CIE, FSE e la digitalizzazione sfrenata di tutti i nostri dati riservati e personali

fascicolo sanitario elettronico

In tempi di digitalizzazione sfrenata e continua caccia ai dati personali dei cittadini, è bene ricordare che abbiamo il diritto di opporci al confluire dei nostri dati riservati e personali in sistemi informatici che, come abbiamo visto, non sono così sicuri come si vorrebbe far credere.

La Carta di Identità Elettronica

A proposito della Carta d’Identità Elettronica (CIE), alcune valide informazioni ci giungono dall’avvocato Alessandro Fusillo, dal sito Osservatorio Diritti Umani.

Scrive Fusillo:

«Cerchiamo di capire come funziona la CIE, cosa fare per evitare di farsela assegnare e come limitarne i danni.

Secondo l’art. 35 del DPR 445/2000 la carta d’identità non è un documento necessario. Può essere sostituita da altri documenti come il passaporto o la patente. Si può avere solo il passaporto e non la carta d’identità.

Come fare per evitare il rilascio della CIE

I Comuni sono obbligati a rilasciare il vecchio documento cartaceo nelle seguenti ipotesi:
– motivi di salute che impediscono al soggetto di recarsi presso gli uffici comunali;
– viaggio all’estero in data imminente;
– visita medica per accertamento invalidità in data vicina;
– partecipazione a concorsi pubblici in data imminente;
– consultazione elettorale.
Chi si trovi in una simile situazione può chiedere il rilascio del documento cartaceo a vista.

Quali sono i dati che la CIE deve contenere obbligatoriamente?
Ai sensi dell’art. 66, commi 3 e 4, del decreto legislativo 82/2005 (codice dell’amministrazione digitale) ci sono dati obbligatori e dati facoltativi che il richiedente può scegliere di non inserire nella CIE.

Dati obbligatori:

– i dati identificativi della persona, cioè nome, cognome, luogo e data di nascita
– il codice fiscale

Dati facoltativi, a richiesta dell’interessato:

– gruppo sanguigno,
– scelta se donare gli organi,
– dati biometrici primari (immagine del volto) e secondari (impronte digitali) con esclusione, in ogni caso, del DNA,
– numeri di telefono,
– indirizzi di posta elettronica.

È possibile che l’incaricato del rilascio della CIE vi dica che ai sensi del decreto ministeriale dell’8 settembre 2022 o dell’art. 3 TULPS (RD 773/1931) è necessario il rilascio dei dati biometrici. È falso. La norma di legge che regola la CIE (art. 66, commi 3 e 4, del decreto legislativo 82/2005) prevede solo i dati obbligatori indicati sopra per cui è lecito RIFIUTARE IL CONSENSO al rilascio degli altri dati.

In altri casi i funzionari dei Comuni hanno fatto presente che secondo il Regolamento UE 2019/1157 il rilascio delle impronte digitali sarebbe obbligatorio. Non è così. Il Regolamento 2019/1157 si riferisce alle CIE per la circolazione nell’UE. Pertanto, in caso di rifiuto di rilascio delle impronte digitali il Comune rilascerà una carta d’identità non valida per l’espatrio. Inoltre, il Regolamento 2019/1157 prevede che i dati biometrici siano inseriti solo nella tessera consegnata al cittadino e che debbano essere cancellati dall’amministrazione entro 90 giorni dal rilascio della CIE.
Il Comune non può conservare i dati biometrici primari (immagine del volto) e secondari (impronte digitali) che rimangono solo sulla tessera consegnata al cittadino.

Attivazione della CIE

La CIE, per diventare un documento di identità digitale, deve essere attivata con un’applicazione per telefonia mobile oppure dal sito dedicato gestito dal Ministero dell’Interno. Se non attiviamo volontariamente la CIE questa sarà valida come documento di identità e per l’espatrio senza diventare un documento elettronico e non ci sarà, quindi, nessuna differenza con il vecchio formato cartaceo».

Il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE)

E’ ormai noto che dal 22 aprile scorso ha preso il via la campagna di informazione sul Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0 “Sicuri della nostra salute”.

