento dell'Eucaristia sia stato abusato ed oltraggiato in misura così allarmante e grave come negli ultimi cinquant'anni". Tali abusi riguardano la pratica della "Comunione nella mano", la partecipazione all'Eucaristia "da parte di coloro che non hanno ricevuto il sacramento della Penitenza per molti anni", e "l'ammissione alla Santa Comunione delle coppie che vivono in uno stato pubblico e oggettivo di adulterio" ovvero le coppie cattoliche divorziate risposate. In particolare Mons. Schneider, che da anni ormai rappresenta una delle voci più lucide e coraggiose della Chiesa Cattolica, lamenta come "nell'attuale cosiddetta 'emergenza pandemica CoVID-19' gli orribili abusi del Santissimo Sacramento sono aumentati ancora di più. Molte diocesi hanno imposto la Comunione nella mano, e in quei luoghi il clero, in modo spesso umiliante, nega ai fedeli la possibilità di ricevere il Signore in ginocchio e sulla lingua, dimostrando così un deplorevole clericalismo ed esibendo il comportamento di rigidi neo-pelagiani. Inoltre, in alcuni luoghi l'adorabile Corpo eucaristico di Cristo è distribuito dal clero e ricevuto dai fedeli con guanti monouso. Il trattamento del Santissimo Sacramento con guanti adatti al trattamento dei rifiuti è un indicibile abuso eucaristico".
[caption id="attachment_125" align="aligncenter" width="420"] Mons. Athanasius Schneider, Vescovo ausiliare di Astana[/caption]
Mons. Schneider, fra le molte citazioni illustri a sostegno di tali affermazioni, cita anche l'ultima Enciclica Ecclesia de Eucharistia di Papa Giovanni Paolo II, che "ci ha lasciato esortazioni luminose con le quali ha sottolineato la straordinaria santità del mistero eucaristico e il dovere dei fedeli di trattare questo sacramento con la massima riverenza e amore ardente. Di tutte le sue esortazioni, questa affermazione si distingue: 'Non c'è pericolo di esagerare nella cura di questo Mistero, perché «in questo Sacramento si riassume tutto il mistero della nostra salvezza»' (San Tommaso d'Aquino, Summa Theologiae, III, q 83, a. 4c)'" (n. 61).

Il Vescovo di Astana, Mons. Athanasius Schneider, mette il punto su quella che, in questi tempi di "emergenza pandemica CoVID-19", è divenuta una questione assai dolente per la Chiesa Cattolica, ovvero la celebrazione liturgica, in particolare eucaristica, con i suoi ritmi e le sue esigenze, che da quasi due millenni ininterrottamente attualizza e rende presente il mistero della morte e risurrezione di Gesù Cristo.

Per comprendere più a fondo, facciamo un po' di chiarezza sul significato e l'importanza dell'assemblea liturgica nella Tradizione della Chiesa. Il termine latino ecclèsia, che risale al greco ecclesìa, indica l'assemblea popolare: in senso biblico questo termine indica la Chiesa, la collettività dei cristiani dispersi; ma indica anche la riunione periodica che essi fanno intorno all'ascolto della Sacra Scrittura e all'Eucaristia.

La Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium sulla sacra liturgia, emanata il 4 dicembre 1963 durante il Concilio Ecumenico Vaticano II, afferma che l'assemblea liturgica è la manifestazione più espressiva della Chiesa (paragr. 41): si tratta di una vera e propria 'epifania', che la mostra e la rivela. Il noto liturgista Aimé Georges Martimort, convocato come perito (esperto) al Concilio Vaticano II, a tal proposito scrive che "i Padri [della Chiesa] dicono dell'assemblea liturgica particolare ciò che è proprio di tutta la Chiesa: essa è il Corpo di Cristo, al punto che non venire all'assemblea è diminuire il Corpo di Cristo; [...] la voce dell'assemblea è la voce della Chiesa, sposa di Cristo; il sacrificio offerto nell'assemblea è la messa, memoriale e presenza del sacrificio della Croce che fa la Chiesa" (La Chiesa in preghiera, Introduzione alla Liturgia I, Principi della liturgia, Queriniana, Brescia 1987, p. 114).

