AFFABULAZIONI

Perché le provocazioni di Achille Lauro sono usa e getta


La vera dissacrazione non attiene ai quadri di scena di Achille Lauro. Se solo chi ha mostrato riprovazione per le performance pacchiane del cantautore romano, avesse letto Querelle de Brest (1947) o Diario del ladro (1949) di Jean Genet, avrebbe ben chiaro cosa sia la narrazione di fatti realmente in grado di inorridire; nei libri succitati i temi trattati attengono alla pederastia, alla prostituzione maschile e femminile, all'omosessualità, e a una neppure tanto velata fascinazione per il nazismo.

Ovviamente chi ha un briciolo di cultura sa che Genet è in buona compagnia, e volendo spostare il discorso in ambito cinematografico, oltre a pellicole notoriamente forti come Ultimo tango a Parigi (versione uncensored) o Arancia meccanica, è utile ricordare il regista spagnolo Luis Buñuel, dichiaratamente ateo, che per gran parte della vita lottò per respingere pensieri inconfessabili, se non addirittura incestuosi, come quello di andare a letto con la madre.

In breve. Quella di Achille Lauro è dissacrazione usa e getta perché, nel tentativo di stupire le folle, di fatto sorprende e indigna vecchi bigotti animati da pregiudizi d'ordine morale e religioso.