Il 13 ottobre scorso, i leader cattolici, ortodossi e protestanti del Medio Oriente hanno rilasciato una dichiarazione congiunta dopo essersi riuniti in un incontro “di emergenza”. Hanno chiesto al governo israeliano di consentire che “forniture umanitarie” raggiungano Gaza in modo che i civili innocenti possano ricevere cure mediche di prima necessità.
«La nostra amata Terra Santa è cambiata radicalmente durante la scorsa settimana», si legge nella dichiarazione congiunta del 13 ottobre dei «Patriarchi e Capi delle Chiese di Gerusalemme». «Stiamo assistendo a un nuovo ciclo di violenza con un attacco ingiustificabile contro tutti i civili».
La dichiarazione congiunta è arrivata nel momento in cui Israele aveva tagliato l’acqua, l’elettricità e altre risorse ai palestinesi che vivono a Gaza. Il ministro dell’Energia israeliano e altri funzionari governativi hanno affermato che le risorse continueranno ad essere negate finché gli ostaggi ebrei detenuti da Hamas non saranno liberati. Esperti internazionali hanno affermato che le azioni di Israele equivalgono a crimini di guerra.
D’altronde se si guarda attentamente oltre la massiccia opera di propaganda, si vede chiaramente la verità fra il cumulo di menzogne veicolate dai media mainstream, come sempre allineati e schierati nettamente dalla parte di Israele, Stato costituito soltanto nel 1948 in seguito ai massicci flussi migratori di ebrei aschenaziti originari dell’Est Europa.
Furono gli inglesi, dal 1920 al 1948, a governare quella regione per mezzo del “mandato britannico della Palestina” e sotto la forte spinta del sionismo. Mentre la bandiera di Israele reca come simbolo la stella di Refan a sei punte (definita erroneamente “stella di David”), di cui abbiamo già parlato diffusamente su questo blog.
Un’esplosiva notizia, nascosta dal mainstream e che riporta invece il giornalista Cesare Sacchetti, è che «l’agenzia di stampa iraniana Tasnim riferisce di aver parlato con un esponente del governo palestinese che gli avrebbe fornito una rivelazione clamorosa.
L’attacco lanciato da Hamas in questi giorni, secondo tale fonte, sarebbe stato lanciato attraverso la collaborazione di diverse parti dell’esercito israeliano.
Questo esponente del governo palestinese descrive un quadro di collaborazione tra elementi delle forze armate israeliane e Hamas che non sembra essere qualcosa di estemporaneo.
Si starebbe parlando in questo caso di un legame che esiste e che va avanti da diversi anni e che vede le due parti collaborare e coordinarsi per consentire ad Hamas di lanciare i suoi attacchi nei tempi e nei modi migliori.
Non sarebbe affatto avventato affermare che senza queste informazioni i militanti di Hamas non sarebbero affatto in grado di lanciare con successo le loro sortite contro lo stato ebraico.
E questa intesa non riguarda solamente il campo dell’intelligence ma anche quello della fornitura di armi».
Non c’è in fin dei conti da stupirsi. Anzi forse è il caso di dire che c’era da aspettarselo, visto che è difficilmente credibile come lo Stato di Israele, una delle potenze militari più equipaggiate al mondo, potesse farsi cogliere così alla sprovvista come è accaduto nell’attacco lanciato nelle scorse settimane da Hamas.
Ciò che emergerebbe, è un consistente traffico di armi da Israele ad Hamas.
Dopo la costruzione di un muro al confine tra Israele ed Egitto, i militanti islamisti hanno cercato e trovato le armi necessarie vicino alla striscia di Gaza.
Sono stati registrati diversi furti di armi nelle basi militari israeliane negli ultimi anni. Il 16 dicembre 2021, ad esempio, nella base militare di Eskanderuni, nel Nord della Palestina furono sottratti 100,000 proiettili come riportato dalla stessa televisione israeliana canale 13.
Soltanto due anni prima, sono spariti 46 fucili d’assalto M-16 custoditi in una base militare della Galilea Occidentale. Questi stessi fucili d’assalto sono stati poi utilizzati da Hamas nelle sue recenti operazioni.
Già nel 2013, il quotidiano israeliano di area progressista Haaretz riportò che erano state sottratte armi ben più pesanti degli M-16 come i missili anti-carro Gil che vengono utilizzati contro i carri armati israeliani.
In questa situazione, è inspiegabile il mancato intervento delle strutture di intelligence israeliane. Come riporta sempre il giornalista Sacchetti, Israele ha almeno tre principali agenzie di intelligence: lo Shabak, noto anche come Shin Bet, che si occupa di sicurezza interna, l’Aman, l’intelligence militare e il famoso, o famigerato, Mossad, che si dedica alla sicurezza esterna del Paese.
E’ molto difficile pensare che nessuna di queste tre agenzie, conosciute per la loro efficienza, non si sia mai accorta del traffico di armi a favore di Hamas e non sia mai intervenuta nemmeno per rimuovere le frange infedeli presenti nell’esercito israeliano. Queste avrebbero messo su infatti un loro giro di traffico di armi per ragioni di lucro personale, secondo una delle ipotesi più credibili che spiegherebbe le ragioni dei furti.