In questa assemblea, convocata da Dio e dove è garantita la presenza del Signore: "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20), si prefigura la Chiesa celeste, colta nell'oscurità della fede. Scrive ancora Martimort (La Chiesa in preghiera, vol. I, p. 115): "Ecco perché S. Giovanni, nelle visioni dell'Apocalisse, descrive il cielo come un'assemblea liturgica: vi vede la stessa assemblea del popolo di Dio; vi ode le stesse acclamazioni, gli stessi cantici. La liturgia della terra, a imitazione di quella del cielo, fa contemplare il Risorto, l'Agnello che è immolato; essa vede su di sé il riflesso della gloria del Padre".
Emerge come l'assemblea rappresenti il Corpo stesso di Cristo, la presenza certa del suo Signore, l'unione indissolubile con la Chiesa celeste.

Grande importanza inoltre riveste il canto nella liturgia della Chiesa.
Già nell'antichità cristiana, conformemente alla tradizione biblica, furono osservate le raccomandazioni dell'apostolo Paolo che attribuivano al canto il ruolo di modalità espressiva della preghiera liturgica (La Chiesa in preghiera, vol. I, p. 163). Scrive l'apostolo: "Intrattenetevi a vicenda con salmi, inni, cantici spirituali, cantate e inneggiate al Signore con tutto il vostro cuore" (Ef 5,19). Il canto è segno di gioia ed anche la Chiesa celeste, secondo il libro dell'Apocalisse, manifesta con il canto la sua riconoscenza per la Redenzione e la sua lode verso il Signore (Ap 4,8 e 11; 5,9-10; 14,3; 15, 3-4; 19, 1-8, ecc.)". (A. Hamman, La prière, [1] Le Nouveau Testament, Desclée, Tournai 1959, pp. 351-371).

E' alla presenza del coro o schola cantorum, come era chiamata nella Roma medievale, che viene affidata l'animazione dell'assemblea oltre l'esecuzione dei canti troppo difficili per il popolo. Il coro svolge un vero servizio ministeriale collettivo (La Chiesa in preghiera, vol. I, p.129).

Infine bisogna sottolineare l'importanza ed il ruolo dei segni nella liturgia.
Così la liturgia è composta da atteggiamenti corporali, gesti, che seguono leggi costanti e divengono segni liturgici che rimandano a loro volta ai segni biblici, "la cui intelligenza è data dalla Sacra Scrittura, che ha formato e nutrito l'immaginario cristiano", come scrive ancora Aimé Martimort. "Agendo, noi rifacciamo i gesti e le azioni di coloro che ci hanno preceduto nella fede dopo Abramo" (La Chiesa in preghiera, vol. I, pp. 199-201).

Dopo queste brevi considerazioni, che hanno lo scopo di gettar luce sulla fondamentale importanza della Liturgia nella vita della Chiesa, diviene imperativa una riflessione sui profondi sconvolgimenti, mai accaduti prima di adesso nella storia della liturgia, che le misure di contenimento e gestione dell'"emergenza CoVID-19" hanno apportato.
Nel "Protocollo circa la ripresa delle celebrazioni con il popolo", dato in data 7 maggio 2020 a firma del Card. Gualtiero Bassetti, viene raccomandata l'omissione del coro e la non opportunità di sussidi per il canto. Tale disposizioni non possono non privare l'assemblea di una parte essenziale della celebrazione, oltre che diminuire notevolmente quella partecipazione attiva tanto raccomandata e voluta dal Concilio Vaticano II. Ritorna tristemente alla memoria il post Medio Evo, quando la partecipazione attiva del popolo alla liturgia era divenuta ormai desueta: i fedeli vi erano estranei, in una situazione che, molti anni dopo, susciterà l'appellativo di "spettatori muti" da parte di papa Pio XI (Cost. apost. Divini cultus, 20 dicembre 1928, n. 9, AAS 21, 1929, p. 40).

