Implantologia a carico immediato

Con questa tecnica implantare il paziente può lasciare lo studio dentistico con i nuovi denti in bocca o, al massimo, attendere le 24 ore successive per finire il lavoro.

Il carico immediato permette differenti tipi di riabilitazione, può essere utilizzato per un singolo dente, per un ponte dentale oppure per un’intera arcata od entrambe quando la persona richiedente è completamente senza denti, edentulia completa.

Come si effettua il carico immediato ?

Abbiamo pensato di descrivere nei minimi dettagli tutti i singoli passaggi che caratterizzano l’intervento di implantologia per ottenere i denti nella stessa seduta in cui si inseriscono i perni in titanio.

Consigliamo di approfondire l’argomento con i dentisti a cui chiederete il preventivo dei costi.

Fase 1: Verifica della quantità ossea

La condizione necessaria e sufficiente per poter eseguire il posizionamento della protesi sugli impianti nella stessa seduta è la giusta quantità di osso a disposizione dell’implantologo.

Se tale quantità manca è necessario ricrearla con interventi come il rialzo del seno mascellare oppure innesti di materiale osteoinduttivo (che favorisce la formazione di nuovo osso).

Per verificare lo stato dei mascellari, il dentista sottopone il candidato ad un esame volumetrico tridimensionale chiamato Tomografia Computerizzata 3D od anche Dentalscan Cone Beam 3D

Fase 2: estrazione dei denti residui

Dopo aver somministrato l’anestesia locale, l’intervento inizia subito con l’estrazione degli ultimi elementi dentali presenti nel cavo orale seguita dalla bonifica di tutta la bocca.

E’ necessario eliminare i residui di materiale infetto ad esempio se i denti naturali sono molto cariati oppure affetti da parodontite.

In quest’ultimo caso, il dentista provvede ad asportare anche parti di tessuto molle, gengiva, che potrebbe veicolare nuova infezione alle viti.

Fase 3: presa delle impronte

Una volta risanata tutta la bocca, è il momento della presa delle impronte dentali con particolare riferimento alle altezze per il calcolo della quantità di gengiva finta e della misura dei denti protesici.

Se i mascellari e le gengive sono in buone condizioni, la flangia finta rosa non è necessaria.

Con le impronte, l’odontotecnico può cominciare subito la costruzione della protesi fissa in modo che sia pronta una volta terminata la fase implantologica vera e propria.

Fase 4: inserimento degli impianti per il carico immediato

Questo è il momento più importante di tutta la procedura implantologica poiché l’odontoiatra comincia a perforare l’osso con frese via via di misura maggiore fino ad arrivare a quella propria della vite che si deve utilizzare.

Finita la preparazione dell’osso ricevente, inizia l’avvitamento dell’impianto che può essere fatto attraverso un avvitatore motorizzato e collegato ad un misuratore elettronico della forza oppure con uno strumento manuale con tacche chiamato cricchetto o torque.

Indipendentemente dalla modalità di inserimento scelta, il successo del carico immediato si realizza solo se il dentista può avvitare l’impianto con una forza pari o superiore a 35 Nm (Newton metri) a volte si utilizza la sigla Ncm (Newton per centimetro).

Sotto tale misura gli impianti non avrebbero la stabilità necessaria per supportare la protesi durante la masticazione e tutta la riabilitazione implanto-protesica fallirebbe.

L’alternativa è quella di adottare fin da subito il carico differito.

Una volta che gli impianti sono in sede, il medico e l’odontotecnico prendono nuovamente le impronte per trasferire sulla protesi la posizione degli impianti e creare i fori in cui andranno inserite le viti di fissaggio della protesi.

Fase 5: posizionamento della protesi

Tutto è pronto, il paziente può finalmente ricevere i nuovi denti che saranno avvitata agli impianti immediatamente.

L’ultimo step è quello di controllare il bilanciamento dell’occlusione.

Con una strisciolina di carta colorata tra le due arcate, il medico chiede di aprire e chiudere la bocca.

Se ci sono punti di precontatto, essi si colorano ed il dentista può smussarli con il trapano a turbina.

