AFFABULAZIONI

"Che noia il politicamente corretto mentre il Paese va dritto nel cesso"


Questa l'estrema sintesi dell'intervista di Marco Bruna a Colson Whitehead, due volte vincitore del Pulitzer e ora ospite del Literature Festival a Roma. Lodi sperticate a Whitehead perché un vero scrittore, e lui dovrebbe essere tale tenendo conto dei riconoscimenti ricevuti, non può prostrarsi al politicamente corretto, soprattutto se si muove in generi avulsi dal fantasy o dalla narrativa rosa (narrativa rosa non si può dire ma me ne frego), dove invece sarebbe possibile non sottostare al diktat dell'ipocrisia e restare credibili. Alla domanda di Bruna:

"Leggerebbe una versione emendata di Huck Finn, come quella prodotta in America nel 2011 per evitare la parola negro nel testo?", la risposta è stata:

"Nessuno legge una versione purificata di Huck Finn in America. È una follia. Il dibattito su chi può scrivere cosa, su come bisogna scrivere certe cose per non offendere determinate minoranze, mi annoia. Preferisco pensare ai miei libri".

Ma Whitehead ne ha anche per gli Usa, e invitato ad esprimersi sul movimento Black Lives Matter dice:

"Non abbiamo fatto progressi in termini di uguaglianza in America. Non faccio parte del movimento, non sono in grado di darne un giudizio. Apprezzo i loro sforzi, il fatto che affrontino questioni urgenti come la violenza della polizia. Se guardiamo ai provvedimenti presi dal Congresso, o a quelli annullati dalla Corte Suprema, da ultima la sentenza Roe vs. Wade che garantiva alle donne la possibilità di abortire, non c'è molto da rallegrarsi. Negli anni Sessanta è stato approvato il Civil Rights Act, oggi non siamo ancora in grado di assicurare il diritto di voto a tutti i cittadini americani, specialmente ai neri. È un terribile indicatore di dove sta andando questo Paese. Ovvero dritto nel cesso". Già solo per quest'ultima frase, il newyorkese senza peli sulla lingua, meriterebbe il terzo Pulitzer.