AFFABULAZIONI

YASSIFICATION


Che l'Occidente guardi ormai al tramonto (nomen omen) è cosa nota a tanti, tranne ai forzati dell'ottimismo che tuttavia stanno calando di numero grazie a Covid-19. Forse è alla luce di questo canto del cigno della nostra gloriosa civiltà che può essere anche interpretata la provocazione dell'account Twitter YassifyBot che da metà novembre dello scorso anno propone ogni giorno volti rielaborati di celebrità dello sport, della moda e della politica, ma con una particolare predilezione per le opere d'arte famose. Dietro a YassifyBot c'è un certo Denver Adams, studente d’arte ventiduenne non binario, il quale sottopone a fotoritocco con l'ausilio di FaceApp le immagini che di volta in volta lo ispirano. Benché scanzonato in alcune dichiarazioni ("Ignoro se c’è un significato più profondo dietro questa tendenza dei meme, ma se dovessi teorizzare, sarebbe un po’ per fare luce su quanto sia ridicola questa tecnologia AI, quanto sia intelligente, come sia in grado di leggere i volti e di ritoccarli in qualcosa di così artificiale con un clic di un pulsante"), è indubbio che il suo lavoro abbia dato il la a una sorta di denuncia virtuale che critica l'uso smodato di certe tecnologie, ma che perniciosamente diventa celebrazione di quella sfrontata artificiosità tanto cara alla queer culture. Del resto yassification deriva da yas, queen, espressione molto in voga nella comunità LGBT americana, tornata alla ribalta con un meme dedicato a Lady Gaga. Ora, al di là di tutto, volendo fare un analisi terra terra della yassification, è innegabile che il senso di certe operazioni è da ricercare nel bisogno di non mostrarsi per quel che si è, falsando i tratti del viso in nome di un'anarchia comportamentale incapace di soppesare i limiti della decenza e del ridicolo.