Vantaggi dell’implantologia a carico immediato

I tempi di realizzazione dei lavori sono estremamente ridotti. Si ottengono i denti subito od entro, al massimo 24, 48 ore;

riduzione dello stress operatorio e post operatorio per la persona che affronta l’intervento che esce dallo studio del dentista con i nuovi denti già in bocca e perfettamente funzionanti;

Il paziente non è costretto a lunghi periodi di disagio sociale e funzionale a causa della mancanza degli elementi dentali;

inserire gli impianti e posizionare la protesi in un’unica volta, permette la riduzione dei costi poiché si concentra tutto il lavoro in una sola seduta oltre a quelle successive di controllo.

Questo implica meno appuntamenti, meno anestesia, meno assistenza da parte dell’odontoiatra (assistenti), meno esami radiologici per verificare il grado di osteointegrazione ed il tutto determina una diminuzione del prezzo per il paziente.

Nessuna attesa per i tempi di osteointegrazione in cui è necessario portare una protesi mobile totale (dentiera) per poter mangiare e parlare correttamente sentendosi a disagio.

Comportamenti da tenere dopo l’intervento

Nei primi 20 giorni l’implantologo prescrive l’utilizzo di un collutorio alla clorexidina allo 0,2% da utilizzare almeno una volta al giorno per risciacqui dopo aver pulito i denti.

Lo scopo della clorexidina è quello di disinfettare le ferite delle gengive e di abbattere la percentuale di batteri che potrebbero dar luogo ad infezione.

Spazzolare la protesi caricata immediatamente come si faceva con i denti naturali quindi con uno spazzolino a setole medie o morbide e dentifricio.

L’acquisto di un idropulsore è vivamente consigliato specialmente poiché gli ultimi modelli hanno un’ottima pressione e capacità di rimuovere i resti di cibo rimasti tra la le gengive e il manufatto protesico.

Per le prime 3 settimane è consigliato non far uso di filo interdentale e scovolino poiché si corre il rischio di strappare i punti di sutura

Subito dopo l’intervento è bene scegliere un’alimentazione che prediliga cibi morbidi;

Ogni 3 mesi è necessario recarsi presso la clinica odontoiatrica per effettuare il controllo e, se necessaria, anche la pulizia della protesi fissa. Successivamente, la frequenza delle visite può essere portata a 2 volte all’anno.

Carico immediato post-estrazione

Le viti in titanio possono essere inserite immediatamente dopo l’estrazione dei denti naturali o parti di essi.

Si tratta di impianti post-estrazione progettati appositamente per essere inseriti subito dopo l’estrazione del dente. La superficie porosa di tali perni favorisce l’integrazione con l’osso.

Gli impianti post-estrazione garantiscono, da subito, la stabilità necessaria per contrastare i carichi masticatori.

Controindicazioni

Fino a qualche anno fa, alcune malattie sistemiche come il diabete e l’osteoporosi erano viste come delle serie controindicazioni all’implantologia soprattutto a causa dei medicinali assunti per tenerle sotto controllo. Pensiamo, ad esempio, a chi è in cura con corticoidi e bifosfonati.

Oggi anche chi soffre di tali patologie ha la possibilità di ottenere i nuovi denti subito, è necessario affrontare l’argomento con il dentista scelto per trovare la giusta strada ed arrivare all’esito desiderato.

Il candidato ideale

Il candidato ideale è la persona in buona salute, con un quantità di osso mandibolare o mascellare sufficiente a garantire la stabilità immediata dell’impianto (si parla di 35 o 40 Nm – Newton Metri), non fumatore, non affetto da patologie che abbassano le difese del nostro corpo (HIV), non in cura con radiofrequenza.

Chi NON può sottoporsi al carico immediato ?

Fondamentalmente ci sono poche caratteristiche che il clinico deve confermare per poter procedere ovvero:

  • i bambini e gli adolescenti non possono essere trattati poiché non hanno ancora completato lo sviluppo;
  • le persone con mascellari molto atrofizzati devono preventivamente sottoporsi al reintegro con innesti di materiale biocompatibile;
  • Chi soffre di bruxismo (digrignamento dei denti durante il giorno o la notte) deve prima risolvere il problema con speciali bite da portare di notte altrimenti i continui micromovimenti non permetterebbero la corretta guarigione;
  • Le gravi malocclusioni devono prima essere affrontate dal punto di vista ortodontico e solo dopo si può procedere con l’implantologia.
  • Diciamo subito che la procedura implantologica descritta in questo articolo rappresenta un metodo di lavoro non un prodotto come un impianto oppure la ceramica per i denti protesici quindi non ha un prezzo a se stante.Esistono, invece, offerte complete di riabilitazione per un solo dente fino ad entrambi le arcate.