Ci viene detto che si tratta di uno strumento che il servizio sanitario sta potenziando, con i fondi del PNRR, per migliorare l’assistenza. In esso sono contenuti tutti i dati e documenti sanitari e sarà permesso al personale sanitario di consultarli ovunque, anche in situazioni di emergenza.

Come disposto dall’Autorità garante per la protezione dei dati personali, la campagna informa anche sulla possibilità di opporsi all’inserimento automatico nel fascicolo dei dati e dei documenti sanitari generati da eventi clinici riferiti alle prestazioni erogate dal Servizio sanitario nazionale prima del 19 maggio 2020.

Sarà possibile opporsi fino al 30 giugno 2024.

Che dire? Si tratta di un’enorme quantità di dati privati e strettamente personali che, per effetto di una legge del 2012, dal 19 maggio 2020 si sta alimentando automaticamente. Ricette ed esiti di prestazioni sanitarie verranno acquisiti senza chiedere il nostro consenso, forse conservati per trent’anni. O forse per molto più tempo.

Solo questo dato fa ben riflettere. Stiamo assistendo già al tentativo di imporre la digitalizzazione dei nostri preziosi e irripetibili dati biometrici, per mezzo della tecnica del riconoscimento facciale, nelle città di Milano e Catania. Oltre alla diffusione di IT-Wallet per l’identità digitale.

È evidente ormai come l’intento sia quello di acquisire e schedare tutti i dati identificativi e biometrici di ogni persona, insieme a tutta la sua passata storia clinica. Ma non si comprende come i nostri dati sanitari, personali e riservatissimi, possano confluire in un fascicolo elettronico creato e alimentato senza il nostro consenso.

Ma no, certo, non siamo mica in dittatura, almeno a sentire il mainstream. Eravamo in dittatura sotto il Fascismo! Il 25 aprile scorso non abbiamo forse celebrato l’anniversario della liberazione?

La dittatura per nostra grande fortuna è finita: siamo nel tempo della Repubblica, Prima, Seconda (o Terza), poco importa.

Ma non fu proprio quello stesso Benito Mussolini a creare un eccellente sistema di assistenza previdenziale e sanitaria a servizio completo dei cittadini, perfettamente funzionante, senza tuttavia avere la pretesa d’impossessarsi dei dati riservati di nessuno? All’epoca esistevano solo i formati cartacei e non era neppure immaginabile l’idea di schedare ogni singolo cittadino.

E poi, perché mai? Per passare i dati dei nostri nonni o dei nostri genitori alle case farmaceutiche? Ma non risulta storicamente che Mussolini avesse alcun tipo di intrallazzo con i colossi farmaceutici che già allora si affacciavano sul panorama mondiale.

L’assistenza sanitaria venne garantita a tutti indistintamente, anche agli indigenti. L’accattonaggio era proibito però lo Stato Italiano forniva completo supporto alle fasce più deboli della popolazione.

Ma facciamo ritorno ai nostri tempi “evoluti”.

Che si tratti, come già scritto in un altro articolo, di un’accurata e gigantesca opera di schedatura dei cittadini italiani, è ormai fuor di dubbio. Non bastava raccogliere dati biometrici come le impronte digitali, adesso si aggiungono anche tutti i dati sanitari personalissimi. Tutte le patologie, allergie, intolleranze, ecc. A cui si devono aggiungere gli esiti di esami diagnostici e il numero delle vaccinazioni. E il gruppo sanguigno.

Un identikit completo e totale della persona che mira anche ma non soltanto a curare l’interesse delle grandi case farmaceutiche.

Secondo quanto ci dicono, l’accesso ai nostri dati sanitari spetta al medico curante. Non spetta al personale amministrativo, agli infermieri, a chi lavora nel ministero delle Finanze che gestisce la piattaforma o a chi produce il fascicolo sanitario che è la Regione di residenza di ogni cittadino. Le modalità di presentazione del fascicolo variano da regione a regione.

