Rinnegare le radici neofasciste non sarebbe onesto

Un bell’articolo di Antonio Carioti (in realtà una conversazione a più voci) avrebbe potuto essere perfetto se solo avesse dato spazio oltre che a tre punti di vista (quelli di Fulvio Cammarano, Giovanni De Luna e Roberto Chiarini) tra essi concomitanti, anche a una quarta voce, non dico di dissenso ma perlomeno costruttivamente polemica. Ma tant’è, la pluralità di opinioni è merce rara nelle grandi testate giornalistiche, e quindi bisogna accontentarsi di quello che passa il convento.

Alla domanda di Carioti: “È per questo che il vertice di Fratelli d’Italia appare reticente circa il suo rapporto con il fascismo?“, Chiarini ha risposto: “Mostra un evidente imbarazzo. La soluzione più facile, adottata in passato da Fini e ora da Giorgia Meloni, è dire che la destra italiana ha consegnato il fascismo alla storia. Ma è una dichiarazione talmente ovvia da risultare risibile. Il problema non è constatare che il fascismo fa parte della storia, ma esprimere su di esso un giudizio negativo“.

(Ma perché Meloni dovrebbe esprimersi negativamente sul fascismo? Ha detto svariate volte di averne preso le distanze e comunque, se pure dicesse peste e corna del Duce, quanti di noi sarebbero stati disposti a darle credito alla luce dei suoi trascorsi?).

E quando Carioti fa notare che: “Però il fascismo si è trasformato“, Cammarano replica: “Lo slogan “Dio, patria, famiglia” in apparenza non è fascista, ma si collega a una mentalità conservatrice e tradizionale ancora molto viva. Il neofascismo missino e postmissino, nelle sue successive trasformazioni, ha dimostrato una capacità mimetica notevole…”.

(Anche qui, che male c’è nel credere in Dio, nella famiglia e nella patria? Dobbiamo necessariamente convertirci al nichilismo per dirci contemporanei?)

A Cammarano fa da sponda Chiarini che aggiunge: “La destra missina, che non ha partecipato ai lavori della Costituente e ha a lungo considerato la Costituzione come la fonte dell’aborrita partitocrazia, ha cambiato nome a Fiuggi nel 1995, senza pagare alcun prezzo. An ha compiuto allora una scelta politica, non un vero mutamento d’identità“. E alla domanda: “Quindi quell’identità è rimasta intatta?“, risponde: “No, si è svuotata lentamente per tante ragioni, anche anagrafiche. E soprattutto non ha impedito alla destra di trovare un accordo con la “maggioranza silenziosa” né fascista né antifascista, una sorta di zona grigia che ha comunque un’immagine edulcorata del passato regime perché ne ha rimosso nella memoria gli aspetti peggiori. Ciò ha permesso alla destra di aumentare in modo significativo i suoi consensi fino al successo del 25 settembre”.

(La definizione di “maggioranza silenziosa” non è convincente ed è pure svilente per chi sente di farne parte).

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Rinnegare le radici neofasciste non sarebbe onestoultima modifica: 2022-10-20T16:32:46+02:00da VIOLA_DIMARZO

13 pensieri riguardo “Rinnegare le radici neofasciste non sarebbe onesto”

  1. Cara Viola, la “maggioranza silenziosa” è una gran puttanata e la Meloni, tanto caruccia, come dicono a Roma, farebbe bene a non rinnegare la discendenza, sua e del suo partito, dal fascismo.

  2. Ma infatti, Meloni è troppo intelligente per commettere un errore così marchiano, potrà dimostrare con i fatti d’essere altro rispetto all’ombra lunga che incombe su di lei. Quindi l’abiura resterà una pia aspirazione della sinistra 🙂

  3. Perchè rinnegare il passato, meglio imparare e prendere il buono, che si trova dovunque , anche nelle mele marce. Meglio non nascondersi dietro muri di gomma come alcuni stati Europei, ora trai più considerati, uno dei quali ha nella sua Storia il Nazismo, Hitler, ecc, l’altro la repubblica di Vichy che non ha amato tanto gli ebrei, come è nella cultura di quel Paese.Un paese in cui non si accetta una sconfitta elettorale non dovrebbe parlare troppo di libertà e democrazia.

  4. Sai, in un paese come il nostro in cui regna l’ipocrisia in ogni settore, campa bene chi, se proprio non può rinnegare il passato, almeno si adombra. Forse sono in pochi a percepirlo, ma il politicamente corretto ha tolto genuinità anche alle interiezioni più banali.

  5. Cara Viola, permettimi di avere qualche dubbio sulla intelligenza della Meloni, secondo me è più furba che intelligente.

  6. Le negazione delle origini appartiene ai meticci politici che non hanno un padre ed una madre. Mi compiaccio di appartenere a quella “area grigia “ che ha dato un calcio nel sedere ai poveri orfani delle falci e martello e delle stelle rosse in fronte.

  7. Credo che si inutile discutere dell’indole fascista di Meloni. Io mi preoccuperei più di quel 40% degli elettori che si sono astenuti dal voto. E’ il partito degli astensionisti il vero vincitore. E questa la dice lunga su quanta fiducia ispiri questa classe politica. Poi che una sia fascista o meno non conta: conta quali posizioni adotterà verso l’Europa. E se facciamo passare per buona la posizione filo-russa che la Meloni ha preso negli ultimi giorni, allora la sua posizione verso l’Europa comincia già a diventare scomoda.

  8. il politiccally correct altro non è che il rifugio degli ipocriti che vorrebbero mettere sempre due piedi nella stessa scarpa. E’ quel mondo di mezzo che guarda a chi sa davanti ed a chi sta dietro per vedere chi dei due cede per primo ed accodarsi all’altro. L’arte del compromesso, per dirla in breve, è l’essenza del politically correct. E dove c’è compromesso non esiste la possibilità di dare agli avvenimenti il giusto rilievo.

  9. Ti faccio notare che l’astensionismo non è una novità di queste ultime elezioni, e che gli astensionisti non sono tutti anti-Meloni…è un concetto di una tale ovvietà che mi vergogno pure di averlo scritto.

  10. Non ho detto che gli astensionisti sono anti-meloniani, sto dicendo che sono anti-casta. Si sono stancati di lotte di potere, di demagogie truffaldine e, soprattutto, di vedere i loro soldi sperperati da una classe di papponi. Chi il 25 settembre non ha votato, lo ha fatto contro tutti, Meloni compresa. Questa cosa è di un tale ovvietà che mi vergogno perfino di averla dovuta chiarire.

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