Il colonialismo non è responsabile dell’arretratezza del Terzo Mondo né del terrorismo islamico

 

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E’ opinione diffusa non solo tra i convinti aderenti all’ideologia della sinistra terzomondista, ma anche all’interno della Chiesa tra coloro più vicini alle posizioni no-global, che il Terzo Mondo sia povero e sottosviluppato a causa dello sfruttamento coloniale da parte dei Paesi occidentali. Le implicazioni di questa radicata convinzione sono della massima importanza per la sopravvivenza della civiltà occidentale di fronte alla minaccia implacabile dell’islam radicale che promana dai paesi islamici perché depongono a favore dell’ipotesi che la Jihad contro l’Occidente sia un fenomeno reattivo e quindi in qualche modo giustificabile.

Infatti, secondo l’ideologia terzomondista, quando i poveri e gli oppressi attuano una qualche forma di ribellione o resistenza violenta contro i ricchi e gli oppressori, stanno in realtà reagendo ad un’ingiustizia, quindi, qualunque ignominia essi commettano è comprensibile ed accettabile, proprio perché, in ultima analisi, in quanto risposta ad una provocazione, è responsabilità dei ricchi e degli oppressori. Questa idea, sebbene affascinante perché sembra fornire un potenziale interruttore per spegnere la violenza islamica, semplicemente ponendo rimedio alle ingiustizie perpetrate, è in realtà estremamente pericolosa e rischia di condurre alla disfatta dell’Occidente disarmandolo di fronte all’attacco islamico. L’Occidente, infatti, persuaso di essere il responsabile della violenza islamica, piuttosto che la vittima, invece di impegnarsi con tutte le sue forze nella lotta “senza quartiere” all’islam, cerca di placare i nemici, deresponsabilizzandoli e tentando in ogni modo di farsi perdonare per le presunte colpe del passato, finendo così per promuovere l’azione degli avversari e alimentarne l’aggressività e la violenza.

E’ possibile testare e confutare la teoria della Jihad reattiva analizzandone le previsioni o le implicazioni e verificandole alla luce dei fatti.

Ho già dedicato alla confutazione di questa ipotesi un precedente articolo dal titolo:”E’ nato prima l’uovo dell’invasione dell’Afghanistan o la gallina del terrorismo islamico?”, in cui il noto paradosso allude alla sequenza cronologica e logica di causa ed effetto applicata alla comprensione della natura del terrorismo islamico e alla sua classificazione di fenomeno aggressivo piuttosto che reattivo.

(http://www.ioamolitalia.it/blogs/verita-e-libeta/%E2%80%9Ce%E2%80%99-nato-prima-l%E2%80%99uovo-dell%E2%80%99invasione-dell%E2%80%99afghanistan-o-la-gallina-del-terrorismo-islamico%E2%80%9D.html)

In questa sede, vorrei però dimostrare l’infondatezza della teoria rimuovendo la premessa della presunta responsabilità occidentale delle condizioni di indigenza e sottosviluppo dei paesi del Terzo Mondo inclusi quelli islamici.