Occorre ricordare che tutti i sanitari hanno il dovere di alimentare il Fascicolo Sanitario Elettronico di ogni cittadino, anche se lavorano nel settore privato.

Inoltre l’accesso ai nostri dati riservati può avvenire da parte di altri operatori sanitari, ma anche da parte di delle autorità pubbliche per quanto concerne le “esigenze di profilassi internazionale”.

Quindi se si vuole, per quanto sia in nostro potere, tentare di mantenere la riservatezza dei nostri dati personali sanitari, bisogna negare l’accesso al Fascicolo Sanitario Elettronico.

E’ da sottolineare che il FSE contiene, oltre agli esiti di esami e di interventi, persino le visite effettuate al di fuori della nostra regione. Inoltre anche le ricette e le vaccinazioni pregresse. Una preoccupazione costante (meglio se viene definita un chiodo fisso), nel nostro Paese, è quella per le vaccinazioni: la Regione Lombardia, per esempio, mostra in evidenza la barra per le “Informazioni COVID”.

Accedendo online al nostro Fascicolo Sanitario Elettronico, guarda caso, non esiste un tasto per oscurare le vaccinazioni COVID e nemmeno quello per oscurare le vaccinazioni fatte fin dalla nascita. Almeno così è per la Regione Lombardia.

Infatti, è bene ricordarlo, si ha la sempre possibilità di oscurare le informazione accedendo al fascicolo e spuntando i file uno per uno. Inoltre è sempre possibile ripristinare la visibilità dei file in qualunque momento, completa o parziale.

Ma per accedere online al FSE occorre farlo mediante SPID, Carta d’Identità Elettronica o attivando elettronicamente la propria tessera sanitaria. E’ consigliabile però evitare di utilizzare queste modalità di carattere digitale.

Meglio invece andare personalmente allo sportello della propria ASL di appartenenza per revocare in presenza il consenso all’accesso al Fascicolo Sanitario Elettronico.

Secondo quanto ci informa l’avv. Alessandro Fusillo, «la revoca dei consensi è disciplinata dall’art. 8 del DM 7.09.2023.

Anzitutto si stabilisce che la consultazione del fascicolo da parte di persone diverse dall’interessato e dall’operatore sanitario che ha inserito i dati nel FSE sia possibile solo dopo che il paziente abbia preso visione dell’informativa sulla riservatezza dei dati (c.d. “privacy”) e dopo la prestazione di un consenso libero, specifico, informato, inequivocabile e riferito alle singole categorie di dati. Per i minori il consenso viene concesso o negato dai genitori. Si può nominare un delegato per il rilascio o la revoca dei consensi. È possibile esercitare il diritto all’oscuramento dei dati sia in via generale sia in occasione delle singole prestazioni di servizi sanitari.

È opportuno revocare i consensi per le finalità di: – diagnosi, cura e riabilitazione, – prevenzione, – profilassi internazionale ivi compresa la somministrazione di vaccini o di profilassi obbligatorie o raccomandate per soggetti diretti all’estero.

L’oscuramento riguarderà ovviamente i terzi; l’interessato può sempre accedere al proprio FSE.

La revoca del consenso non pregiudica l’erogazione delle prestazioni sanitarie».

Se non si farà nessuna opposizione, come è noto i dati sanitari antecedenti al 19 maggio 2020 confluiranno nel fascicolo. Qui il link per esprimere l’opposizione.

Non occorre necessariamente avere lo SPID o la Carta d’Identità Elettronica per esprimere la nostra opposizione al trasferimento dei dati.

Se si volesse usare comunque lo SPID o la CIE è possibile farlo cliccando qui.

Già tanti hanno avvertito i cittadini su questa possibile strategia di difesa da porre in atto per proteggere i loro dati sanitari riservati. Quel che non dicono fino in fondo tuttavia è che, benché oscurati, questi dati rimarranno comunque a tempo indefinito nel nostro fascicolo elettronico.

Quindi significa concretamente che sarà sempre possibile impossessarsi di quei dati personali, anche se oscurati dal suo legittimo proprietario.