Così come l'imposizione delle mascherine che, secondo gli studi del Dottor Russell L. Blaylock , MD, possono privare chi le indossa per ore, di una quantità di ossigeno che può arrivare fino al 20% (in particolare, con l'uso della maschera N95), provocando inoltre un aumento nel sangue di anidride carbonica (CO2) e causando intossicazione. Il Dott. Blaylock, neurochirurgo e nutrizionista operante da oltre 25 anni in Louisiana, è autore di vari saggi di argomento medico e di un articolo sui danni provocati dall'uso di maschere protettive. Nel corso della sua lunga carriera, il Dott. Blaylock ha introdotto un trattamento innovativo per un sottogruppo di tumori cerebrali e ha migliorato alcune operazioni nel trattamento dell'idrocefalo. Fa parte della redazione del Journal of American Nutraceutical AssociationSurgical Neurology International e del Journal of American Physicians and Surgeons, pubblicazione ufficiale dell' Association of American Physicians and Surgeons. È anche assistente redattore capo per la rivista Surgical Neurology International ed è revisore per la rivista Food & Chemical Toxicology, fra le altre riviste.
Per la stesura del suo articolo, il Dott. Blaylock ha esaminato 17 studi precedenti, di cui "nessuno degli studi ha stabilito una relazione conclusiva tra l'uso di maschera e la protezione contro infezione da influenza". Gli studi non riguardavano ancora il nuovo CoVID-19. I danni associati al calo di ossigeno nel flusso sanguigno riguardano anche una compromissione dell'immunità ed un aumento dell'infiammazione nei soggetti affetti da patologie tumorali. Il dottore conclude affermando che "dagli studi esaminati non ci sono prove sufficienti che indossare una maschera di qualsiasi tipo possa avere un impatto significativo nel prevenire la diffusione di questo virus".

Con l'uso obbligatorio delle mascherine durante la celebrazione liturgica, viene inibita di fatto la partecipazione cantata alla celebrazione stessa, che, come abbiamo visto, riveste una funzione molto importante nella liturgia. Nel periodo estivo la situazione diviene più gravosa, mentre è un fatto che anche virologi di fama internazionale, come il Prof. Giulio Tarro, e scienziati di valore, come il Dott. Stefano Montanari, sostengano la loro inutilità nel fermare il virus, elencando invece i rischi che possono costituire se indossate a lungo.

Un altra grave privazione dei fedeli è costituita dal divieto durante la messa, non menzionato espressamente dal "Protocollo circa la ripresa delle celebrazioni con il popolo" ma largamente applicato in molte diocesi italiane, della processione fino all'altare al momento della comunione. Anche in questo caso ci troviamo di fronte ad una manifestazione della Chiesa, recantesi all'altare per ricevere il suo Signore. In questo modo non soltanto si inibisce la possibilità di ricevere il Signore sulla lingua, per chi lo volesse, ma anche di avvicinarsi all'altare durante lo svolgimento della funzione. Forse ad occhi non esperti sfugge un significativo segno iniziale compiuto dal celebrante prima di ogni celebrazione eucaristica: il suo inchino verso l'altare. Scrive Sant'Ambrogio, Padre e Dottore della Chiesa: "Che cosa è l'altare di Cristo se non l'immagine del Corpo di Cristo?" (Sant'Ambrogio, De sacramentis, 5, 7: PL 16, 447C) e ancora: "L'altare è l'immagine del Corpo [di Cristo], e il Corpo di Cristo sta sull'altare" (Sant'Ambrogio, De sacramentis, 5, 7: PL 16, 447C).

