Per dire, l'elettore è già demotivato di suo, se poi lo si accusa d'essere ignorante, ovvero di votare di pancia come ha fatto Carlo Calenda, si capisce che alle prossime elezioni l'astensionismo toccherà di nuovo il minimo storico:
"È la maledizione italiana: si vota per appartenenza. Sono di destra voto la destra, sono di sinistra voto la sinistra, prescindendo dal candidato e dalla qualità delle sue proposte. E poi mi lamento di chi governa".
Ma non è vero che l'italiano vota per appartenenza. Da Matteo Renzi in poi i ribaltoni si sono susseguiti, anche solo a livello di consensi fuori dalle urne, senza soluzione di continuità: dopo la parentesi gloriosa del "Giglio Magico", ci sono stati il Movimento 5 Stelle, la Lega di Matteo Salvini, Mario Draghi e ora Fratelli d'Italia, un ondivagare che con ogni evidenza non è indice di affiliazione ma anelito sacrosanto al cambiamento quando la parte politica prescelta delude le aspettative. Lasciando Calenda al suo destino, sarebbe ora che tutti i bastonati prendessero coscienza di non essere più in grado di regalare al loro elettorato un sogno che scacci il timore di riconoscersi in una consuetudine che sa di naftalina.