TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 2,41-51) I genitori di Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro.
Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
L’inquietudine e l’incomprensione di Maria e di Giuseppe, nonostante la loro vicinanza a Gesù, nonostante che siano stati preparati da Dio al compito di accompagnare i primi passi della vita di Gesù, ci riportano a quello che è il nostro atteggiamento di fronte all’opera di Dio in noi e intorno a noi. Ogni essere è un mistero per quelli che lo circondano. La sofferenza che nasce da questa solitudine collettiva non trova pace se non nella fede.
Noi siamo vicini gli uni agli altri perché siamo tutti amati di un amore divino. L’amore che ci unisce, lungi dall’abolire il nostro essere diversi gli uni dagli altri, rafforza, anima e sviluppa quanto c’è di originale in noi. Ma solo una carità che venga da Dio può mettere nei nostri cuori una tale disposizione.
Maria e Giuseppe non hanno capito a fondo ciò che Gesù diceva o faceva. Ma hanno accettato, nella fede e per amore, di vederlo compiere la sua vita e adempiere alla sua missione, partecipandovi nell’oscurità della loro fede. Che lezione per noi! Quando non capiamo l’azione del nostro prossimo, perché supera le nostre capacità, dobbiamo saper amare senza capire: solo con un tale atteggiamento tutto diventa possibile.
In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato. Parola del Signore.
RIFLESSIONI
In principio, prima della creazione, era il Verbo, divino, dinamico e vivo. Era con Dio ed era Dio. Con queste tre brevi affermazioni, eccoci condotti al mistero stesso della Trinità. Ci è stato concesso di vedere che il Verbo divino ha origine nell’eternità di Dio, vive in un’unione particolare e ineffabile con Dio, è Dio stesso, uguale al Padre e non subordinato o inferiore. E questo Verbo, personale e trascendente, è sceso dalla sua dimora celeste perché Dio fosse presente, in carne ed ossa, sulla terra e per insegnarci a conoscere direttamente il Padre, che lui solo aveva visto. Perché il Verbo è da sempre e per sempre il Figlio Unigenito e prediletto di Dio. In Cristo si trovano unite la divinità e l’umanità. In Cristo vediamo la gloria di Dio brillare attraverso la sua umanità. Ma l’identità del Figlio col Padre è espressa nella dipendenza, nell’obbedienza completa rivelata nel sacrificio, nel dono totale di sé. Si intravede qui l’umiltà della Trinità, così come è manifestata nella carne mortale di Cristo.
Parlandoci del suo legame con il Padre, Gesù vuole attirarci a sé per fare di noi i suoi discepoli e figli di Dio. Vuole insegnarci che la nostra vita deve riflettere, nella condizione umana, la vita della Trinità, la vita di Dio stesso, se desideriamo ricevere i suoi doni apportatori di salvezza.
Ecco la serva del Signore:
avvenga di me secondo la tua parola.
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 1,39-45)
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo.
Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
Oggi il vangelo ci rivela come si sono realizzati la venuta del Messia e il mistero della redenzione che essa contiene.
La persona di Maria, la sua fede, il suo “sì”, la sua maternità, sono le vie scelte da Dio per fare visita ai suoi e portare la salvezza a tutti gli uomini. Il centro dell’avvenimento evangelico di questo giorno si sviluppa, dunque, attorno a Maria: lei è la più profonda e più radicale via dell’Avvento. Si capisce la ragione della visita a sua cugina Elisabetta nel messaggio dell’angelo (Lc 1,36). Ella si dirige rapidamente verso il villaggio in Giudea, perché la grazia ricevuta da sua cugina Elisabetta, che diventerà mamma, la riempie di gioia. Il suo saluto ha un effetto meraviglioso su Elisabetta e sul bambino. Tutti e due si impregnano di Spirito Santo. Elisabetta sente il bambino sussultare dentro di sé, come fece tempo prima Davide davanti all’arca dell’Alleanza, durante il suo viaggio a Gerusalemme (2Sam 6,1-11). Maria è la nuova arca dell’Alleanza, davanti alla quale il bambino esprime la sua gioia. Dal bambino l’azione dello Spirito è trasmessa anche ad Elisabetta, cosa che la conduce a riconoscere la Madre del suo Signore. Sotto l’ispirazione dello Spirito, conosce il mistero del messaggio dell’angelo a sua cugina Maria, e la riconosce “felice” in ragione della fede con la quale ella l’ha ricevuto. La testimonianza di Elisabetta è la più antica testimonianza della venerazione della prima Chiesa per la Madre del Salvatore.
Le folle lo interrogavano: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha; e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare, e gli chiesero: «Maestro, che dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi che dobbiamo fare?». Rispose: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno, contentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti si domandavano in cuor loro, riguardo a Giovanni, se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Egli ha in mano il ventilabro per ripulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel granaio; ma la pula, la brucerà con fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni annunziava al popolo la buona novella.
