La serata era calda, di quel caldo estivo che quest’anno non si era ancora avuto la fortuna di assaporare; le strade quasi vuote, troppo presto per la passeggiata serale.
Matilde camminava lentamente verso la parte vecchia del paese, quel rione pieno di case ristrutturate mantenendo lo stile originale e i materiali dell’epoca, quei mattoni che, interrotti dalle ringhiere delle terrazze, davano calore al quartiere accogliendo vasi di gerani rampicanti e surfinie multicolore. I lampioni in ferro battuto appesi ai muri della lunga e stretta strada contribuivano a creare l’atmosfera vacanziera illuminando i tavoli pieni di gruppi di amici che ridevano assaporando il cibo innaffiato da birre e vini locali all’esterno di pub e piccoli ristoranti.
A metà della strada che congiungeva i due archi che davano accesso al rione, un piccolo palco e una cinquantina di sedie in plastica per il pubblico. In sottofondo del jazz classico registrato, sul palco tre giovani uomini e un quarto con qualche anno in più accordavano gli strumenti: un violino, due chitarre classiche e un contrabbasso.
Matilde si sedette in quarta fila e attese che l’esibizione cominciasse rispondendo a qualche sms.
Quando i musicisti diedero inizio alla serata con alcune parole di presentazione del gruppo e del genere musicale, Matilde cambiò la modalità del cellulare in “vibrazione” e si lasciò trasportare dalla musica dixie magistralmente suonata.
Dopo il primo brano, qualcuno venne a sedersi alle sue spalle. Di sfuggita percepì che si trattava di due uomini, ma non poté vederli e si reimmerse nella musica. L’abito rosso che indossava non la rendeva certo invisibile, e del resto l’aveva indossato proprio per questo, ma la strana sensazione di essere invasa la mise un po’ a disagio. Non poteva girarsi, ma era certa che uno dei nuovi arrivati la stesse osservando, o meglio, probabilmente stava studiando il suo tatuaggio alla base del collo che destava sempre un po’ di curiosità. Era giunta a questa conclusione perché aveva sentito un calore particolare proprio in quel punto poco dopo l’arrivo dello sconosciuto.
Giorgio ascoltava la musica con piacere, ma il tatuaggio alla base del collo della donna seduta davanti a lui lo attraeva e lo distraeva. Chissà com’era, che lineamenti aveva il suo viso, se era carina o no. Troppo timida no, non avrebbe indossato un abito rosso, e poi era da sola, la sedia accanto a lei era libera. Le piaceva la musica ed era selettiva, altrimenti non sarebbe venuta a un concerto così particolare, ci voleva del gusto. E doveva saper ballare, perché man mano che la musica si diffondeva, lei si muoveva leggermente seguendo il tempo. Sempre più attratto da lei, Giorgio pensava a come attaccare bottone con la donna. Chissà come si chiamava. Dal tatuaggio i suoi occhi risalirono lungo il collo sottile fino alla nuca, lasciata scoperta dal taglio corto dei capelli scuri. Accidenti, un certo calore lo stava pervadendo; quel collo, la nuca, Dio come avrebbe voluto baciarli! Ma cosa gli stava succedendo? Sembrava un ragazzino ai primi turbamenti e non riusciva a togliere gli occhi da lei.
Luca gli stava dicendo qualcosa, ma Giorgio era distratto e dovette chiedergli di ripetere. Il suo amico lo guardò con aria interrogativa e, seguendo lo sguardo di Giorgio fisso su Matilde, rinunciò a ripetere il commento di apprezzamento per il gruppo musicale. I due amici si conoscevano da anni e Luca sapeva bene cosa avesse passato Giorgio mesi prima quando Laura lo aveva lasciato dopo cinque anni di convivenza, e sorrise al vedere l’amico riemergere dal suo periodo nero; era evidente che Giorgio cominciava a prendere in considerazione un cambio di vita e forse quella sera Luca sarebbe tornato in albergo da solo…