Il razzismo spiegato agli europei

Reni Eddo Lodge - Alchetron, The Free Social Encyclopedia

Perché non parlo più di razzismo con le persone bianche è un saggio-manifesto che fa il punto su questioni quali privilegio bianco e razzismo strutturale; l’ha scritto la 32enne giornalista britannica di origini nigeriane Reni Eddo-Lodge, basandosi su esperienze vissute sulla propria pelle, una per tutte l’interiezione con i bianchi che minimizzano o negano la discriminazione cui sono soggette le persone non razzializzate. Nel libro la scrittrice si sofferma sui concetti di diversity e inclusione, e in un’intervista ha squarciato il velo d’ipocrisia dietro dietro cui si celano media e grandi aziende. Testuale:

I posti di comando continuano a essere occupati da persone bianche che, quindi, si impegnano su certi temi non perché ci credono, ma perché conviene alla loro immagine. Questo è un problema, perché se oggi la causa da sposare è questa, tra cinque anni potrebbe essere un’altra. E noi non possiamo dipendere da questa volubilità. Occorre un ricambio: si può parlare quanto si vuole di diversity, ma se l’identità razziale e le priorità di chi decide non mutano, non si andrà da nessuna parte. Devo essere sincera: non ho fiducia nei bianchi che siedono nei posti di potere. Sono più interessata all’autodeterminazione, alla possibilità di stabilire i termini della discussione“.

Dunque, stando alla disanima di Eddo-Lodge, le discriminazioni sistemiche sono una realtà ben radicata nelle società europee, Italia inclusa, con buona pace di quella minoranza che, almeno in teoria, propugna il “siamo tutti uguali” – più cool se reso con l’inglese color-blindness – che tuttavia non sempre è un valore aggiunto giacché, non comprendendo fino in fondo, seppure in buona fede, le tematiche dei neri, si rischia di incappare in una visione idealizzata del mondo.

Dalla prefazione del libro:

“Il 22 febbraio 2014 ho pubblicato un post sul mio blog. L’ho intitolato Perché non parlo più di razzismo con le persone bianche. Diceva:

 

Ho smesso di affrontare l’argomento “razza” con le persone bianche. Non con tutte, solo con la stragrande maggioranza che rifiuta di ammettere l’esistenza del razzismo strutturale e dei suoi sintomi. Non posso più affrontare l’abisso di dissociazione emotiva che si spalanca sui loro volti quando una persona di colore – di qualsiasi colore – racconta la sua esperienza. Vedo i bianchi chiudere gli occhi, lo sguardo farsi duro, freddo. È come se nelle loro orecchie venisse versata melassa, ostruendone i canali uditivi. È come se non riuscissero più a sentirci.

Questa dissociazione emotiva è il risultato di una vita vissuta senza avere consapevolezza che il colore della loro pelle è la norma e ogni altro una deviazione. Nella migliore delle ipotesi, le persone bianche sono state educate a non dire che quelle di colore sono “diverse” – caso mai questa parola rischi di offenderci. Sono davvero convinte che l’esperienza del loro vissuto, conseguenza dell’avere la pelle bianca, possa e debba essere universale. E io non riesco più a sostenere il loro sconcerto, il loro mettersi sulla difensiva, mentre tentano di scendere a patti col fatto che non tutti sperimentano il mondo esattamente come loro. Non hanno mai dovuto riflettere su ciò che significhi, in termini di potere, essere bianchi, e ogni volta che qualcuno glielo ricorda, anche solo in maniera vaga, lo prendono come un insulto. Sgranano gli occhi per l’indignazione o lo sguardo gli si vela di noia. Iniziano a contrarre la bocca in modalità di difesa. Strepitano tentando di interromperti, smaniosi di farti cambiare idea ma senza ascoltarti davvero, perché hanno bisogno di convincerti che ti sbagli, hai capito male.

Ancora oggi, il percorso verso la comprensione del razzismo strutturale richiede alle persone di colore di dare priorità ai sentimenti dei bianchi. Ma anche se possono sentirti, le persone bianche non ti ascoltano. È come se, nel momento in cui le parole ci escono di bocca per arrivare alle loro orecchie, succedesse qualcosa. Le parole cozzano contro un muro di negazione, senza riuscire ad andare oltre. È la dissociazione emotiva”.

Il razzismo spiegato agli europeiultima modifica: 2021-12-20T12:24:59+01:00da VIOLA_DIMARZO

6 pensieri riguardo “Il razzismo spiegato agli europei”

  1. Fastidio. Le persone come le aziende perseguono il proprio interesse. Esattamente come la Signora in questione che ha un interesse da difendere. Il resto sono chiacchiere ,in certi casi profondamente offensive ed ingiuste. Razzismo esso stesso.

  2. Invece vedo uno scorretto e violento interesse a cristallizzare la propria posizione. Cosa significa attribuire a ‘quasi’ tutti i bianchi la descritta ”dissociazione emotiva” se non accusarli ‘quasi’ tutti di razzismo per il colore della loro pelle (prima ed insieme al loro modo di pensare) ? Cosa e’ razzismo se non propriamente questo? Serve una bella dose di istinto manipolatorio per tali affermazioni ed un senso di impunita’ probabilmente da attribuire ad una -sentita- superiorita’- culturale- che deriva a sua volta dal preteso stato di ”vittima” ”nera” e quindi portatrice di diritti esclusivi..” Per adesso perche’ tra cinque anni potrebbe essere diverso” Ed avanti con la giostra….Mah , buona serata.

  3. “Ancora oggi, il percorso verso la comprensione del razzismo strutturale richiede alle persone di colore di dare priorità ai sentimenti dei bianchi. Ma anche se possono sentirti, le persone bianche non ti ascoltano”. Niente di personale, ovviamente, ma io sto sempre dalla parte delle minoranze che, fino a prova contraria, sono in difficoltà.

  4. Aderire al verbo della maggioranza piagnucolante non è dissimile dall’ obbedire agli ordini della minoranza più rumorosa.

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