Implantologia dentale a carico immediato solidarizzata

L’implantologia elettrosaldata è la tecnica odontoiatrica attraverso la quale gli impianti dentali endossei in titanio inseriti nella bocca del paziente vengono collegati tra loro (solidarizzati) attraverso un filo anch’esso in titanio elettrosaldato alla parte emergente di ogni impianto (chiamata appunto emergenza).

Attraverso la loro unione, la stabilità di ogni impianti aumentare ed è possibile procedere con il carico immediato ovvero il dentista può collocare immediatamente la protesi (generalmente provvisoria) nella bocca del paziente il quale potrà lasciare lo studio con i nuovi denti perfettamente funzionanti.

Il filo in titanio utilizzato nell’implantologia elettrosaldata ha lo scopo di unire tra loro gli impianti dentali in modo tale da assicurare un’adeguata resistenza al carico masticatorio di ogni singolo elemento grazie “all’aiuto” ricevuto dagli altri elementi attraverso appunto il filo di titanio.

Come ci ricorda l’illustre Prof. Tramonte, la difficoltà di realizzare l’implantologia a carico immediato, cioè garantire un’immediata soluzione estetica e funzionale al problema di endentulia (parziale o totale) è individuabile nelle ottimali condizioni ossee del paziente richieste.

Ma come bisogna procedere se dette condizioni ottimali non sussistono ovvero il dentista si trova di fronte ad un’insufficiente quantità d’osso o se esso non è della giusta qualità (pensiamo alle persone affette da osteoporosi) ?

La risposta potrebbe essere quella che è conveniente cambiare tecnica ed utilizzare l’implantologia a carico differito congiuntamente ad un’integrazione ossea.

Quest’ultima tecnica odontoiatrica però, costringe il paziente ad intraprendere un iter molto più lungo poiché nella prima fase l’odontoiatra inserisce gli impianti dentali e, solo dopo aver atteso alcuni mesi per l’adeguata osteointegrazione, potrà essere montata la protesi dentaria.

Con l’unione di tutti gli impianti dentali attraverso il filo di titanio, invece, è possibile porre in essere il carico immediato facendo risparmiare al paziente tempo, dolore e soldi.

In definitiva, l’implantologia elettrosaldata appare come una delle soluzioni all’apparente possibilità di effettuare il carico immediato ma non tutta la comunità odontoiatrica la pensa alla stessa maniera.

Per dovere di completezza dobbiamo aggiungere alla presente trattazione anche l’opinione di chi non è favorevole all’adozione di questa tecnica implantologica e spiegarne le motivazioni.

Alcuni odontoiatri ritengono (come è possibile leggere sui loro rispettivi siti Internet) che con l’implantologia elettrosaldata:

  • si possano utilizzare impianti non recentissimi quindi privi di quelle caratteristiche che permettono la loro immediata stabilizzazione che, a sua volta, consente il carico immediato;
  • il paziente è esposto ai fumi della saldatura effettuata all’interno del cavo orale;
  • il dentista è costretto ad attuare il carico immediato quando invece sarebbe molto più indicato procedere con l’implantologia a carico differito.

Lo scopo di questo articolo non è quello di stabilire se l’implantologia elettrosaldata sia o meno valida od addirittura migliore di altre procedure implantologiche bensì ci limitiamo a portare il lettore a conoscenza dell’esistenza di questa tecnica ed ad invitare tutti gli interessati ad approfondire l’argomento con il dentista di fiducia e, soprattutto, in base alle reali problematiche da risolvere.

Nei casi di perimplantite, il laser a cosa serve?

Cosa può fare il laser per la cura della perimplantite ?

Innanzitutto partiamo da un presupposto, la perimplantite, così come la parodontite, ha origine batterica da cui si ha l’infiammazione.

