Presidente del tribunale della razza e della Corte costituzionale, un’anomalia italiana

Un antisemita alla Suprema Corte L'incredibile caso di Gaetano Azzariti - Corriere.it

Piacerà agli antifascisti intransigenti, e rinvigorirà il mai sopito spirito acritico dei nostalgici del ventennio che vide la promulgazione delle leggi razziali,  il libro di Massimiliano Boni In questi tempi di fervore e di gloria. Inspiegabilmente negletto da tanta narrazione afferente il fascismo, Gaetano Azzariti è il protagonista di questo volume perché, a dispetto delle sviste clamorose degli storici, fu a capo del tribunale della razza voluto da Mussolini, ricoprì il ruolo di ministro di grazia e giustizia nel governo Badoglio e, come per un automatismo avulso da ogni logica, fu nominato giudice della Corte costituzionale della Repubblica, quasi che la connivenza col regime non fosse stato che un dettaglio. E infatti a tal proposito Boni scrive: “La sua storia richiama la necessità di chiarire reticenze e amnesie; ad esempio di come era stato possibile cominciare minacciando di epurare tutta l’Italia  e si finì per nominare presidente della Corte costituzionale un uomo che era stato presidente del tribunale della razza“. E ancora: “È credibile la figura di Azzariti quale difensore del principio di legalità? Ma, seppure, di quale legalità si sta parlando? Da Antigone legalità e giustizia non sono termini inscindibili. In definitiva della storia di Azzariti – che per lunghi tratti è la storia del nostro Paese – resta una carriera, che per quanto contraffatta nei ricordi ufficiali, è stata costruita anche attraverso la zelante esecuzione e ideazione della macchina legislativa fascista“.

Anche in questo caso è necessario usare la formula “ai posteri l’ardua sentenza”?

Via Azzariti, un’onta da cancellare dalla storia d’Italia

Cancellata la vergogna di via Azzariti