La casa di carta

  A livello di serialità, quello che terrò di questo lockdown è senza dubbio La casa di carta, ora giunta alla quarta e probabilmente ultima stagione. Avendo rinunciato a seguirla per tempo per via di alcune recensioni che la stroncavano, due settimane fa, dopo essere incappata nei primissimi minuti del primo episodio della prima stagione, non l’ho più lasciata. Da quel momento binge-watching à gogò perché al di là di alcuni aspetti parossistici della narrazione e dei personaggi stessi, la banda di rapinatori in tuta e cappuccio rosso e maschera di Salvador Dalì sa come tenerti incollato allo schermo tra colpi di scena, perdite e nuovi adepti. Tuttavia se dovessi esprimere un giudizio critico, consiglierei soltanto le prime due stagioni, davvero perfette, ma in linea generale è interessante seguire l’attacco al sistema finanziario spagnolo, a partire dall’assalto alla Zecca di Stato per arrivare all’irruzione nella Banca di Spagna.

  Fiore all’occhiello della serialità latina La casa di carta, che propone banditi buoni ovvero vendicatori dell’uomo comune, condensa la sua essenza in una frase del professore: “Immaginate una partita di calcio del Mondiale, Brasile contro Camerun. Chi vorreste vincesse? Camerun. Per istinto l’essere umano prende sempre le parti dei più deboli, dei perdenti. Se noi mostreremo al mondo le nostre debolezze, le nostre ferite, susciteremo una grande commozione”. Ed è così che va, perché in fondo Tokyo, Nairobi, Rio, Denver sono dei populisti che invitano a ribellarsi al potere. Quanto a Berlino, ormai è il mio eroe d’elezione: psicopatico, narcisista, esteta, è altresì dotato di grande fascino nonché di cuore nel momento in cui decide di sacrificarsi per salvare i compagni. Memorabili tutte le scene in cui i banditi cantano Bella ciao: da quella a due voci del professore e di Berlino, a quelle corali. E per finire segnalerei ancora Berlino che al suo matrimonio canta Ti amo. Ma che ne parlo a fare? È tutto da vedere.

SPOILER LETTERARIO

“Vi abbiamo portato in biblioteca perché come recita quel vecchio e famoso detto: il sapere non occupa spazio, però in questo caso può anche salvarvi la vita. Alla ricerca del tempo perduto, per esempio, di Marcel Proust: monumentale splendido romanzo. Io sono convinto che chiunque lo trovi e se lo stringa forte contro il petto sarà in grado di deviare le pallottole di un M16. Sto scherzando, sto scherzando”. Così Palermo rivolgendosi agli ostaggi. Stagione 4 episodio 5.