AFFABULAZIONI

Quando lo stupro è una zona grigia


 

Il romanzo di Karine Tuil, Le cose umane - che ha ispirato il film omonimo di Yvan Attal, fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2021 - affronta un tema complesso, e lo fa cercando di far luce sul tema del consenso durante una violenza sessuale. La scrittrice, che in Francia ha già venduto duecentocinquantamila copie del suo libro, ha tratto ispirazione da un fatto di cronaca risalente al 2016: una ragazza accusa uno studente di Stanford di averla violentata; in difesa del figlio, il padre fa un appello pubblico in cui dichiara: "Non lascerò che la vita di un ragazzo così brillante sia rovinata per venti minuti di azione". Ed è proprio quel "venti minuti di azione" che spinge  Tuil a scrivere il libro. In varie interviste, alla luce dei diversi processi per stupro cui ha assistito, ha poi definito "zona grigia" l'abisso che intercorre tra lo stato emotivo di chi compie l'atto e di chi lo subisce, e come i fatti raccontati da punti di vista opposti disorientino non solo l'opinione pubblica, ma anche i giurati che difficilmente potranno dire con certezza da che parte stia la verità. A tal proposito c'è anche un altro aspetto di capitale importanza, ed è quello che a livello clinico viene definito assiderazione psicologica della vittima, e che Tuil rende in questi termini: "Spesso gli accusati definiscono il rapporto consenziente perché le loro prede non urlano, non li respingono, non esprimono in modo perentorio il loro no. Accade spesso, e non si tratta di consenso ma di puro terrore, timore di rappresaglie o anche solo di un giudizio".

Quante donne avranno provato la terribile esperienza dell'assiderazione? A mio avviso molte. Ma sono soprusi che non si possono denunciare e che, in virtù dell'impotenza che ne deriva,  si tende a rimuovere.