L’ultimo abbraccio (provate a non commuovervi)

   Mama, una femmina di scimpanzè di 59 anni, sta per morire. Rifiuta acqua e cibo e per istinto sa che lo stato di letargia che la trattiene su quel giaciglio non sarà transitorio. Ma quando vede  Jan van Hooff, al quale la lega una lunga amicizia, tende la zampa per accarezzargli i capelli, il volto e poi ancora i capelli. Nel video, in effetti, viene mostrato molto più di un semplice abbraccio: Mama esprime gioia, tenerezza, amore per l’amico-biologo di una vita. Morirà una settimana dopo, il 5 aprile 2016. Chiunque si sia rapportato significativamente a un animale, per complicità quotidiana o per motivi professionali, non resterà sorpreso dall’umanissima reazione dello scimpanzè la cui percezione della realtà – oggettivamente acuminata malgrado il quadro clinico denunci un ottundimento della mente – lo porta, dopo l’attimo di smarrimento iniziale, a congedarsi dalla vita nell’epifania di un abbraccio.

   Per chi è ancora investito da scetticismo, il legame tra Mama e Jan ribadisce che vi sono connessioni certe, a livello emotivo, tra la nostra specie e quella animale, e francamente continuare a propugnare l’antropocentrismo mi appare un atteggiamento avulso da ogni concretezza storica.

L’ultimo abbraccio (provate a non commuovervi)ultima modifica: 2020-03-25T15:25:34+01:00da VIOLA_DIMARZO

6 pensieri riguardo “L’ultimo abbraccio (provate a non commuovervi)”

  1. Sono cresciuta circondata da amore e rispetto per gli animali. E’ sempre stata una ‘cosa’ di famiglia. Pensare che siano qualcosa di meno che esseri senzienti, con capacità intellettive ed emozionali, mi sembra a dir poco inverosimile. Pertanto non riesco davvero ad immaginare come un essere cosiddetto umano, possa abbrutirsi al punto da usarli per sfogare i suoi bassi istinti con l’alibi “tanto solo solo animali”.

  2. Filmato commovente ed istruttivo. Nella nostra sfera di cognizione la visione antropocentrica ha dei formidabili paladini nella chiesa cattolica e nelle istituzioni statali. Eppure credo che la coscienza collettiva sia molto più matura ad uno slittamento di prospettiva di quello che appaia superficialmente. Credo che accetteremmo il bando delle sperimentazioni animali e dure limitazioni agli allevamenti insani più a cuore leggero che il passaggio alla trazione elettrica. Malauguratamente le lobbies che hanno convenienza a mantenere lo status Quo sono potenti ed il cuore dei governi malfermo.

  3. Il rapporto fra l’uomo ed il diverso esiste da quando esiste l’uomo. Il problema, laddove nasce il problema, è quando il diverso non è solo l’animale o il fiore ma, addirittura, il nero o il gay o lo stesso bianco, se non addirittura la donna, quando li consideri diversi.
    Un altro problema, del tutto simile o uguale al rapporto fra l’uomo e il resto, sono le definizioni o categorie o etichette o quelli che oggi chiamiamo tag. In fondo sono robe uguali alle valigie quando, pur di farci entrare robe, ci toccherà sederci sopra per chiudergli la zip.
    L’antropocentrismo rimane una definizione come tutte le altre e, come le altre, ha un perimetro elastico. In fondo, in un mondo così ricco di elementi diversi fra loro, filosofeggiare sulla definizione lascia il tempo che trova perché ciascuno, alla fine dei conti, metterà al centro dell’universo quello che più conviene a lui. All’inizio la scelta poteva essere fra dio e l’uomo. Poi, per certi versi, e solo per convenienza reciproca e non per filosofia o ragion pura, si sono spartiti bonariamente il territorio. Quel territorio che, dopo migliaia d’anni di selvaggio sfruttamento, oggi sotto il nome di “ambiente” è entrato di diritto nella contesa antropocentrica. Ehiii ci sono anch’ioooo! Però se guardo solo alla puttanata dell’auto elettrica devo tornare a chiedermi ma per quale motivo devo chiamare antropocentrismo quello che, quando c’è di mezzo l’uomo, possiamo chiamare solo interesse. Quell’interesse che poi è un tag molto più facile ed inequivocabile di “antropocentrismo”. Segare l’Amazzonia o cementificare anche il buco del culo di un fiume o allevare pesci imbottendoli di antibiotici o gonfiare le mucche possiamo chiamarlo pure antropocentrismo, ma rimane quello che è: uno sporco e banalissimo interesse. Alla fine, ci tocca scegliere quale strada seguire quella di un equilibrio che faccia comodo a tutti, ambiente compreso oppure quella che continuiamo, al di là delle puttanate che ci raccontiamo, dell’interesse privato e selvaggio. La vera necessità, a mio avviso, è che l’unico antropocentrismo che potrei condividere è quello che mette cultura ed intelligenza al centro ovvero i due più grandi latitanti dell’umanità ma, per motivi d’interesse, of course, nessuno ha mai messo una taglia su di essi. Troppo pericolosi.

  4. Cultura, intelligenza e, aggiungo, bellezza sotto ogni sua forma. Proprio quella che ci ostiniamo a sfigurare e della quale, senza citarla direttamente, hai parlato anche tu.

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