La progressiva necrosi dei tessuti molli colpiti e il riassorbimento dell’osso alveolare che, a sua volta, provoca instabilità sia della radice naturale del dente sia dell’impianto dentale che è quindi destinato al fallimento così come il dente naturale è destinato a cadere anche se perfettamente sano.

La cura della perimplantite non si realizza attraverso un’unica terapia bensì coinvolge più procedure che, realizzate insieme, permettono la completa guarigione e di salvare l’impianto.

Il laser, ormai, è uno strumento molto diffuso in ambito odontoiatrico ed anche l’implantologia ne fa largo uso.

Nei casi di perimplantite, il laser serve per migliorare od approfondire la bonifica dei tessuti molli colpiti dalla patologia così come la superficie degli impianti che, essendo sempre più rugosa, permette ai batteri di insediarsi e di sottrarsi alla decontaminazione manuale oppure a mezzo di strumenti meccanici come i-Brush, una sorta di spazzola a setole in acciaio inossidabile molto piccole, capace di ripulire la superficie dell’impianto dentale senza graffiarla e senza la necessità di ricorrere alla chirurgia per scoprire l’impianto sommerso.

Desideriamo ribadire che il laser per la cura della perimplantite non è una terapia alternativa bensì complementare a quelle finora utilizzate; esso infatti permette di approfondire la decontaminazione batterica iniziata con gli strumenti manuali (scalers e curettes) e meccanici, i-Brush, non di sostituirsi a queste ultime.

Avendo una patogenesi pressoché identica, anche la cura della parodontite (o piorrea) si avvale del laser per vaporizzare i batteri responsabili dell’infiammazione e bonificare, così, le tasche parodontali ed evitare di ricorrere alla levigatura radicolare a cielo aperto.

Perimplantite quali metodiche e procedure per debellarla?

Sebbene la cura della perimplantite adotti metodiche e procedure simili a quelle per debellare la parodontite, è necessario fare alcune distinzioni poiché c’è una sostanziale differenza tra la superficie dei denti naturali (parliamo della radice del dente quindi del cemento radicolare) e quella degli impianti dentali in titanio osteointegrati.

Pur svolgendo la stessa funzoine, la superficie del dente naturale si comporta in maniera diversa da quella di un impianto inserito nell’osso mascellare.

Sembra un controsenso ma l’impianto è molto più sensibile all’igiene orale rispetto al cemento radicolare.

Radice di un dente naturale

La parte del dente naturale al di sotto delle gengive ed immersa nell’osso mascellare è chiamata radice e la sua superficie è detta cemento radicolare.

I denti sono mantenuti in sede (all’interno dell’osso) dal legamento parodontale che parte dall’osso e finisce nel cemento della radice del dente.

La parodontite attacca prima la gengiva, poi i tessuti parodontali (legamento e mucosa) ed infine l’osso provocando la caduta spontanea del dente stesso.

Superficie impianto dentale

L’impianto dentale è mantenuto stabile ed in posizione grazie alla sua stretta relazione con l’osso con il quale, dopo il periodo di osteointegrazione, tende a diventare un tutt’uno.

Non esiste nessun legamento parodontale, ne naturale ne artificiale. Inoltre, la superficie dell’impianto è molto più delicata di quanto non sia quella dei denti.

A complicare le cose ci pensa la morfologia della superficie implantare che non è liscia come si potrebbe essere portati a pensare bensì porosa.

Se da una parte tale porosità facilita e fortifica l’osteointegrazione, dall’altra offre “riparo” ai batteri che causano l’infezione e la cura della perimplantite diventa più problematica.

Cura della perimplantite superficiale o mucosite

Prima che la patologia degeneri in perimplantite, i tessuti coinvolti, infetti ed infiammati, sono quelli molli ovvero gengive e mucosa.

A questo stadio, la cura della perimplantite prevede manovre non chirurgiche di igiene orale professionale allo scopo di eliminare la placca che si è accumulata (anche sulla sovrastruttura anche detta protesi) ed i tessuti molli e duri dalla superficie dell’impianto dentale con l’utilizzo di scalers e lavaggi a base di clorexidina. Per debellare l’infezione può essere utile un supporto antibiotico che deve essere valutato e prescritto dal medico.

Per contenere e eliminare progressivamente l’infiammazione, si sono rivelati utili anche i seguenti metodi:

  • Sciacqui con acqua tiepida e sale;
  • Acido citrico;
  • Perossido di idrogeno.