Abbiamo ricordato sopra come la liturgia sia composta da atteggiamenti, gesti che divengono segni e l'importanza che essi rivestono nello svolgimento della liturgia. Il modo di celebrare rivela lo stile di una comunità, la sua fede, la sua devozione. Ecco perché nella storia della Chiesa la pastorale liturgica ha rappresentato sempre un capitolo fondamentale ed una preoccupazione importante per ogni Vescovo, il quale è l'unico responsabile della liturgia nella propria diocesi. Le distanze imposte, a tutt'oggi anche nelle celebrazioni all'aperto, si trasformano in segno di divisione, che è diametralmente opposto all'immagine che una comunità dovrebbe dare di sé durante una celebrazione. Se, tuttavia, è possibile accettarle in un conclamato rischio epidemico, diviene totalmente inaccettabile quando quest'obbligo viene imposto verso gli stessi familiari, che convivono abitualmente. Eppure tale disposizione è stata confermata da molte Curie italiane, cosicché marito e moglie, mamme e figli sono stati separati.

Ancora, in questo periodo estivo, ricco di celebrazioni mariane in tutta Italia, giunge notizia che in molte diocesi siano state vietate le processioni in onore della Madonna che tradizionalmente, da centinaia di anni, si sono continuate a svolgere nelle città e nei paesi italiani. Tuttavia la processione, che costituisce il prolungamento della messa festiva dedicata alla Madonna o ad un santo ed insieme una manifestazione della Chiesa al mondo, si svolge ovviamente all'aperto e per sua stessa natura deve essere ordinata e distanziata. A tal proposito, solitamente vengono incaricate alcune persone dagli stessi Parroci con il compito di vigilare sul corretto svolgimento della processione, oltre alla presenza dei Vigili Urbani che intervengono di norma bloccando il traffico e quindi potrebbero vigilare all'occorrenza anche sul mantenimento delle distanze e sul divieto di assembramento. Le processioni religiose costituiscono un patrimonio culturale unico della nostra nazione, continuando a svolgersi ininterrottamente nella storia, perfino durante gli anni indimenticabili in cui l'epidemia della peste devastò la città di Milano. L'allora Arcivescovo San Carlo Borromeo, nel 1576 convinse i magistrati milanesi, governanti la città, a concedergli tre grandi processioni penitenziali, che il santo volle ardentemente per implorare il perdono di Dio e fare penitenza dei peccati del popolo. La prima processione generale si svolse il 3 ottobre, seguita da altre due il 5 e il 6 dello stesso mese. Nel luglio del 1577 finalmente la terribile epidemia abbandonò la città (G. P. Giussano, Vita di San Carlo Borromeo, Stamperia della Camera Apostolica, Roma 1610, p. 267).

Se la Liturgia riveste un ruolo fondamentale nella vita e nell'attività della Chiesa, non si può non volgere almeno uno sguardo a ciò che costituisce il fondamento stesso della fede della comunità dei Credenti: la Sacra Scrittura.

La sequela di Cristo implica il rinnegamento di se stessi per abbracciare la croce: "Se qualcuno vuol venire dietro di me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà" (Mc 8,34-35).
La causa di Cristo e quella del suo Vangelo, lieto annuncio di salvezza, deve precedere qualunque preoccupazione materiale, finanche il timore per la propria vita: "Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio" (Lc 12,20-21).
"Per questo io vi dico: Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete. [...] Guardate i corvi: non seminano e non mietono, non hanno ripostiglio né granaio, e Dio li nutre. Quanto più degli uccelli voi valete! Chi di voi, per quanto si affanni, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? Se dunque non avete potere neanche per la più piccola cosa, perché vi affannate del resto? [...] Non cercate perciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l'animo in ansia: di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il regno di Dio e queste cose vi saranno date in aggiunta" (Lc 12,22.24-26.29-31).

