Nomen omen? Beh, nel caso di Kamala Harris sicuramente sì, dal momento che Kamala è il nome sanscrito del loto, fiore che nasce dal fango e non s’arrende fino a quando non vede la luce. Non è stato dunque un caso se la neo-eletta vicepresidente degli Stati Uniti d’America, prima donna nera a rivestire un ruolo così prestigioso, sia stata anche la prima donna di origini indiane a diventare procuratore distrettuale di San Francisco, mentre il marito sarà il primo First Gentleman di origini ebraiche.
Ora che i giochi sono fatti, qualcuno si è chiesto se Kamala opterà per una particolare identificazione razziale, ma è un domandare ozioso giacché la stessa Harris ha dichiarato che, benché sia stata cresciuta come americana orgogliosa del proprio Paese, per nessun motivo al mondo rinnegherebbe le origini afroamericane e indiane, e le relative eredità culturali. Affrancarsi da ogni etichetta, ha chiarito, era già il mio diktat.
Apprezzata dai più importanti attivisti Lgbt per via delle posizioni su ambiente, sanità e controllo delle armi, Harris non ha paura di dire la verità, la sua verità, su ogni argomento, per cui senza imbarazzi sostiene che il sistema giudiziario americano è marcio, e che l’abissale differenza di retribuzione tra donne, bianche o di colore, e gli uomini va abolita, poiché è uno sproposito che le prime guadagnino di media 63 centesimi, e i secondi un dollaro.
Secondo alcuni commentatori, Kamala Harris passerà alla storia anche per essere stata la prima candidata a fare comizi elettorali indossando le All Star, ma a parte questo particolare che di bizzarro ha solo il contesto in cui è stato mostrato, Harris ama vestire casual, senza tuttavia rinunciare alla sobrietà di tailleur e bluse di seta. E al suo sorriso smagliante.
“Kamala ha toccato le mie corde, ha un cuore enorme, modi innovativi per affrontare problemi difficili; è divertente (il premio Miglior Risata di Pancia in politica va a lei) ed è molto più saggia dei suoi anni“.
J.J. Abrams, regista e produttore di Hollywood
La sconcertante scoperta di quanto sia silenzioso il destino, quando, d’un tratto, esplode.