Rivelazione di Gesù a Maria Valtorta Corrispondenza nell’“Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta Capitolo 68 (1 gennaio 1945)
Vedo Gesù che, avendo al fianco Giuda, penetra nel recinto del Tempio e, dopo aver superato la prima terrazza, o scaglione se piace più dirla così, si ferma in un luogo porticato che costeggia un ampio cortile, lastricato con marmi di diverso colore. Il luogo è molto bello e affollato.
Gesù si guarda intorno e vede un posto che gli piace. Ma, prima di dirigersi ad esso, dice a Giuda: «Chiamami il magistrato del luogo. Devo farmi riconoscere, acciò non si dica che manco alle consuetudini e al rispetto».
«Maestro, Tu sei al di sopra delle consuetudini, né alcuno più di Te ha diritto di parlare nella Casa di Dio, Tu, suo Messia».
«Io lo so, tu lo sai, ma essi non lo sanno. Io sono venuto non per scandalizzare, né per insegnare a violare non solo la Legge ma anche le consuetudini. Anzi sono venuto proprio per insegnare rispetto, umiltà e ubbidienza e per levare gli scandali. Perciò voglio chiedere di poter parlare in nome di Dio, facendomi riconoscere degno di farlo dal magistrato del luogo».
«L’altra volta non lo facesti».
«L’altra volta m’arse lo zelo della Casa di Dio, profanata da troppe cose. L’altra volta ero il Figlio del Padre, l’Erede che in nome del Padre e per amore della mia Casa agiva nella sua maestà, alla quale magistrati e sacerdoti sono inferiori. Ora sono il Maestro d’Israele, e insegno ad Israele anche questo. E poi, Giuda, credi tu che il discepolo sia da più del Maestro?».
«No, Gesù».
«E tu chi sei? E chi sono Io?».
«Tu il Maestro, io il discepolo».
«E allora, se riconosci così essere le cose, perché vuoi insegnare al Maestro? Và e ubbidisci. Io ubbidisco al Padre mio. Tu ubbidisci al Maestro tuo. Condizione prima del Figlio di Dio: ubbidire senza discutere, pensando che il Padre non può che dare ordini santi. Condizione prima del discepolo: ubbidire al Maestro, pensando che il Maestro sa, e non può dare che ordini giusti».
«È vero. Perdona. Ubbidisco».
«Perdono. Vai. E, Giuda, senti ancora una cosa: ricordati questo. Ricordatelo sempre, in futuro».
«Di ubbidire? Sì».
«No: ricorda che Io fui col Tempio rispettoso e umile. Col Tempio, ossia con le caste potenti. Và».
Giuda Lo guarda pensosamente, interrogativamente… ma non osa chiedere altro. E se ne va meditabondo.
…Torna con un paludato personaggio. «Ecco, Maestro, il magistrato».
«La pace sia con te. Io chiedo di insegnare, fra i rabbi d’Israele, ad Israele».
«Sei Tu rabbi?».
«Lo sono».
«Quale fu il tuo maestro?».
«Lo Spirito di Dio, che mi parla con la sua sapienza e che mi illumina di Luce ogni parola dei testi santi».
«Sei da più di Hillel, Tu che senza maestro dici sapere ogni dottrina? Come può uno formarsi se non vi è chi lo forma?».
«Come si formò Davide, pastorello ignoto, divenuto il re potente e sapiente per volere del Signore».
«Il tuo Nome».
«Gesù di Giuseppe di Giacobbe, della stirpe di Davide, e di Maria di Gioacchino della stirpe di Davide e di Anna d’Aronne, Maria, la Vergine sposata nel Tempio, perché orfana, dal Sommo Sacerdote, secondo la Legge d’Israele».
«Chi lo prova?».
«Ancora qui devono esservi leviti che si ricordano del fatto e che furono coetanei di Zaccaria, della classe di Abia, il mio parente. Interrogali, se dubiti della mia sincerità».
«Ti credo. Ma chi mi prova che Tu sia capace di insegnare?».
«Ascoltami e giudicherai tu stesso».
«Sei libero di farlo… Ma… non sei nazareno?».
«Sono nato a Betlem di Giuda al tempo del censo ordinato da Cesare. Proscritti per ordini ingiusti, i figli di Davide sono dovunque. Ma la stirpe è di Giuda».
«Sai… i farisei… tutta la Giudea… per la Galilea…».
«Lo so. Ma rassicurati. A Betlem vidi la luce, a Betlem Efrata da cui viene la mia stirpe, e se ora vivo in Galilea non è che perché si compia il segnato…».
Il magistrato si allontana di qualche metro, accorrendo dove lo chiamano.
Giuda chiede: «Perché non hai detto che sei il Messia?».