Cura della perimplantite conclamata

La cura della perimplantite conclamata (ovvero quando l’infezione ha superato i tessuti molli e si appresta ad attaccare l’osso o lo ha già fatto) è di stretta pertinenza del dentista che non può fare altro che ricorrere alla chirurgia orale per raggiungere le parti colpite, asportare il materiale biologico infetto e decontaminare la superficie dell’impianto dentale.

La ricerca da parte dei produttori di strumentazione chirurgica ed odontoiatrica permette oggi ai dentisti di avvalersi di nuovi strumenti appositamente realizzati per aumentare l’efficacia del tarttamento contro la perimplantite.

In particolare vanno citati i seguenti:

Laser

Il laser per la cura della perimplantite è oggi assai utilizzato per decontaminare le superfici implantari con grande soddisfazione sia dei dentisti che dei pazienti

Rimozione meccanica

Detto in questo modo non significa un gran che per i non addetti ai lavori; in altre parole, esistono sul mercato degli strumenti come iBrush (nome commerciale) che, collegati alla al trapano a turbina del dentista, permettono la rimozione meccanica (non manuale come con lo scaler) di placca e tartaro dalla superficie dell’impianto dentale senza però danneggiarlo.

Conclusioni

Come abbiamo visto, la cura della perimplantite può rivelarsi molto invasiva e costosa; è quindi preferibile prestare molta attenzione all’igiene orale quotidiana e sottoporsi periodicamente alla pulizia denti dal dentista poiché solo in questo modo il medico o l’igienista sono in grado di diagnosticare piccoli problemi che, se non curati tempestivamente, possono trasformarsi in un vero calvario.

Quando la mucosite diventa perimplantite ossia attacca l’osso alveolare che sostiene gli impianti dentali

I-Brush, progettato dalla casa coreana NeoBiotech, è uno strumento molto semplice, simile ad uno spazzolino monociuffo ed efficace nel ripulire la superficie degli impianti dentali che sono stati attaccati dalla perimplantite la quale minaccia l’osso alveolare che li sostiene.

Quando la mucosite diventa perimplantite ossia attacca l’osso alveolare che sostiene gli impianti dentali a cui è connessa la protesi fissa, l’unica cura possibile fino a poco tempo fa era l’intervento chirurgico per esporre la superficie degli impianti stessi e decontaminarla, dai batteri responsabili della patologia.

Tecnicamente la procedura prende il nome di debridement implantare.

L’operazione, anche se di microchirurgia, è sempre un intervento chirurgico che presuppone un alto stress per i tessuti coinvolti e per il paziente che vi si sottopone.

Dopo vari studi, ricerche e test, sono apparsi sul mercato alcuni strumenti come la fresa Tigran Brush e lo stesso i-Brush che hanno lo scopo di asportare il tessuto contaminato dalla superficie dell’impianto dentale (sempre più rugosa o porosa al fine di indurre e migliorare il processo di osteointegrazione, quindi l’effetto ritentivo) e, allo stesso tempo, eliminare lo strato osseo necrotico e rammollito, il tutto senza rovinare la superficie implantare ne causare danni ai tessuti nelle immediate vicinanze.

Caratteristiche di i-Brush

  • Realizzato con setole in acciaio inossidabile (elimina così le possibili infiammazioni dovute a residui plastici o metallici lasciati nel sito operatorio dagli strumenti manuali);
  • Può essere impiegato in quei casi in cui non si ha sufficiente spazio per gli strumenti standard (in molti casi elimina la necessità del bisturi per aprire lembi);
  • Non graffia la superficie implantare facilitandone il mantenimento;
  • Ogni i-Brush è strettamente monouso;
  • Venduto in confezioni sterili da 10 i-Brush, deve essere utilizzato immediatamente dopo l’apertura del blister che lo contiene e, dopo , l’uso, gettato.

Oltre a questi nuovi strumenti, oggi, la decontaminazione della superficie implantare e dei tessuti limitrofi per la cura della perimplantite, oltre che meccanica, può essere realizzata anche grazie all’impiego del laser.

Per i lettori che desiderano approfondire l’argomento abbiamo preparato un articolo specifico “Laser per curare la perimplantite”