Mentre nell'Antico e Nuovo Testamento ricorrono molto frequentemente le parole "non temere" (Ger 1,8; Dt 31,6; Sal 27,1; ecc.) o "non abbiate paura" (Mt 10,28; Lc 12,7; Gv 6,20; Ap 2,10; ecc.), nel libro dell'Apocalisse la vigliaccheria viene condannata e posta al primo posto fra i peccati elencati, precedendo anche l'omicidio (Ap 21,8).
Gesù condanna duramente i farisei e tutti i Giudei che "non mangiano se non si sono lavate le mani fino al gomito" (Mc 7,3), perché "non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo" (Mc 7,15). E ai suoi discepoli che chiedono spiegazioni in privato sul significato della parabola dice: "Ciò che esce dall'uomo, questo sì contamina l'uomo. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo" (Mc 7,20-23).
L'osservanza meticolosa dei precetti della tradizione, da parte dei Giudei, non implica una vera conversione del cuore che si traduca poi in autentico amore per il prossimo: al capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato la guarigione di una donna inferma da diciotto anni, curva ed incapace in alcun modo di "drizzarsi", nel giorno di sabato, sacro per i Giudei e destinato al riposo, Egli risponde: "Ipocriti, non scioglie forse, di sabato, ciascuno di voi il bue o l'asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi? E questa figlia di Abramo, che satana ha tenuto legata diciott'anni, non doveva essere sciolta da questo legame in giorno di sabato?" (Lc 13,15-17).

La concezione del cristianesimo, come si vede, è spiccatamente personalistica. Afferma Sant'Agostino, grande filosofo cristiano oltre che Dottore della Chiesa: "O tu buono e onnipotente, tu curi ognuno di noi singolarmente come se fosse il solo e curi tutti, come se fossero singoli". (Sant'Agostino, Confessioni 3, 11, 19). La ricerca del bene comune, pur se legittima, non può trasformarsi in un attacco alla dignità della persona e in una limitazione dei suoi diritti inviolabili, perché ogni uomo è sacro davanti a Dio e ne porta il volto: "Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò" (Gen 1,27).

Il volto umano, irripetibile nella sua assoluta originalità, costituisce un modo unico di trasmettere sentimenti ed emozioni all'altro, e come tale di averne "compassione", nel senso biblico del termine che indica intima commozione, empatia (Lc 10,25-37). Coprire il proprio volto nel rapportarsi all'altro significa negare i propri sentimenti, la propria storia, il proprio essere, in ultima analisi la propria stessa umanità, che ci rende fratelli e figli di un solo Padre celeste.

La Chiesa, Corpo di Cristo, sembra dunque ora presentarsi divisa, umiliata, in preda alla paura, e dal volto irriconoscibile. Ma come disse Papa Giovanni Paolo II nel 1980 a Fulda, in Germania, quando i cattolici tedeschi gli rivolsero alcune domande circa il Terzo Segreto di Fatima: "Dobbiamo prepararci ad affrontare fra non molto grandi prove, le quali potranno richiedere persino il sacrificio della nostra vita e la nostra totale donazione a Cristo e per Cristo [...]. Con la vostra e la mia preghiera sarà possibile mitigare queste tribolazioni, ma non è più possibile evitarle, perché un vero rinnovamento nella Chiesa potrà avvenire solo in questo modo. Quante volte già il rinnovamento della Chiesa è scaturito dal sangue! Neppure questa volta sarà diverso. Dobbiamo essere forti e preparati, confidare in Cristo ed in sua Madre, e recitare molto, molto assiduamente la preghiera del Santo Rosario" (L'articolo che riferisce questa intervista al Pontefice è stato pubblicato originariamente in Germania, nell'ottobre 1981, dalla rivista Stimme des Glaubens).

E questa è la certezza della comunità dei Credenti: che rinascerà, purificata e salda più di prima, perché l'antico Avversario non può e non potrà mai fermare quell'arma potentissima che è la preghiera della Chiesa, insieme alla protezione della Madre di Dio, Aiuto dei Cristiani, "per scongiurare", come scrive Antonio Socci, "una folle fine della storia" (A. Socci, Il segreto di Benedetto XVI [Perché è ancora Papa], Rizzoli, Milano 2018).