«Le mie parole lo diranno».
«Quale è il segnato che si deve compiere?».
«La riunione di tutto Israele sotto l’insegnamento della parola del Cristo. Io sono il Pastore di cui parlano i Profeti e vengo a radunare le pecore di ogni regione, vengo a curare le malate, a mettere sul pascolo buono le erranti. Non vi è per Me Giudea o Galilea, Decapoli o Idumea. Vi è solo una cosa: l’Amore che guarda con un unico occhio e unisce in un unico abbraccio per salvare…».
Gesù è ispirato. Pare sprigioni raggi, tanto è sorridente al suo sogno. Giuda Lo guarda ammirato.
Della gente, curiosa, si è avvicinata ai due, la cui diversa imponenza attira e colpisce.
Gesù abbassa lo sguardo, sorride a questa piccola folla col suo sorriso, la cui dolcezza nessun pittore potrà mai rendere e nessun credente, che non lo abbia visto, può immaginare. E dice: «Venite, se vi sprona desiderio di parola eterna».
Si dirige sotto un arco del portico e, addossato ad una colonna, comincia a parlare. Prende lo spunto dal fatto del mattino.
«Stamane, entrando in Sionne, ho visto che per pochi denari due figli d’Abramo erano pronti ad uccidersi.
Nel nome di Dio avrei potuto maledirli, poiché Dio dice: “Non ucciderai”, e dice anche che chi non Lo ubbidisce nella sua Legge sarà maledetto. Ma ho avuto pietà della loro ignoranza allo spirito della Legge ed ho solo impedito l’omicidio per dare loro modo di pentirsi, conoscere Dio, servirlo in obbedienza, amando non solo chi li ama, ma anche chi è loro nemico.
Sì, Israele. Un giorno nuovo sorge per te e anche più luminoso si fa il precetto d’amore. Comincia forse l’anno col nebbioso etanim, oppure con il triste casleu dalle giornate più brevi di un sogno e dalle notti lunghe come un malanno? No, esso ha inizio col fiorito, solare, allegro nisam, in cui tutto ride e il cuore dell’uomo, anche fosse il più povero e triste, si apre alla speranza perché viene l’estate, le biade, il sole, le frutta, dolce è il dormire anche su un prato in fiore con le stelle per lucerna, facile il nutrirsi perché ogni zolla porta erba o frutto per la fame dell’uomo.
Ecco, o Israele. Finito è l’inverno, tempo di attesa. Ora è la gioia della promessa che si compie. Il Pane e il Vino stanno per esser pronti alla tua fame. Il Sole è fra te. Tutto, a questo Sole, prende più ampio e dolce respiro. Anche il precetto della nostra Legge, il primo, il più santo dei precetti santi: “Ama il tuo Dio e ama il tuo prossimo”.
Nella relativa luce che fin qui ti fu concessa, ti fu detto -non avresti potuto fare di più, perché su te ancora pesava il corruccio di Dio per la colpa di disamore di Adamo- ti fu detto: “Ama coloro che ti amano e odia il tuo nemico”. E nemico ti era non solo chi varcava i tuoi patri confini, ma anche chi ti aveva mancato, privatamente, o che ti pareva avesse mancato. Onde l’odio covava in tutti i cuori, poiché quale è mai quell’uomo che, volutamente o senza volere, non fa offesa al fratello? E quale quello che giunge a vecchiezza senza essere offeso?
Io vi dico: amate anche chi vi offende. Fatelo pensando che Adamo, e ogni uomo per lui, è prevaricatore verso Dio, né vi è alcuno che possa dire: “Io non ho offeso Dio”. Eppure Dio perdona, non una ma dieci e dieci volte perdona, ma mille e diecimila volte perdona, e ne è prova il sussistere dell’uomo sulla terra.
Perdonate dunque come Dio perdona.
E se non lo potete fare per amore verso il fratello che vi ha nuociuto, fatelo per amore di Dio che vi dà pane e vita, che vi tutela nei bisogni della terra ed ha predisposto ogni evento per procurarvi l’eterna pace sul suo seno. Questa è la Legge nuova, la Legge della primavera di Dio, del tempo fiorito della Grazia venuta fra gli uomini, del tempo che vi darà il Frutto senza pari che vi aprirà le porte del Cielo.
La voce che parlava nel deserto (Giovanni Battista) non si ode. Ma muta non è. Essa parla ancora a Dio per Israele e parla ancora ad ogni retto israelita nel cuore, e dice -dice dopo avervi insegnato a far penitenza per preparare le vie al Signore che viene, e ad avere carità dando il superfluo a chi non ha neppure il necessario, e ad avere onestà non estorcendo e vessando- vi dice: “L’Agnello di Dio, Colui che toglie i peccati del mondo, Colui che battezzerà col fuoco dello Spirito Santo è fra voi. Egli pulirà la sua aia, raccoglierà il suo frumento”.
