Siamo quello che siamo

You Are You | ClampArt

Quando la fotografa Lindsay Morris seppe dell’esistenza di Camp I Am, il primo campo estivo americano per bambini che non si riconoscono nel genere attribuito alla nascita, non esitò a portarci il figlio che già manifestava le stesse inquietudini. Fotografò alcuni ospiti che poi ha rintracciato a distanza di anni, scoprendo che alcuni sono gay cisgender e altri donne trans. Camp I Am ha chiuso i battenti nel 2018, ma negli Stati Uniti ci sono ancora centri in cui i bambini non binari vengono accolti e rispettati per quello che sono. Persone. Le testimonianze degli ex bambini concordano: al campo potevano essere se stessi, si sentivano al sicuro. Qualcuno lo ha definito un posto magico.

PRIMA

Lindsay Morris Photography Gender Nonconforming Camp

Lindsay Morris: You Are You – aCurator

Lindsay Morris: You Are You – aCurator

DOPO

The Kids of Camp I Am, a Decade Later - The New York Times

The Kids of Camp I Am, a Decade Later - The New York Times

The Kids of Camp I Am, a Decade Later - The New York Times

The Kids of Camp I Am, a Decade Later - The New York Times

Siamo quello che siamoultima modifica: 2021-12-10T09:04:35+01:00da VIOLA_DIMARZO

3 pensieri riguardo “Siamo quello che siamo”

  1. Non credo che portare un ”bambino” in un luogo atto a fare maturare una sua presunta indole gay o transgender sia una forma di rispetto. Rispetto e’ lasciare vivere e crescere senza forzature ed allo stesso tempo guidare verso il percorso della vita adolescenziale e poi adulta. Non dubito che i ragazzi ritratti siano tutti diventati gay o transgender, anche un gatto messo in un canile si credera’ d’essere un cane. Buona giornata 🙂

  2. E invece sì, perché in quei luoghi i bambini sono liberi di esprimersi come meglio credono, e quindi si rispetta la loro vera natura, cosa che nei contesti abituali non avviene. Speriamo che sempre più genitori lascino giocare, qualora lo desiderassero, il figlio con una bambola e la figlia col Meccano. Sarebbe un inizio. Buona giornata a Lei, pardon a te 😉

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