L’analisi storica della distribuzione geografica dello sviluppo economico è una delle chiavi per la comprensione delle ragioni dell’esistenza del Terzo Mondo. E’ possibile riconoscere la presenza di un asse, di una fascia che corre in direzione Ovest-Est definibile con il termine Eurasia lungo il quale nel corso della storia è prevalsa l’apparizione di grandiose civiltà.  Questa regione, paragonabile alla “fascia di abitabilità” dei pianeti intorno alle stelle, come risultato in questo caso della distanza dall’equatore e non da un sole, è caratterizzata da condizioni geografiche, climatiche ed ecologiche favorevoli allo sviluppo della vita evoluta delle fiorenti civiltà. Non è dunque una sorpresa che le grandi civiltà del passato siano nate e si siano sviluppate in particolare intorno al Mediterraneo, perché in questa sezione della fascia esiste un altro fattore propizio, la presenza del mare, ulteriore elemento di stabilizzazione climatica e una via estremamente agevole di comunicazione e commercio. Le eccezioni, quali ad esempio l’Australia, si possono spiegare con il fatto di rappresentare delle estensioni coloniali recenti di potenti civiltà sorte comunque nella regione suddetta e intorno al Mediterraneo. In altri casi, per esempio la Russia degli ultimi 100 anni rispetto agli USA, esse sono così diverse, seppure si collochino alla stessa latitudine, per effetto in questo caso del fallimento della Rivoluzione d’ottobre da una parte e il successo invece di quella americana dall’altra.  In effetti, è difficile immaginare gli abitanti dell’Africa sub-sahariana, tropicale ed equatoriale riuscire a progredire rapidamente vivendo nella foresta equatoriale o tropicale, impossibilitati a dedicarsi all’agricoltura su larga scala così da consentire la crescita demografica, e sotto costante assedio da parte di eserciti di parassiti a partire dalla malaria ed altri quasi altrettanto pericolosi, da cui non esisteva alcuna protezione fino a qualche tempo dopo l’arrivo dei colonizzatori europei. In Europa intorno al Mediterraneo l’impatto della sola malaria è visibile nella decisione di costruire i villaggi in cima ai monti per sfuggire all’attacco di questi implacabili nemici biologici, oltre che per garantire migliori possibilità di difesa da “nemici a due zampe”. Per cogliere l’importanza delle condizioni geografiche, climatiche ed ecologiche nella determinazione del percorso evolutivo di una comunità umana, bisogna tenere presente quali siano i presupposti più importanti per la crescita e l’evoluzione di una civiltà, ovvero lo sviluppo demografico e la possibilità di fondare insediamenti stabili. Tutto questo è però impossibile senza una fonte costante ed abbondante di cibo per la popolazione. L’agricoltura, che sola è in grado di fornire risorse alimentari capaci di sostenere lo sviluppo di una civiltà, è però ostacolata alle latitudini equatoriali e tropicali dalla sostanziale bassa fertilità del suolo a dispetto della presenza di foreste lussureggianti. Come risultato dell’elevata temperatura che promuove una frenetica attività di decomposizione da parte dei batteri, ogni albero della foresta o animale che muore non resiste abbastanza per consentire l’accumulo di abbondante humus necessario alla coltivazione di piante destinate all’alimentazione umana. Di conseguenza, lo strato fertile del terreno si estende soltanto per pochi centimetri e una volta abbattuti gli alberi per far posto ai campi, le piogge torrenziali dilavano rapidamente gli scarsi nutrienti lasciandosi un deserto di sabbia alle spalle. La foresta pluviale tipica di queste latitudini è un miracolo cresciuto sul deserto grazie alla simbiosi di organismi che consentono un rapidissimo riciclo dei pochi nutrienti disponibili.

Queste aree del globo in passato hanno potuto quindi alimentare tribù, ma difficilmente grandi agglomerati umani e urbani.

Il ruolo giocato dalla presenza del mare meriterebbe un articolo a sé stante, ma è facile intuirne i benefici in termini di stabilizzazione climatica (il clima è molto più salubre), fornitura di cibo in abbondanza attraverso la pesca, e agevolazione e promozione degli scambi commerciali con altri insediamenti umani.

Considerazioni di carattere geografico, climatico ed ecologico, unite alla verifica delle previsioni e implicazioni dell’ipotesi reattiva alla prova dei fatti, smentiscono dunque definitivamente la teoria sposata dalla sinistra terzomondista e da ampi settori della Chiesa che le potenze colonizzatrici occidentali siano divenute potenti e fiorenti a spese dei paesi del Terzo Mondo. Sebbene la colonizzazione abbia favorito l’ulteriore progresso dei colonizzatori, ma spesso anche quello delle “vittime” della colonizzazione, il successo di questi paesi è da imputare anzitutto all’appartenenza alla fascia euroasiatica descritta e alla sua sezione più favorevole localizzata intorno al Mediterraneo. La povertà o la primitività invece del Terzo Mondo è storicamente per lo più il risultato di essere nati o di essere rimasti a vivere nel posto sbagliato, lontano dalla “fascia di abitabilità”.