Sappiate conoscere Colui che il Precursore vi indica. Le sue sofferenze operano verso Dio per darvi luce.
Vedete. Si aprano i vostri occhi spirituali. Conoscerete la Luce che viene. Io raccolgo la voce del Profeta che annuncia il Messia, e col potere che mi viene dal Padre la amplifico e vi unisco il mio potere, e vi chiamo alla verità della Legge. Preparate i vostri cuori alla Grazia della Redenzione vicina. Il Redentore è fra voi.
Beati quelli che saranno degni di essere redenti perché avranno avuto buona volontà.
La pace sia con voi»
Uno chiede: «Sei Tu discepolo del Battista, che ne parli con tanta venerazione?».
«Ebbi battesimo da lui, sulle rive del Giordano, prima della sua prigionia. Lo venero perché Santo egli è agli occhi di Dio. In verità vi dico che fra i figli di Abramo non ve ne è uno più grande in Grazia di lui. Dal suo avvento alla sua morte, gli occhi di Dio si saranno posati senza moto di sdegno su questo benedetto».
«Egli ti ha assicurato del Messia?».
«La sua parola che non mente ha indicato ai presenti il Messia già vivente».
«Dove? Quando?».
«Quando fu l’ora di indicarlo».
Estratto di “l’Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta
TESTO:-
Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 3,1-6) Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène, sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto.
Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del profeta Isaìa:
«Voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito,
ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
le vie tortuose diverranno diritte
e quelle impervie, spianate.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!». Parola del Signore.
RIFLESSIONI
La seconda domenica di Avvento presenta la figura di Giovanni Battista come segno della venuta della salvezza di Dio. La storia vive qui il suo culmine: il momento più atteso e più desiderato, il momento dell’annuncio del regno di Dio che comincia: il Messia sta per arrivare.
Nella tradizione dei grandi profeti dell’Antico Testamento, la parola di Dio è rivolta a Giovanni nel deserto. Giovanni – figlio di Zaccaria – diventa così profeta e precursore del Messia.
Malgrado le paure e il terrore che ispira, il deserto è, nella memoria religiosa del popolo di Israele, il luogo di riunione, dove Dio ha parlato al cuore del suo popolo, il luogo dove Dio è stato più che mai il pastore del suo gregge.
Del deserto Giovanni denuncia e ricorda l’identità religiosa più particolare del suo popolo: il Dio d’Israele è fedele al suo legame e mantiene le sue promesse di salvezza.
Convoca di nuovo i suoi nel deserto, per annunciare loro l’arrivo del Messia. Ma Dio si aspetta sempre dall’uomo un minimo di collaborazione ed esigerà da lui un battesimo di conversione, la purificazione dei suoi peccati, e lo sforzo di superare gli ostacoli che gli impediscono di vedere l’alba della salvezza.
Gesù disse ai suoi discepoli: State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni…
TESTO:- Dal Vangelo secondo Luca. (Lc 21,25-28.34-36)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.
Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.
State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo». Parola del Signore.
Il Vangelo di Luca è indirizzato ai cristiani della sua epoca ma anche a quelli di tutti i tempi, che devono vivere nella fede del Signore in mezzo al mondo. Sono parole di consolazione e di speranza, di fronte alle tribolazioni e alle tristezze della vita.
Gli stessi avvenimenti che disorientano gli uomini saranno per i cristiani il segno che l’ora della salvezza si avvicina. Dietro tutte le peripezie, per quanto dolorose possano essere, essi potranno scoprire il Signore che annuncia la sua venuta, la sua redenzione, e l’inizio di una nuova era.
La venuta del Signore non è considerata come una cosa vicina nel tempo. I cristiani devono pensare che la storia duri a lungo, fino alla creazione definitiva del Regno di Dio. È necessario dunque che essi abbiano un’attitudine paziente di fronte alle avversità, e perseverante nel cammino che li conduce alla vita piena.
Così, il vangelo mette in guardia contro il pericolo di rilassarsi nel quotidiano. Bisogna restare vigili, in preghiera, e chiedere forza, perché ogni affanno terreno smussa i cuori, distrae il pensiero e impedisce di vivere, senza angoscia né sorpresa, l’attesa gioiosa del Signore che è misericordia e vita nuova.
Natale 2018
Caro Bambin Gesù…
L’inverno è alle porte,
il preludio sta annunciando
che il Santo Natale sta arrivando.
Il freddo aggredisce la gente che tutto a perso e
non ha più niente, tu sai già cosa vuol dire povertà:
nella mangiatoia dov’eri adagiato tu,
il freddo pungeva ancor di più!
Caro Bambin Gesù…porta tu un po’ di consolazione
in mezzo a tanta desolazione.
