AFFABULAZIONI

Quando il diritto di cronaca oltrepassa la misura


L'antefatto: il 19 settembre 2015 Luigi Pelazza, dovendo realizzare un servizio per la trasmissione Le Iene, inseguì con microfono e cameraman la giornalista Guia Soncini per rivolgerle, prima sul portone della palazzina e poi sulla porta dell’ascensore, domande insistite sul processo che la vedeva imputata (con Selvaggia Lucarelli e Gianluca Neri) di accesso abusivo a sistema informatico, intercettazione illecita di comunicazioni e violazione di corrispondenza per le presunte "foto rubate" di Elisabetta Canalis e dell’allora fidanzato George Clooney.

A metà marzo di quest'anno, la giudice della VII sezione penale Maria Angela Vita ha ritenuto che il giornalista "frapponendo il piede tra il montante e il portone d’ingresso" del condominio di Soncini, "mentre continuava a porle domande e a farla riprendere dal cameraman, le abbia impedito di fatto di chiudere la porta d’ingresso, frustrando in tal modo la sua libera determinazione di bloccare l’accesso al giornalista e al cameraman, non gradendo di essere né intervistata né ripresa dalle telecamere". Esausta, Soncini si era seduta per terra e aveva chiamato i carabinieri.

Il comportamento di Pelazza, ad avviso del Tribunale, ha costituito un "mezzo anomalo diretto a esercitare pressione sulla volontà altrui e ha coartato la libertà di movimento e la capacità di autodeterminazione della persona oggetto del tentativo di intervista", motivo per il quale è stato condannato a 2 mesi di carcere, convertiti su sua richiesta in 15mila euro di multa. Mi pare una risoluzione ragionevole.

Ora, Guia Soncini, come tutte le persone dotate di forte personalità, può piacere oppure risultare indigesta; io la ritengo donna intelligente e arguta dopo aver letto un'anteprima del suo ultimo libro L'era della suscettibilità, che la stessa recensisce in questi termini:

"Che la dittatura degli offesi sia un problema per il discorso pubblico è solo parte del guaio, e non la maggiore. Offendersi è una religione da cui non puoi mai distrarti, e percepirti vittima è un impegno usurante".

E dal prologo qualcosa di ancor più interessante:

"Questa non è un’introduzione. Questo è un elenco di parolacce.

È un glossario della neolingua di quest’epoca, quest’epoca in cui l’importante è appartenere a una categoria (representation matters, identity politics), l’importante è avere dei punti deboli (trigger warning), l’importante è offendersi e chiedere la testa (cancel culture) di chi ha osato violare la nostra zona senza traumi (safe space), l’importante è avere un repertorio (un armamentario sarebbe definizione più precisa) di fragilità che ci renda speciali ma uguali (me too), l’importante è far capire con ogni parola che noi siamo nel Club dei giusti, siamo dalla parte dei buoni (virtue signaling)".

(...)

"Della neolingua due cose bisogna dire.

Una è che citare Orwell è sempre rischioso: 1984 era satira, la sua neolingua era una parodia consapevole. I militanti della suscettibilità contemporanea si prendono sul serissimo.

La seconda cosa è ancora più rischiosa, perché i tic speculari della neolingua sono che, se qualcosa non ti piace e lo guardi da destra, lo definirai radical chic; se qualcosa non ti piace e lo guardi da sinistra, lo definirai fascista. Nessuna delle due parole è praticamente mai adatta all’uso che ne viene fatto (i radical chic sarebbero multimilionari con vezzi ideologici d’estrema sinistra, e la definizione viene usata per supplenti di lettere col mutuo che abbiano opinioni blandamente di centrosinistra). Quindi, pur avendone rubato a Orwell il nome, per definire il senso della neolingua andrebbe citato Victor Klemperer, studioso sopravvissuto ai campi di concentramento, che tra le altre cose scrisse che il regime era stato assorbito dai cittadini attraverso stilemi lessicali «imposti con milioni di ripetizioni e fatti propri meccanicamente e inconsciamente».

Per quanto la definizione mi faccia comodo, ho un soprassalto di pudore: come potrò irridere quelli che usano fascista anche per insolentire il barista che abbia finito il loro gelato preferito, se poi dico che ripetere concetti americani per sentirsi moderni è un rifacimento del nazismo?

D’altra parte che i tic con cui nell’era della suscettibilità si affettano posizioni di sinistra siano in realtà profondamente di destra è una lettura diffusa. Non solo tra gli appartenenti a quella minoranza eretica di americani che si ostinano a dirsi di sinistra sebbene non trovino offensivo quasi nulla di ciò per cui è necessario offendersi per far parte del Club dei giusti, sensibili alle discriminazioni specie quando esse sono immaginarie; specialmente in Europa".