Le potenze coloniali occidentali hanno potuto colonizzare con relativa facilità perché erano già più evolute, ricche e potenti, non lo sono diventate sfruttando i paesi del Terzo Mondo, poveri e sottosviluppati di natura.

Quando si considera la ricaduta del colonialismo sul Terzo Mondo, bisognerebbe misurare il tributo imposto dalla colonizzazione occidentale contro i benefici di carattere scientifico, tecnologico, giuridico, demografico, etc. tratti da popoli meno civilizzati nell’interazione con popoli più avanzati, proprio come quando si valuta l’impatto complessivo dell’espansione dell’Impero romano, che, di solito, una volta presi in debita considerazione pro e contro, viene giudicato positivamente.

Tra tutti i possibili vantaggi, vale la pena di menzionarne uno di carattere esistenziale, intuibile gettando una rapida occhiata alla cartina geografica del continente africano e alla distribuzione delle aree di diffusione dell’islam e del cristianetr4jweqsimo, rispettivamente nella metà settentrionale e meridionale. Si può ragionevolmente argomentare che la colonizzazione europea potrebbe avere avuto il merito di salvare l’Africa dall’islamizzazione completa. A questo proposito, non bisogna infatti dimenticare quando si valuta l’esempio più clamoroso di sfruttamento occidentale del Terzo Mondo, ovvero la tratta degli schiavi africani, il ruolo ben più drammatico giocato dagli arabi. Costoro, non soltanto rappresentarono i diretti responsabili della cattura degli schiavi destinati al mercato occidentale, razziando i villaggi dell’Africa Sub-sahariana, e causando la morte di almeno 120 milioni di persone secondo le stime, ma furono essi stessi schiavisti ben peggiori degli occidentali. Inoltre, a differenza dei Paesi occidentali, che nel caso specifico degli Usa combatterono una guerra civile anche per l’abolizione della schiavitù, gli arabi hanno continuato e continuano a praticarla fino ai nostri giorni. Se non fosse esistito alcun limite all’espansione ulteriore dell’islam verso Sud, è facile estrapolare cosa sarebbe potuto accadere agli animisti che oggi professano la religione cristiana e per alcuni rappresentano il futuro della cristianità mondiale. Costoro, non potendo godere dei relativi vantaggi della dhimmitudine concessi ai cristiani ed ebrei, avrebbero subito il medesimo destino riservato ai correligionari più settentrionali, sarebbero stati cioè, con ogni probabilità, massacrati o ridotti in schiavitù. Quasi nessuno però oggi in Occidente, neppure i discendenti afro-americani dei popoli ridotti in schiavitù e torturati dagli arabi, riconosce ai colonizzatori europei questo merito. Ancora più sorprendente è l’assoluta assenza del benché minimo rancore o critica nei confronti del mondo islamico per aver massacrato, sfruttato e schiavizzato le popolazioni del Terzo Mondo. Paradossalmente, un illustre campione della comunità afro-americana quale l’ex-presidente Obama non ha perso occasione per criticare l’Occidente per il passato coloniale ed elogiare invece l’islam per il presunto contributo alla pace, ai progressi dell’umanità e persino all’edificazione dell’America. E’ difficile comprendere le ragioni del tributo del presidente all’islam se si escludono l’ignoranza, il totale distacco dalla realtà promosso dall’adesione all’ideologia di sinistra o magari l’effetto psicotropo di qualche droga. L’alternativa più razionale è che il rappresentante del popolo americano alludesse alla “pace eterna” dei milioni di vittime dell’islam, ai progressi in campo militare stimolati dalle sue continue aggressioni, e infine al ruolo degli arabi nella tratta degli schiavi che avrebbero presumibilmente contributo a rendere grande l’America con la raccolta del cotone nelle piantagioni del Sud…

Per quanto concerne invece la povertà e l’arretratezza dei paesi islamici, esse sono per lo più il frutto di errori interni alla storia della civiltà islamica, più specificatamente una serie di decisioni, tre delle quali di importanza critica, prese nel passato dai governanti e dai leader religiosi del mondo islamico, che hanno impedito alla civiltà islamica non solo di mantenere la superiorità di cui godeva nel Medioevo, ma anche di tenere il passo con i rapidi progressi dell’Europa Cristiana.