Hai visto anche tu, il vento ha smesso di accarezzare
le cime degli abeti, la natura amica
impazzendo si è ribellata, e come un gigante
efferato ha spezzato, sradicato ogni forma di vita.
Quest’apocalisse ha reso desertiche le verdi valli
l’acqua come una feroce belva ha
divorato case, strade, ponti e vite umane.
Gesù tu che tutto puoi, fa che dai monti alla piana
il vento torni ad accarezzar la vita.
la pioggia tintinnando faccia l’acqua gorgogliare
e il fiume nel suo letto ritornare.
Gesù inginocchiati ti aspettiamo laggiù,
dove finisce il mare e lassù in mezzo al fango
dove non esiste più ricchezza o rango.
Caro Gesù, il presepe non sarà bello,
mancheranno anche il bue e l’asinello,
ma tutti i cuori si riscalderanno con l’amore
che sgorgherà dal tuo cuore. Tiziano Scarpel
Rivelazione di Gesù a Maria Valtorta Corrispondenza nell’“Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta Capitolo 596
Pietro e Giovanni parlano fra di loro e poi sussurrano qualcosa a Giacomo d’Alfeo e ad Andrea, loro vicini, i quali annuiscono col capo. Allora Pietro si rivolge al Maestro e gli dice:
«Vieni in disparte e spiegaci quando avverrà la tua profezia sulla distruzione del Tempio. Daniele ne parla, ma se fosse come lui dice e come Tu dici, poche ore avrebbe ancora il Tempio. Ma noi non vediamo eserciti né preparativi di guerra. Quando dunque avverrà? Quale sarà il segno di esso? Tu sei venuto. Tu, dici, stai per andare via. Eppure si sa che essa non sarà che quando Tu sarai fra gli uomini. Tornerai, allora? Quando, questo tuo ritorno? Spiegaci, perché noi si possa sapere…».
«Non occorre mettersi in disparte. Vedi? Sono rimasti i discepoli più fedeli, quelli che saranno a voi dodici di grande aiuto. Essi possono sentire le parole che dico a voi. Venitemi tutti vicino!», grida in ultimo per radunare tutti.
I discepoli, sparsi sul pendio, si avvicinano, fanno un mucchio compatto, stretto intorno a quello principale di Gesù coi suoi apostoli, e ascoltano.
«Badate che nessuno vi seduca in futuro. Io sono il Cristo e non vi saranno altri Cristi. Perciò, quando molti verranno a dirvi: “Io sono il Cristo” e sedurranno molti, voi non credete a quelle parole, neppure se saranno accompagnate da prodigi. Satana, padre di menzogna e protettore dei menzogneri, aiuta i suoi servi e seguaci con falsi prodigi, che però possono essere riconosciuti non buoni perché sempre uniti a paura, turbamento e menzogna.
I prodigi di Dio voi li conoscete: danno pace santa, letizia, salute, fede, conducono a desideri e opere sante. Gli altri no.
Perciò riflettete sulla forma e le conseguenze dei prodigi che potrete vedere in futuro ad opera dei falsi Cristi e di tutti coloro che si ammanteranno nelle vesti di salvatori di popoli e saranno invece le belve che rovinano gli stessi.
Sentirete anche, e vedrete anche, parlare di guerre e di rumori di guerre e vi diranno: “Sono i segni della fine”. Non turbatevi. Non sarà la fine. Bisogna che tutto questo avvenga prima della fine, ma non sarà ancora la fine. Si solleverà popolo contro popolo, regno contro regno, nazione contro nazione, continente contro continente, e seguiranno pestilenze, carestie, terremoti in molti luoghi. Ma questo non sarà che il principio dei dolori.
Allora vi getteranno nella tribolazione e vi uccideranno, accusandovi di essere i colpevoli del loro soffrire e sperando di uscirne col perseguitare e distruggere i miei servi. Gli uomini fanno sempre accusa agli innocenti di esser causa del male che essi, peccatori, si creano.
Accusano Dio stesso, perfetta Innocenza e Bontà suprema, di esser causa del loro soffrire, e così faranno con voi, e voi sarete odiati per causa del mio Nome. È satana che li aizza. E molti si scandalizzeranno e si tradiranno e odieranno a vicenda. È ancor satana che li aizza.
E sorgeranno falsi profeti che indurranno molti in errore.
Ancora sarà satana il vero autore di tanto male.
E per il moltiplicarsi dell’iniquità si raffredderà la carità in molti. Ma chi avrà perseverato sino alla fine sarà salvo. E prima bisogna che questo Vangelo del Regno di Dio sia predicato in tutto il mondo, testimonianza a tutte le nazioni. Allora verrà la fine. Ritorno al Cristo di Israele che lo accoglie e predicazione della mia Dottrina in tutto il mondo.