Appare poi inverosimile pensare che in Israele, dove ogni centimetro di terra è presidiato militarmente, tutto l’apparato di sorveglianza presente attorno a queste basi militari non sia mai stato in grado di registrare il furto di queste armi.
Se è vera l’ipotesi che frange infedeli siano presenti all’interno dell’esercito israeliano, diverrebbe altrettanto vero che gli alti vertici, il primo ministro Netanyahu e il ministro della Difesa Gallant debbano necessariamente essere a conoscenza di ciò che sta accadendo, permettendo la collaborazione tra Hamas e le forze armate israeliane.
E a quanto pare, Hamas ha ricevuto sin dall’inizio i fondi del governo israeliano.
Sembra dunque di ricordare una ormai vecchia storia, quella degli attacchi alle Torri Gemelle, datata undici settembre 2001, quando il mondo intero credette a un attacco all’Occidente che, guarda caso, fu abilmente usato poi come pretesto dall’amministrazione Bush per invadere l’Iraq e l’Afghanistan. La tesi utilizzata era quella che Osama bin Laden, aiutato dai talebani e da Saddam Hussein, avesse attaccato le Torri Gemelle.
Dopo l’undici settembre, ricordiamolo, partirono i controlli a tappeto su tutti i viaggiatori civili negli aeroporti ma anche negli accessi a un’infinità di chiese, monumenti e strutture, prima di allora totalmente liberi. Molti non lo percepirono, ma quello fu l’autentico inizio, sotto mentite spoglie, di un mascherato regime di polizia dove i diritti dei cittadini venivano compressi in ragione del cosiddetto “bene comune”. Il preteso del terrorismo servì quindi per imporre limitazioni e controlli che non sarebbero più stati eliminati.
Terrorismo infinito, il cui pretesto è stato ampiamente adoperato fino ad adesso per mantenere perennemente in vita la strategia della tensione.
Solo nella giornata di ieri, sei aeroporti in tutta la Francia sono stati evacuati, mercoledì (18 ottobre), dopo che le autorità hanno ricevuto un’e-mail di “minacce di attacco”, come ha riferito l’agenzia di stampa AFP citando una fonte della polizia. La settimana scorsa, il Museo del Louvre a Parigi e il Palazzo di Versailles sono stati evacuati dopo aver ricevuto delle minacce di possibili attentati. L’allarme è arrivato tramite un messaggio anonimo online. Il portavoce del Louvre ha dichiarato all’agenzia di stampa AFP di aver “ricevuto un messaggio scritto in cui si informava che esisteva un rischio per il museo e i suoi visitatori”.
Mentre il governo di Tel Aviv è ormai in possesso del pretesto per sferrare attacchi quasi ininterrotti contro la striscia di Gaza. Attacchi che stanno colpendo massicciamente la popolazione civile, perlopiù donne e bambini.
Lo abbiamo visto con il vergognoso attacco all’ospedale Al-Ahli di Gaza. Il media israeliano Canale 12 ha ammesso che il bombardamento è avvenuto per mano dell’aviazione israeliana, benché lo Stato di Israele avesse tentato di negare la sua responsabilità nell’attacco.
Il mainstream italiano, sottomesso e fedele alla lobby sionista, si è affrettato quindi a negare la verità che però è affiorata prepotentemente insieme a notizie di altrettanto vergognosi attacchi verso obiettivi civili, come le scuole.
Tuttavia il mondo arabo è ormai in fibrillazione e fermento.
Giungono notizie di attacchi da parte dei manifestanti alle sedi diplomatiche israeliane in Turchia e in Giordania.
Mentre all’indomani dell’attacco notturno all’ospedale Al-Ahli di Gaza, il primo ministro libanese facente funzione, Najib Mikati, ha indetto per il 18 ottobre una giornata di lutto nazionale in solidarietà con le vittime e le loro famiglie, secondo quanto ha riportato la giornalista Elisa Gestri inviata in Libano. Durante la notte migliaia di libanesi sono scesi in strada poco dopo la notizia dell’attacco dirigendosi in segno di protesta verso l’Ambasciata USA, alle porte di Beirut.
E’ ormai sempre più difficile per la lobby anglosionista sostenere la parte di vittima, mentre invece mostra al mondo il suo vero volto di carnefice.
E diventa sempre più difficile convincere le popolazioni con le svariate menzogne che vengono fatte circolare ad arte, come ad esempio la storia dei neonati decapitati in un kibbutz, rivelatasi del tutto falsa per ammissione della stessa giornalista Nicole Zadek che l’aveva riportata.
Ciò che fa più male è che questi immigrati arabi e musulmani hanno lasciato la loro terra ancestrale in cerca di libertà, libertà e democrazia. Una volta naturalizzati, hanno iniziato a tifare per la stessa tirannia e arretratezza da cui erano fuggiti e che si erano lasciati alle spalle.
Arabi e musulmani dovrebbero comprendere la differenza tra essere orgogliosi della propria cultura e difendere tribalmente i propri oppressori e il motivo per cui la loro patria ancestrale è ancora un disastro.