Quando in Europa fu inventata la stampa nel XV secolo, e la notizia giunse alle orecchie del Sultano Beyazid II in Istanbul, costui avrebbe voluto promuoverne la diffusione anche nell’Impero Ottomano, ma gli ulema si opposero in nome dell’islam, una religione meno flessibile ed adattabile rispetto alle esigenze della modernità di quella cristiana.

Gli ulema decretarono che utilizzare la stampa per riprodurre la parola di Allah conservata nel Corano avrebbe costituito un sacrilegio. L’uso della stampa fu proibito ai musulmani per quasi quattro secoli, fino al 1729, ma concesso agli ebrei e ai cristiani dell’Impero, segnando così per sempre le sorti del mondo islamico. In breve, grazie a questa singola invenzione, la conoscenza si diffuse con rapidità inaudita nell’Europa Cristiana, accelerando il progresso scientifico e tecnologico che permise all’Occidente di riguadagnare terreno, superare e distanziare il mondo islamico.

La dhimmitudine, ovvero l´usanza radicata nella tradizione islamica di trattare i sudditi di religione non-islamica come cittadini di serie B, o come schiavi, che da un punto di vista economico e strategico non costituiva un problema all’inizio delle conquiste arabe all’interno della Penisola Arabica, con il crescere dell’estensione dei territori e delle popolazioni di infedeli controllate, si rivelò controproducente. In caso di guerra, a settori crescenti della popolazione non era concesso di combattere per l’Impero, mentre costoro potevano invece costituire una quinta colonna. Non solo, ma, come accadde per lo più nell’Impero Ottomano, i dhimmi erano spesso relegati a ruoli nell’ambito economico, quali il sistema bancario, del commercio e dei trasporti marittimi che in Occidente guidarono i progressi dal mondo medioevale a quello moderno.

Un’altra ferita auto-inflitta fu l’usanza detta Timar, un sistema feudale adottato dall’Impero Ottomano proprio quando l’Occidente si stava affrancando dai vincoli del feudalesimo, che aggiunse un freno ulteriore allo sviluppo economico.

Il colonialismo occidentale non è pertanto responsabile del sottosviluppo del Terzo Mondo, né del terrorismo islamico, semmai ha determinato, sebbene spesso involontariamente, un netto miglioramento delle condizioni di vita delle aree naturalmente indigenti e arretrate del pianeta. La Jihad non è una reazione del Terzo Mondo all’imperialismo e al passato coloniale, bensì un’aggressione motivata e alimentata dall’ideologia pseudo-religiosa imperialista, razzista, sciovinista e violenta espressa e custodita nel Corano. Sarebbe dunque ora che l’Occidente si affrancasse dal perfezionismo esasperato che lo spinge ad auto-flagellarsi e tormentarsi coi sensi di colpa nei confronti del Terzo Mondo, e recuperasse invece il meritato orgoglio per la propria identità classico-giudaico-cristiana e il rispetto di sé stesso.

La ritrovata autostima consentirà all’Occidente di guadagnarsi, anche con le armi se assolutamente necessario, il rispetto dei nemici islamici. Questo rispetto potrà forse creare i presupposti per l’apertura di spiragli di vero dialogo con l’islam, invece di esplicite dichiarazioni di dhimmitudine nei negoziati anche interreligiosi, che rischiano di generare maggiore aggressività e violenza verso i cristiani in Medio Oriente e in Africa al venir meno della protezione garantita dai regimi dittatoriali filo-occidentali in via di dissoluzione.

Il colonialismo non è responsabile dell’arretratezza del Terzo Mondo né del terrorismo islamicoultima modifica: 2017-04-01T16:30:28+02:00da StyliosSpartan