E poi un altro segno. Un segno per la fine del Tempio e per la fine del mondo. Quando vedrete l’abominazione della desolazione predetta da Daniele -chi mi ascolta bene intenda, e chi legge il Profeta sappia leggere fra le parole- allora chi sarà in Giudea fugga sui monti, chi sarà sulla terrazza non scenda a prendere quanto ha in casa, e chi è nel suo campo non torni in casa a prendere il suo mantello, ma fugga senza volgersi indietro, ché non gli accada di non poterlo più fare, e neppure si volga nel fuggire a guardare, per non conservare nel cuore lo spettacolo orrendo e insanire per esso.
Guai alle gravide e a quelle che allatteranno in quei giorni! E guai se la fuga dovesse compiersi in sabato! Non sarebbe sufficiente la fuga a salvarsi senza peccare. Pregate dunque perché non avvenga in inverno e in giorno di sabato, perché allora la tribolazione sarà grande quale mai non fu dal principio del mondo fino ad ora, né sarà mai più simile perché sarà la fine.
Se non fossero abbreviati quei giorni in Grazia degli eletti, nessuno si salverebbe, perché gli uomini-satana si alleeranno all’inferno per dare tormento agli uomini.
E anche allora, per corrompere e trarre fuori della via giusta coloro che resteranno fedeli al Signore, sorgeranno quelli che diranno: “Il Cristo è là, il Cristo è qua. È in quel luogo. Eccolo”. Non credete.
Nessuno creda, perché sorgeranno falsi Cristi e falsi profeti che faranno prodigi e portenti tali da indurre in errore, se fosse possibile, anche gli eletti, e diranno dottrine in apparenza così confortevoli e buone a sedurre anche i migliori, se con loro non fosse lo Spirito di Dio che li illuminerà sulla verità e l’origine satanica di tali prodigi e dottrine.
Io ve lo dico. Io ve lo predico perché voi possiate regolarvi. Ma di cadere non temete. Se starete nel Signore non sarete tratti in tentazione e in rovina. Ricordate ciò che vi ho detto: “Vi ho dato il potere di camminare su serpenti e scorpioni, e di tutta la potenza del Nemico nulla vi nuocerà, perché tutto vi sarà soggetto”. Vi ricordo anche però che per ottenere questo dovete avere Dio in voi, e rallegrarvi dovete, non perché dominate le potenze del Male e le venefiche cose, ma perché il vostro nome è scritto in Cielo.
State nel Signore e nella sua verità. Io sono la Verità e insegno la verità. Perciò ancora vi ripeto: qualunque cosa vi dicano di Me, non credete. Io solo ho detto la verità. Io solo vi dico che il Cristo verrà, ma quando sarà la fine. Perciò, se vi dicono: “È nel deserto”, non andate. Se vi dicono: “È in quella casa”, non date retta.
Perché il Figlio dell’Uomo nella sua seconda venuta sarà simile al lampo che esce da levante e guizza fino a ponente, in un tempo più breve di quel che non sia il batter di una palpebra.
E scorrerà sul grande Corpo, di subito fatto Cadavere, seguito dai suoi fulgenti Angeli, e giudicherà. Là dovunque sarà corpo là si raduneranno le aquile. E subito dopo la tribolazione di quei giorni ultimi, che vi fu detta -parlo già della fine del tempo e del mondo e della risurrezione delle ossa, delle quali cose parlano i profeti- si oscurerà il sole, e la luna non darà più luce, e le stelle del cielo cadranno come acini da un grappolo troppo maturo che un vento di bufera scuote, e le potenze dei Cieli tremeranno.
E allora nel firmamento oscurato apparirà folgorante il segno del Figlio dell’Uomo, e piangeranno tutte le nazioni della Terra, e gli uomini vedranno il Figlio dell’Uomo venir sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria. Ed Egli comanderà ai suoi Angeli di mietere e vendemmiare, e di separare i logli dal grano, e di gettare le uve nel tino, perché sarà venuto il tempo del grande raccolto del seme di Adamo, e non ci sarà più bisogno di serbare racimolo o semente, perché non ci sarà mai più perpetuazione della specie umana sulla Terra morta.
E comanderà ai suoi Angeli che a gran voce di trombe adunino gli eletti dai quattro venti, da un’estremità all’altra dei cieli, perché siano al fianco del Giudice divino per giudicare con Lui gli ultimi viventi ed i risorti.
Dal fico imparate la similitudine: quando vedete che il suo ramo si fa tenero e mette le foglie, voi sapete che vicina è l’estate. Così anche, quando vedrete tutte queste cose, sappiate che il Cristo sta per venire. In verità vi dico: non passerà questa generazione che non mi volle, prima che tutto ciò avvenga.
