La cancel culture colpisce ancora, e s’abbate su tre capisaldi dei film d’animazione: Dumbo, Peter Pan e Gli Aristogatti; in correità con Disney+ le pellicole sono state rimosse dagli account dei bambini fino ai sette anni d’età perché considerate razziste.
Per capirne di più basta dare un’occhiata alla sezione per adulti, ovvero alla galassia dei maggiori di anni sette, dove una nota introduttiva recita: “Questo programma include rappresentazioni negative e/o denigra popolazioni o culture. Questi stereotipi erano sbagliati allora e lo sono ancora. Piuttosto che rimuovere questo contenuto vogliamo riconoscerne l’impatto dannoso, imparare da esso e stimolare il dibattito per creare insieme un futuro più inclusivo”.
Nel caso de “Gli Aristogatti” (1970) viene messa sotto accusa la scena in cui compare il gatto Shun Gon: negli occhi a mandorla, nella colorazione gialla e persino nelle bacchette con cui strimpella vengono ravvisati chiari segni lesivi della cultura orientale, e dunque ci sono i presupposti che potrebbero indurre a una forma di “discriminazione razziale nei confronti degli asiatici“.
A “Dumbo – L’elefante volante” (1941) viene contestato il verso di una canzone, presente nella colonna sonora, in quanto irrispettoso degli schiavi afroamericani che lavoravano nelle piantagioni del sud degli Stati Uniti. Il verso incriminato è: “E quando poi veniamo pagati, buttiamo via tutti i nostri sogni”
“Peter Pan” (1953), invece, mancherebbe di rispetto ai nativi americani perché il protagonista ha l’ardire di definire i membri della tribù di Giglio Tigrato “pellirosse”. Secondo la sensibilità contemporanea, per riferirsi alle popolazioni precolombiane, bisogna usare l’espressione nativi americani, giacché pellerossa è un sostantivo che fa riferimento al colore della carnagione.
Ora, prima di schierarsi con l’oscurantismo del XXI secolo si tenga presente una verità elementare: la lingua è in continuo mutamento, e quando si incappa in un termine bisogna rapportarsi ad esso senza decontestualizzarlo. Non si tratta neppure di un approccio relativistico, ma di comune buonsenso.
P.S. I fautori del politicamente corretto dovrebbero attivarsi per mettere all’indice un bel po’ di libri. P.S.S. Qui un articolo che mette in guardia dal pericolo di cadere nel ridicolo.