AFFABULAZIONI

Giuliano Ferrara: oggi ammiro Murgia


La rassegna stampa appena vista in tv si è aperta con la storia di Michela Murgia e ha messo in evidenza un articolo di Giuliano Ferrara, uomo antipatico e riottoso ma dall'acume indiscutibile. Suo l'estratto che segue:

"Michela Murgia me l’ero persa. Persa in una lontananza estrema, estranea, culturale politica e ideologica. Da come sta mettendo in scena la propria morte, con la scrittura di un libro di racconti e l’oralità della comunicazione ai giornali, la distanza si accorcia e ne viene un vivo interesse umano che ha più dell’ammirazione che della compassione. Cura un cancro renale al quarto stadio metastatico ma non è in assetto di combattimento, non lotta, dice, non lo esorcizza come un alieno, lo accetta come parte del proprio corpo e complemento di una vita che le si annuncia breve ma ricorda felice, a molti strati, segnata da una radicale irrequietudine  e pacificata nell’amore, nell’amicizia, nelle relazioni queer di una famiglia non tradizionale alla quale destina dieci letti di comunità in una casa appena comprata per trascorrere insieme un certo imprecisato numero di mesi consentiti dalla immunoterapia."

Dunque, Murgia ha saputo creare una famiglia lontana dagli stereotipi, e incardinata sugli affetti più preziosi perché afferenti a un sentimento di reciproca appartenenza per elezione. Ma mettendo da parte la vicenda di stampo queer della scrittrice, in linea generale converremo che non è poco quanto da lei realizzato, soprattutto se ci soffermiamo sulla rete assistenziale pubblica che spesso non consente all'individuo, privo di legami famigliari tradizionali, di morire dignitosamente.