La mia Parola non cade. Ciò che dico sarà. Il cuore e il pensiero degli uomini possono mutare, ma non muta la mia Parola. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto poi al giorno e all’ora precisa, nessuno li conosce, neppure gli Angeli del Signore, ma soltanto il Padre li conosce.
Come ai tempi di Noè, così avverrà alla venuta del Figlio dell’Uomo. Nei giorni precedenti al diluvio, gli uomini mangiavano, bevevano, si sposavano, si accasavano, senza darsi pensiero del segno sino al giorno in cui Noè entrò nell’arca e si aprirono le cataratte dei cieli e il diluvio sommerse ogni vivente e ogni cosa. Anche così sarà per la venuta del Figlio dell’Uomo.
Allora due uomini saranno accosto nel campo, e uno sarà preso e uno sarà lasciato, e due donne saranno intente a far andare la mola, e una sarà presa e una lasciata, dai nemici nella Patria e più ancora dagli Angeli separanti il buon seme dal loglio, e non avranno tempo di prepararsi al giudizio del Cristo.
Vegliate dunque perché non sapete a che ora verrà il vostro Signore. Ripensate a questo: se il capo di famiglia sapesse a che ora viene il ladro, veglierebbe e non lascerebbe spogliare la sua casa. Quindi vegliate e pregate, stando sempre preparati alla venuta, senza che i vostri cuori cadano in torpore, per abuso e intemperanza di ogni specie, e i vostri spiriti siano fatti distratti e ottusi alle cose del Cielo dalle eccessive cure per le cose della Terra, e il laccio della morte non vi colga improvviso quando siete impreparati. Perché, ricordate, tutti avete a morire.
Tutti gli uomini, nati che siano, devono morire, ed è una singola venuta del Cristo questa morte e questo susseguente giudizio, che avrà il suo ripetersi universale alla venuta solenne del Figlio dell’Uomo.
Che sarà mai di quel servo fedele e prudente, preposto dal padrone ad amministrare il cibo ai domestici in sua assenza? Beata sorte egli avrà se il suo padrone, tornando all’improvviso, lo trova a fare ciò che deve con solerzia, giustizia e amore. In verità vi dico che gli dirà: “Vieni, servo buono e fedele. Tu hai meritato il mio premio. Tieni, amministra tutti i miei beni”.
Ma se egli pareva, e non era, buono e fedele, e nell’interno suo era cattivo come all’esterno era ipocrita, e partito il padrone dirà in cuor suo: “Il padrone tarderà a tornare! Diamoci al bel tempo”, e comincerà a battere e malmenare i conservi, facendo usura su loro nel cibo e in ogni altra cosa per avere maggior denaro da consumare coi gozzovigliatori e ubriaconi, che avverrà?
Che il padrone tornerà all’improvviso, quando il servo non se lo pensa vicino, e verrà scoperto il suo malfare, gli verrà levato posto e denaro, e sarà cacciato dove giustizia vuole. E ivi starà.
E così del peccatore impenitente, che non pensa come la morte può essere vicina e vicino il suo giudizio, e gode e abusa dicendo: “Poi mi pentirò”. In verità vi dico che egli non avrà tempo di farlo e sarà condannato a stare in eterno nel luogo del tremendo orrore, dove è solo bestemmia e pianto e tortura, e ne uscirà soltanto per il Giudizio finale, quando rivestirà la carne risorta per presentarsi completo al Giudizio ultimo come completo peccò nel tempo della vita terrena, e con corpo ed anima si presenterà al Giudice Gesù che egli non volle per Salvatore.
Tutti là accolti davanti al Figlio dell’Uomo. Una moltitudine infinita di corpi, restituiti dalla terra e dal mare e ricomposti dopo essere stati cenere per tanto tempo. E gli spiriti nei corpi. Ad ogni carne tornata sugli scheletri corrisponderà il proprio spirito, quello che l’animava un tempo.
E staranno ritti davanti al Figlio dell’Uomo, splendido nella sua Maestà divina, seduto sul trono della sua gloria sorretto dai suoi Angeli. Ed Egli separerà uomini da uomini, mettendo da un lato i buoni e dall’altro i cattivi, come un pastore separa le pecorelle dai capretti, e metterà le sue pecore a destra e i capri a sinistra.
E dirà con dolce voce e benigno aspetto a quelli che, pacifici e belli di una bellezza gloriosa nello splendore del corpo santo, Lo guarderanno con tutto l’amore del loro cuore: “Venite, o benedetti dal Padre mio, prendete possesso del Regno preparato per voi sino dall’origine del mondo. Perché ebbi fame e mi deste da mangiare, ebbi sete e mi deste da bere, fui pellegrino e mi ospitaste, fui nudo e mi rivestiste, malato e mi visitaste, prigioniero e veniste a portarmi conforto”.
