AFFABULAZIONI

Scrivere (la colpa di)


Dedico la parte finale di questo post ai blogger che mi hanno affascinata per la capacità di mettersi a nudo, a quelli che una vita non se la sono inventata ma hanno preferito pubblicare la propria, confrontandosi con un presente, o un passato, mai del tutto edificante e tuttavia non meritevole di essere sottaciuto come si farebbe con qualcosa di infamante. Lo dedico altresì a coloro che, sebbene non abbiano goduto del mio favore a causa dell'uso smodato di metafore sentimentalistiche e iperboli incongrue, sono stati capaci di catturare la mia attenzione. Perché c'è della nobiltà in chi si lascia andare pur sapendo che ne pagherà il prezzo. In questo contesto come conseguenza di commenti di arbitraria sicumera.

dal libro Inventarsi una vita di Claudio Magris e Paolo Di Paolo:

DI PAOLO: Ma la narrativa, la letteratura senza pezzi di vita vera, di vissuto, proprio e quindi pure altrui, sarebbe davvero letteratura?

MAGRIS: Scrivere è anche questa violazione, necessaria all'amore stesso e a un vero rapporto con gli altri, ma potenzialmente portatrice di ferite che vengono inferte, e questo è sempre qualcosa di duro, qualcosa che, nell'atto stesso in cui l'espressione è pure un ponte dell'amore, rivela la reciproca universale lontananza tra gli uomini. Non è un caso che alcuni fra i grandi rivoluzionari del senso della vita, come Gesù o Buddha, non abbiano scritto. Neanche Socrate ha scritto. Forse perché la parola vera, autentica, assoluta era quella dell'istante in cui veniva proferita, dell'assolutezza e della totalità di quell'istante, esprimeva una totalità di vita ed espressione della vita che la scrittura non può fare a meno di scindere in qualche modo. Ma è una fortuna che questi grandi abbiano trovato altri accanto a loro che hanno trascritto le loro parole e ci permettono da secoli o millenni di leggerle.