Esistono infatti sistemi informatici molto sviluppati in grado di decriptare e leggere comunque i nostri dati oscurati. Certo, è sempre bene revocare il proprio consenso quanto prima se non vogliamo che operatori sanitari o terzi, possano leggerli.

Ma questo non ci metterà al riparo in modo definitivo dal furto dei nostri dati personali. Di questo, guarda caso, non ne parla nessuno.

La verità infatti sta a monte: in un Paese civile non dovrebbe esistere una raccolta elettronica dei nostri dati sanitari (riservatissimi) senza il nostro esplicito consenso.

Il FSE semplicemente non dovrebbe essere mai nato, almeno concepito in questo modo: dovrebbe poter esistere solo su autorizzazione esplicita del diretto interessato.

Il panorama non è quindi per niente confortante per quanto riguarda la tutela della nostra privacy e dei nostri dati sanitari personali. D’altronde già il tempo del COVID aveva fatto comprendere molto bene quale fosse la via oscura che i governi degli Stati occidentali stessero intraprendendo.

Ebrahim Raisi, Iran's likely next president, could take the country ...

La strana morte di Ebraim Raisi e l’attentato a Robert Fico

Se è vero infatti che le strutture del mondialismo versano ormai in un’indiscutibile crisi, prima di crollare insieme alla fatiscente Unione Europea, è vero anche che le stesse élite saranno pronte a tutto prima di mollare la loro morsa infernale sulle popolazioni.

Non è privo di significato infatti il recente attentato al primo ministro della Slovacchia Robert Fico, seguito dallo strano incidente che ha colpito il presidente dell’Iran Raisi.

Non c’erano particolari condizioni metereologiche avverse durante il volo dell’elicottero con a bordo il presidente Raisi. Secondo il racconto di alcuni testimoni la nebbia sarebbe calata all’improvviso avvolgendo l’elicottero.

Sappiamo bene come lo stato profondo disponga di mezzi sofisticatissimi per causare mutazioni metereologiche improvvise manipolando il clima.

Fa molto pensare il tweet di Jonathan Pacifici, presidente del Jewish Economic Forum, dove si rallegra per la morte di Raisi.

Dall’altra parte, Robert Fico si era opposto manifestamente al sistema e aveva intenzione di far luce sull’era del COVID. Si era opposto alle misure restrittive e incostituzionali applicate ai cittadini e alle conseguenze letali dei sieri sperimentali.

Il quadro è fosco e potrebbe allora disorientare. Ma le recenti dimissioni annunciate prima da Melinda Gates dalla Bill & Melinda Gates Foundation e poi da Klaus Schwab dalla presidenza del Forum di Davos, ci devono fornire il vero polso della situazione.

Molti esponenti chiavi del mondialismo infatti sono spariti negli ultimi tempi dalle scene, a partire dalla scomparsa della regina Elisabetta e il vuoto di potere che è rimasto tra i Windsor, che sembrano anch’essi letteralmente spariti.

Malgrado l’avanzare della morsa della digitalizzazione fuori controllo, dunque, non bisogna allarmarsi troppo perdendo la nostra salute. A dispetto di quel che desidera la falsa controinformazione; per cui ormai ci troveremmo perduti, chiusi in una gabbia totalmente digitale e oggetto di interminabili ricatti per il futuro.

Se in effetti era questo il progetto originario delle élite mondialiste e sataniste, è vero che ormai tale progetto è definitivamente e irreversibilmente andato in frantumi.

Si tratta solo di continuare a perseverare, cercando nel frattempo di proteggere la nostra privacy per quanto sia in nostro potere.

Al fine di revocare online il consenso all’accesso al nostro Fascicolo Sanitario Elettronico è necessario avere lo SPID. Ma come abbiamo visto, ci sono altre modalità per esercitare comunque il nostro diritto di revoca senza doverci per forza connettere.

Infatti, in tempi difficili, si può vivere bene anche senza possedere uno SPID.

 

 

 

 

CIE, FSE e la digitalizzazione sfrenata di tutti i nostri dati riservati e personaliultima modifica: 2024-05-24T20:49:24+02:00da daniela.g0