E i giusti gli chiederanno: “Quando mai, Signore, ti vedemmo affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti vedemmo pellegrino e ti abbiamo accolto, nudo e ti abbiamo rivestito? Quando ti vedemmo infermo e carcerato e siamo venuti a visitarti?”.
E il Re dei re dirà loro: “In verità vi dico: quando avete fatto una di queste cose ad uno di questi minimi fra i miei fratelli, allora lo avete fatto a Me”.
E poi si volgerà a quelli che saranno alla sua sinistra e dirà loro, severo nel volto, e i suoi sguardi saranno come saette fulminanti i reprobi, e nella sua voce tuonerà l’ira di Dio: “Via di qua! Via da Me, o maledetti! Nel fuoco eterno preparato dal furore di Dio per il demonio e gli angeli tenebrosi e per coloro che li hanno ascoltati nelle loro voci di libidine triplice e oscena.
Io ebbi fame e non mi sfamaste, sete e non mi dissetaste, fui nudo e non mi rivestiste, pellegrino e mi respingeste, infermo e carcerato e non mi visitaste. Perché non avevate che una legge: il piacere del vostro Io”.
Ed essi gli diranno: “Quando ti abbiamo visto affamato, assetato, nudo, pellegrino, infermo, carcerato? In verità noi non ti abbiamo conosciuto. Non eravamo, quando Tu eri sulla Terra”.
Ed Egli risponderà loro: “È vero. Non mi avete conosciuto. Perché non eravate quando Io ero sulla Terra. Ma avete però conosciuto la mia Parola e avete avuto i poveri fra voi, gli affamati, i sitibondi, i nudi, i malati, i carcerati. Perché non avete fatto ad essi ciò che forse avreste fatto a Me?
Perché non è già detto che coloro che mi ebbero fra loro fossero misericordiosi col Figlio dell’Uomo. Non sapete che nei miei fratelli Io sono, e dove è uno di essi che soffra là sono Io, e che ciò che non avete fatto ad uno di questi miei minori fratelli lo avete negato a Me, Primogenito degli uomini? Andate e ardete nel vostro egoismo. Andate, e vi fascino le tenebre e il gelo perché tenebra e gelo foste, pur conoscendo dove era la Luce e il Fuoco d’Amore”.
E costoro andranno all’eterno supplizio, mentre i giusti entreranno nella vita eterna. Queste le cose future…
Ora andate. E non dividetevi fra voi. Io vado con Giovanni e sarò a voi a metà della prima vigilia, per la cena e per andare poi alle nostre istruzioni».
«Anche questa sera? Tutte le sere faremo questo? Io sono tutto indolenzito dalle guazze. Non sarebbe meglio entrare ormai in qualche casa ospitale? Sempre sotto le tende! Sempre veglianti e nelle notti, che sono fresche e umide…», si lamenta Giuda.
«È l’ultima notte. Domani… sarà diverso».
«Ah! Credevo che volessi andare al Getsemani tutte le notti. Ma se è l’ultima…».
«Non ho detto questo, Giuda. Ho detto che sarà l’ultima notte da passare al campo dei Galilei tutti uniti. Domani prepareremo la Pasqua e consumeremo l’agnello, e poi andrò Io solo a pregare nel Getsemani. E voi potrete fare ciò che volete».
«Ma noi verremo con Te, Signore! Quando mai abbiamo voglia di lasciarti?», dice Pietro.
«Tu taci, che sei in colpa. Tu e lo Zelote non fate che svolazzare qua e là appena il Maestro non vi vede. Vi tengo d’occhio. Al Tempio… nel giorno… nelle tende lassù…», dice l’Iscariota, lieto di denunciare.
«Basta! Se essi lo fanno, bene fanno. Ma però non mi lasciate solo… Io ve ne prego…».
«Signore, non facciamo nulla di male. Credilo. Le nostre azioni sono note a Dio ed il suo occhio non si torce da esse con disgusto», dice lo Zelote.
«Lo so. Ma è inutile. E ciò che è inutile può sempre essere dannoso. State il più possibile uniti».
Poi si volge a Matteo: «Tu, mio buon cronista, ripeterai a costoro la parabola delle dieci vergini savie e delle dieci stolte, e quella del padrone che dà dei talenti ai suoi tre servi perché li facciano fruttare, e due ne guadagnano il doppio e l’infingardo lo sotterra. Ricordi?».
«Sì, Signor mio, esattamente».
«Allora ripetile a questi. Non tutti le conoscono. E anche quelli che le sanno avranno piacere a riascoltarle. Passate così in sapienti discorsi il tempo sino al mio ritorno. Vegliate! Vegliate! Tenete desto il vostro spirito. Quelle parabole sono appropriate anche a ciò che dissi. Addio. La pace sia con voi».
Prende Giovanni per mano e si allontana con lui verso la città… Gli altri si avviano verso il campo galileo.
Estratto di “l’Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta